Mack, Zsolnay, Vaso di Pan

Lajos Mack, dopo aver studiato scultura all’Accademia di Vienna, nel 1899 si recò presso la manifattura Zsolnay a Pècs, dove vi rimase fino al 1922. La sua collaborazione con l’azienda cominciò progettando una collezione per l’Expo mondiale di Parigi del 1900. In tale esposizione la manifattura vinse il primo premio, realizzando numerose ciotole, vasi e lampade in ceramica in stile modernista, tutti pezzi originali modellati e dipinti a mano (La nascita del Liberty a Torino 1902: le arti decorative internazionali nel nuovo secolo, a cura di Rossana Bossaglia, Ezio Godoli, Marco Rosci, Milano 1994, pp. 571-575, 584-604).
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, gli artisti ungheresi subirono l’influenza del nuovo stile secessionista, in particolar modo da quello viennese, orientando il proprio linguaggio verso le novità internazionali. Il vaso in esame, realizzato nel 1900 dall’artista per la manifattura Zsolnay, è un valido esempio di questa trasformazione del gusto.
Il pezzo presenta un legame con la classicità, riconoscibile non solo nella scelta iconografica delle due sculture, riposte una sulla spalla e una sul collo del vaso, ma anche nella forma del vaso stesso che richiama l’arte antica preellenica, rivisitando in chiave le forme di un oinochoe (vaso simile alla brocca che veniva utilizzato per versare vino o acqua). Sulla spalla vi è raffigurato Pan, creatura mitologica da cui il vaso prende il nome; il fauno, dio della foresta che tiene lontano gli spiriti malvagi, è seduto in uno stato pensieroso e viene collocato in sostituzione dell’ansa per afferrare la brocca. Contrapposta vi è una figura stante: una ninfa dell’acqua, forse Siringa, che si regge in piedi sopra la spalla e il collo del vaso, intenta probabilmente a scappare, come suggerisce l’espressione del volto intimorito, o a nascondersi dal corteggiamento del dio Pan. (Nelle Metamorfosi di Ovidio si narra che la ninfa Siringa, seguace di Artemide, venne inseguita dal Dio Pan nell’intento di possederla. Ella gli sfuggì fino alle rive del fiume Ladone, dove chiese aiuto alle Naiadi, ninfe delle acque dolci, e queste risposero al grido d’aiuto trasformandola in canne palustri, che con il vento emettevano un suono delicato. Pan giunto alle sponde del fiume rinunciò alla caccia, e udendo il suono emesso dalle canne, decise di costruire un nuovo strumento musicale a cui diede il nome della ninfa amata, ovvero il flauto di Pan conosciuto anche come Siringa).
La superficie del vaso presenta una tecnica tipica della manifattura Zsolnay, ovvero la “smaltatura a eosina”. Questa tecnica fa sì che i colori cambino a seconda dell’angolo di riflessione della luce, ottenendo una particolare e ricca iridescenza. In questo caso la gamma cromatica evoca i colori dell’acqua e della notte con i toni del blu, del verde-oro e del marrone, illusione che viene accentuata dalla modellazione del corpo del vaso che vuole imitare il flusso delle acque, richiamando forse anche la funzione originaria dello stesso oggetto.
Lajos Mack, nella sua carriera, realizzò numerosi modelli di vasi, ciotole e animali in ceramica per la manifattura ungherese, essendo il suo stile molto apprezzato dai suoi contemporanei. Dal 1909 assunse l’insegnamento di modellistica presso la scuola della fabbrica, carriera interrotta in seguito alla chiamata alle armi ricevuta in seguito allo scoppio della Prima guerra mondiale. Intorno al 1930, venne nuovamente assunto dalla manifattura di Pécs per riprodurre alcuni dei suoi modelli di maggior successo (La ceramica ungherese della Szecessziò, catalogo della mostra, a cura di Éva Csenkey, Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza, 1985, Firenze 1985, pp. 13-25; Musei Ungheresi: https://archiv.magyarmuzeumok.hu/targy/3738_zsolnay-vaza;).
Sabrina Modenese
Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 10 dicembre 2015 – 20 marzo 2016), a cura di Stefania Cretella, Karel Srp, 24 Ore Cultura, Milano 2015, p. 148.