Saletta Neoclassica – Teatro Grande
In origine destinato al gioco d’azzardo, questo ambiente venne costruito a ridosso dell’ex sala accademica nel primo decennio dell’Ottocento, in concomitanza con il riallestimento della sala teatrale da parte di Luigi Canonica. Divenuta successivamente nota con il nome di “saletta neoclassica”, la decorazione di questo locale venne affidata a Giuseppe Teosa che la portò a termine nel 1811.
Alle pareti si trovano dipinte, sopra ad un’alta zoccolatura, nicchie, lesene dai fusti scanalati con capitelli corinzi, soprapporte e specchiature dal fondo verde salvia sulle quali si collocano elementi ornamentali monocromi in finto stucco. Nella parete maggiore, priva di aperture, la rappresentazione principale è suddivisa in tre sezioni racchiuse entro due strette specchiature decorate da un putto e un girale d’acanto. Nella sezione centrale è rappresentato in finto stucco il rapimento di Deinara da parte del centauro Nesso, un soggetto che, se in prima istanza appare distante dal contesto di utilizzo della sala, si configura come un rimando a pulsioni violente e sottili sottintesi erotici che ben si adattavano ad un luogo privato e frequentato da una ristretta cerchia di nobili. Nelle due nicchie laterali sono invece raffigurate le finte statue dell’allegoria della Fortuna e dell’Abbondanza, che si collocano in maniera più chiara entro il contesto iconografico tipico delle sale destinate al gioco d’azzardo. Nella parete opposta vi sono due ampie finestre laterali e, tra di loro, un camino in marmo giallo con specchiera, cui sopra si colloca un riquadro raffigurante due putti tra foglie e girali d’acanto. Completano la decorazione delle pareti due soprapporta posizionati nei lati minori che ritraggono quattro putti che giocano a carte ed un gruppo che si azzuffa. Nuovamente, nella decorazione della sala, vengono a convivere i temi più strettamente legati all’attività ludica e quelli inerenti invece gli istinti umani.
Tra i capitelli delle lesene corre un fregio composto da satiri, felini e girali d’acanto, e, sopra di esso, una finta trabeazione che segna la fine delle pareti e l’inizio delle vele che formano la volta a botte ribassata che copre la sala. Sopra al cornicione vi è un motivo continuo a finto stucco con festoni, foglie d’acanto e sei gruppi di coppie di nudi e figure all’antica sedute su zoccoli che contengono, nella parte centrale, finti medaglioni in bronzo sbalzato con teste. Al centro della copertura vi è un medaglione compreso entro una cornice con pampini e grappoli d’uva in monocromo su fondo giallo ocra. In esso sono rappresentati: nelle piccole specchiature laterali delle cornucopie tra corone di fiori, mentre nel riquadro centrale è dipinta una scena con Diana, tre ancelle, Mercurio e Cupido. Sia Mercurio che Diana hanno il braccio disteso con la mano aperta verso tre dadi che giacciono a terra tra i due, esplicitando così il tema del gioco d’azzardo, nella quale è presente anche una velata sensualità, identificabile nel seno scoperto della dea e nella presenza di Cupido.
Edoardo Lo Cicero
Maurizio Mondini, Il teatro dal Governo Provvisorio all’età napoleonica, in Vasco Frati, Ruggero Boschi, Ida Gianfrancheschi, Maurizio Mondini, Franco Robecchi, Carlo Zani, Il Teatro Grande di Brescia. Spazio urbano, forme, istituzioni nella storia di un istituzione culturale, 2 voll., Grafo editore, Brescia 1986, pp. 97-110;
Stefania Cretella, Il Ridotto del Teatro Grande di Brescia, Grafo, Brescia 2016, pp. 107-110;
Stefania Cretella, Ridotto del Teatro Grande, già sala dell’Accademia degli Erranti, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, p. 290.
Teatro Grande, già Sede dell’Accademia degli Erranti
Brescia
Elenco immagini:
Giuseppe Teosa, Decorazione della volta e delle pareti, 1811
Giuseppe Teosa, Sovrapporta con quattro putti che giocano a carte, 1811
Giuseppe Teosa, Diana e Mercurio che giocano a dadi, 1811