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Attraverso il vano dello scalone, decorato lungo le pareti con panoplie, vasi di fiori e colonne, e sulla volta con un finto soffitto a oculi aperti sul cielo, si giunge al pianerottolo che a nord conduce al salone da ballo e a sud consente l’ingresso nella lunga galleria del piano nobile. La volta a botte esibisce architetture illusionistiche dipinte nel 1677 dal quadraturista Pietro Antonio Sorisene, come attestano la firma e la data riportate all’interno di due cartigli nella parte centrale del soffitto. La struttura a finta prospettiva con ornamenti a motivi vegetali, festoni e marmi policromi si sviluppa sopra un cornicione in stucco con modiglioni e rosette, aprendosi in un illusivo matroneo con archi ribassati che ospita le nove Muse e putti affacciati alle balaustre. Mentre in cima alla galleria compare Urania, riconoscibile dal manto blu stellato e dall’astrolabio/sfera armillare che tiene in mano, dal lato opposto Apollo chiude la serie delle divinità presentandosi affacciato al parapetto al termine del corridoio con la cetra e il manto decorato da pampini. A dominare la parte mediana è un finto soffitto a cassettoni sui toni dell’ocra e del viola con decorazioni vegetali e cartigli, in cui si aprono tre medaglioni figurati ospitanti scene mitologiche volte alla celebrazione della committenza, opera di un pittore le cui figure si caratterizzano per i corpi robusti e i volti pieni e tondeggianti. Nelle tre finte aperture con cielo la famiglia Martinengo è rappresentata da una figura femminile che può considerarsi un’Allegoria del casato, richiamata anche dal ricorrente simbolo dell’aquila rossa su fondo dorato che costituisce lo stemma Martinengo. Ai riquadri figurati si alternano illusive cupolette circolari in pietra con lanterna, riccamente decorate, e lunette con cartigli dipinti a figure femminili in monocromo rosa, che dagli attributi si possono identificare come le quattro Stagioni collocate a coppie una di fronte all’altra (Autunno e Inverno, Primavera ed Estate). Nel primo medaglione compare l’Allegoria già nominata, una donna vestita di abito giallo e manto rosso colta nell’atto di indicare una pagina del libro che le porge la figura nuda di schiena, forse la Storia. A queste due figure seguono Mercurio e Minerva, i cui gesti si concatenano fino portare l’attenzione su Giunone al culmine, e due putti, uno nella parte inferiore reggente lo scudo con l’aquila e un altro in volo che tiene un nastro. Lo squarcio di cielo del medaglione mediano, mancante ora di una porzione in basso al margine della quale è visibile il piedino di un putto ma che compare ancora integro in una fotografia dell’Archivio dei Civici Musei di Brescia, accoglie al centro Giove che incorona una figura femminile. Lechi la identificava come la Fama (Lechi 1976, p. 129), ma più probabilmente è la stessa giovane donna della scena precedente con le medesime vesti, accompagnata dalla Giustizia e dalla Vittoria. Quest’ultima sorregge lo scudo a un putto che in cielo vola tenendo un’asta, accompagnato da un altro amorino che solleva una palma e un ramo d’ulivo. Il tema encomiastico ritorna anche nel terzo e ultimo medaglione, che ospita un gruppo compatto in cui si riconosce la figura della giovane nelle vesti di guerriera con la spada e lo scudo recante l’aquila, illuminata dall’alto. Ella affronta l’Idra dalle sette teste, raffigurata sanguinante e decapitata, sotto la protezione di Minerva e di Marte che le stanno a fianco e del Padre degli dei, che sorveglia dall’alto di una nuvola. La presenza del mostro mitologico potrebbe rappresentare un richiamo a una delle dodici fatiche di Ercole, divinità frequentemente rappresentata nei cicli pittorici dei palazzi nobiliari bresciani, ed è forse legata alla volontà di avvicinare la stirpe a quella tradizione erudita che riconosceva nell’eroe il mitico fondatore della città.

Sara Parisio

 
Data: 1677
 
Bibliografia

Luigi Francesco Fè d’Ostiani, Storia, tradizione e arte nelle vie di Brescia, Figli di Maria Immacolata, Brescia 1927, p. 93; Oreste Foffa, Guida illustrata di Brescia, Apollonio & C., 1932-1935, pp. 92-93; Bruno Passamani, La pittura nei secoli XVII e XVIII, in Storia di Brescia. Vol. III, La dominazione veneta (1576-1797), Morcelliana Editrice, Brescia 1964, pp. 608-609; Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Vol. 5: Il Seicento, Edizioni di Storia Bresciana, 1976, p. 129; Livia Vannini, Brescia nella storia e nell’arte, Società Editrice Vannini, Brescia 1986 (Prima ed. 1971), p. 275;

Sara Parisio, Ordine degli Architetti, già Corte d’Appello, già palazzo Spada, già Martinengo delle (o dalle) Palle, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, pp. 81-82.

 
Informazioni sul palazzo
Palazzo Martinengo delle Palle, poi Spada – già Corte d’Appello e d’Assise, ora sede di uffici
Brescia

Elenco immagini:

Pietro Antonio Sorisene (quadraturista), Decorazione della volta con finte architetture e scene mitologiche, 1677


 

Riquadro con l’Allegoria della famiglia Martinengo tra le divinità, 1677


 

Riquadro con l‘Incoronazione dell’Allegoria della famiglia Martinengo, 1677


 

Riquadro con L’Allegoria della famiglia Martinengo sconfigge l’Idra, 1677


 

Pietro Antonio Sorisene, Dettaglio della cupola dipinta e della firma, 1677


 

Pietro Antonio Sorisene, Dettaglio del matroneo con la musa Urania, 1677