Stanza delle Metamorfosi e Vestibolo

Stanza delle Metamorfosi e Vestibolo – Stanza delle Metamorfosi e Vestibolo

 

La stanza è accessibile tramite l’androne a T che collega l’ingresso al cortile interno, che conduce a tre stanze, tra cui questa, e allo scalone. In questo ambiente le pareti sono affrescate e scandite da finte lesene ioniche inquadranti ovali con cornici dorate, sormontate da mascheroni e protomi zoomorfe intrecciate con volute viola e motivi floreali abitati da satiri e putti. All’interno degli ovali sono raffigurati episodi mitologici tratti dalle Metamorfosi di Ovidio: sopra le porte che conducono alle altre stanze vi sono coppie di figure femminili reggenti medaglioni monocromo, mentre nella parte inferiore corre un alto zoccolo a fingere una balaustra. Sotto ogni ovale si trova un emblema accompagnato da un motto.

A destra dell’ingresso si trova il primo episodio con Apollo e Dafne, accompagnato dall’emblema di una salamandra del fuoco con il motto “NEL ARDOR NON RESTA OFFESA”. Segue la porta di accesso alla stanza della boschereccia, sormontata da due figure femminili reggenti un cartouche, con all’interno il medaglione con il monocromo di una Scena di sacrificio (forse l’episodio della Vestale Emilia). L’ovale successivo rappresenta Latona e i contadini della Licia, sotto il quale appare l’emblema con il vento che alimenta un fuoco e la scritta “AL TUO SPIRAR M’AVIVO”.

Dalla parte opposta, a sinistra della porta d’ingresso, vi è la Nascita di Adone: sullo zoccolo un camaleonte su un ramo e la scritta “NEL SUO BEL LUME SI TRASFORMA E VIVE”. La seguente porta che conduce alla stanza delle Storie Antiche è sormontata da una sovrapporta con le figure femminili consuete e il monocromo (Muzio Scevola). Segue l’episodio di Giove e Io con raffigurati, a scalare nei piani, i vari momenti della vicenda, mentre l’emblema di

accompagnamento riporta un girasole, un cartiglio e la scritta “NON SAN QUESTI OCCHI MIEI VOLGERSI ALTROVE”. Ai lati dell’apertura colonnata che conduce al vestibolo minore si trovano gli episodi di Diana e Atteone, con l’emblema di una falena attratta da una candela accesa e la scritta “COSÌ VIVO PIACER CONDUCE A MORTE”; il Ratto di Deianira, con sullo zoccolo un trapano con cartiglio, ora quasi del tutto illeggibile, che riportava “FINCHÈ IN VARIE RIVOLTE DRITTO FORA” (Checchi, Gaudenzio, Grossato 1961, p. 431).

Dalla parte opposta, sotto le finestre ai lati dell’ingresso principale, altri emblemi con cartiglio: il primo a sinistra è illeggibile; il secondo raffigura una volpe che occupa una tana abbandonata da un altro animale “ALTRI DAL MIO PARTIR S’USURPA IL LOCO”; a destra un uccello su un ramo e la frase “È SOLITARIA E SOLA”; infine uno scoglio nel mare in burrasca con la scritta frammentaria “[…]S[…]INTORNO ED OGNI INTORNO FERMO”.

Il soffitto della stanza è alla sansovina, con travature dipinte.

Così come nel vestibolo, le scene delle Metamorfosi sono estremamente interessanti dal punto di vista compositivo: sovente i vari momenti dell’episodio rappresentato si succedono nei piani della stessa scena, consentendo la compresenza di più fasi del racconto all’interno del medesimo riquadro. Come suggerito oralmente a Denis Ton da Chiara Marin (Ton 2018, p. 186), i vari motti sono tutti presenti nel Teatro d’imprese di Giovanni Ferro (Venezia 1623), che quindi deve essere considerato la principale fonte per le iscrizioni.

Il vestibolo che conduce al cortile e consente l’accesso allo scalone presenta, al pari della stanza delle Metamorfosi, quattro episodi tratti dal testo ovidiano. Nella parete sinistra Leda e il cigno, con l’emblema sottostante rappresentato da una candela accesa dai raggi del sole e la scritta “DOPPIO AMOR MI CONSUMA”; segue la porta che conduce alla stanza delle Storie Bibliche sormontata da due figure femminili reggenti un medaglione a monocromo con Marco Curzio che si getta nella voragine. A seguire vediamo l’episodio del Ratto di Europa, accompagnato dall’emblema di uno struzzo e dalla scritta “AL MIO CALOR OGNI DUREZZA CEDE”.

Sulla parete opposta, il primo episodio presenta tre donne armate di spada intente a cacciare un cinghiale, l’Uccisione di Penteo da parte delle Menadi. A destra l’episodio con Atalanta e Ippomene, scandito in due momenti. L’emblema sottostante, con Cupido, reca il cartiglio con la frase “SENZA PIAGA LASCIAR TRAPASSA IL CORE”. Sotto le due finestre ai lati del portone che dà sul cortile interno sono raffigurati altri emblemi: a sinistra una conocchia e la scritta “DAL SUO GIRAR ALTRI RACCOGLIE IL FILO”; a destra una fiaccola capovolta e il cartiglio frammentario con “SOLO ARDENDO […]NALZ[…]”. Nello spazio risparmiato tra le finestre e il portale sono rappresentati dei putti aggrappati a festoni floreali, e sulla sommità altri medaglioni monocromo con scene presso delle are (uno dei quali interpretato da Ton come Vestale Tuccia, cfr. 2018, p. 180).

Così come nella stanza delle Metamorfosi, le scene del testo ovidiano sono estremamente interessanti dal punto di vista compositivo: sovente i vari momenti dell’episodio rappresentato si succedono nei piani della stessa scena, consentendo la compresenza di più fasi del racconto all’interno del medesimo riquadro. Come suggerito oralmente a Denis Ton da Chiara Marin (Ton 2018, p. 186), i vari motti sono tutti presenti nel Teatro d’imprese di Giovanni Ferro (Venezia 1623), che quindi deve essere considerato la principale fonte per le iscrizioni.

Emanuele Principi

 
Datazione: da: 1680 a: 1690
 
Bibliografia

M. Checchi, L. Gaudenzio, L. Grossato, Padova. Guida ai monumenti e alle opere d’arte, Venezia 1961; D. Ton, Palazzo Cavalli, in Affreschi nei palazzi di Padova. Il Sei e Settecento, a cura di V. Mancini, A. Tomezzoli, D. Ton, Verona 2018, pp. 175-203.

 
Informazioni sul palazzo
Palazzo Cavalli, poi Bollani, poi Dogana, ora Istituto e Museo di Geologia, Università degli Studi di Padova
Padova

Elenco immagini:

Michele Primon, Giove e Io, Nono decennio del XVII secolo


 

Michele Primon, Ratto di Europa, Nono decennio del XVII secolo


 

Michele Primon, Sovrapporta con Marco Curzio, Nono decennio del XVII secolo


 

Michele Primon, “Così vivo piacer conduce a morte”, Nono decennio del XVII secolo