Andloviz, Società Ceramica Italiana di Laveno, Piatto con Giuditta

Il piatto realizzato da Andloviz nel 1923 è probabilmente una delle prime opere realizzate dall’artista per la manifattura di Laveno. Il tema biblico dell’eroina del popolo ebraico che contribuisce a liberare la città di Betulia decapitando nel sonno il generale assiro Oloferne è stato ampiamente rappresentato nell’arte europea come la rappresentazione simbolica della liberazione dal dominio dell’invasore. Andloviz svincola il soggetto da ogni valore allegorico e trasforma il personaggio eroico in una damina in abiti ottocenteschi che con grazia e apparente indifferenza sostiene sulla spalla la lunga spada utilizzata per l’omicidio e stringe con la mano destra la testa di Oloferne. La scena si svolge in una sorta di piazza pavimentata con piastrelle a scacchi gialle e blu che nel loro digradare suggeriscono una prospettiva fortemente scorciata. La linea dell’orizzonte è nascosta dalle tende dell’accampamento assiro, immaginato come un insieme di strutture dai tessuti sgargianti e dai contorni netti. Se le tende in secondo piano riprendono la struttura conica de Il sogno di Costantino, dipinto da Piero della Francesca nella basilica di San Francesco ad Arezzo, la costruzione principale ricorda un’architettura classica, rivisitata in chiave déco, per la grande cupola emisferica e la facciata tripartita con colonnine tornite, trabeazione timpanata e obelisco a piramide, elementi decorativi presenti anche in molte invenzioni pontiane. Nel complesso, l’impianto prospettico, la pavimentazione e l’impostazione della figura in primo piano e degli edifici sullo sfondo evocano spiritosamente la pittura rinascimentale e l’effetto finale è quello di una scena atemporale, dal sapore fortemente teatrale, con la protagonista che si muove su un palcoscenico.
Stefania Cretella
S. Cretella, in La forza della modernità. Arti in Italia 1920-1950, catalogo della mostra a cura di Maria Flora Giubilei, Valerio Terraroli (Lucca, Fondazione Ragghianti 20 aprile – 6 ottobre 2013), Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, Lucca 2013, pp. 137, 335, cat. 75.