Novissima. Albo di arti e lettere

“Novissima. Albo di arti e lettere” si presentava come la più originale pubblicazione italiana dedicata all’arte, alla letteratura e alla decorazione del libro. Ideata e diretta da Edoardo De Fonseca, figura di rilievo nel panorama storico-artistico italiano di inizio Novecento, è stata pubblicata per la prima volta nel 1901 a Milano e dal 1903 a Roma.
Stampata in duemila copie destinate anche al mercato estero, la rivista annovera tra le sue collaborazioni nomi illustri come Aleardo Terzi, Alfredo Baruffi, Augusto Majani, Mariano Dudovich e Luigi Bompard, artisti come Giulio Aristide Sartorio, Antonio Rizzi e Duilio Cambellotti e letterati tra i quali Luigi Pirandello, Giovanni Pascoli, Edmondo De Amicis e Giuseppe Giacosa.
Si tratta sicuramente di un’espressione insostituibile del gusto italiano di inizio Novecento ed è la pubblicazione più raffinata e con la veste più ricca tra quelle che si affacciavano allora in Italia; si distingue tra le altre per l’impegno grafico e letterario e il suo modo di presentarsi dovette esercitare una notevole influenza sul pubblico, tanto che fu l’unica rivista ad esser stata premiata all’Esposizione Internazionale d’arte decorativa moderna tenutasi a Torino nel 1902, dove ricevette il riconoscimento della medaglia d’argento e il Diploma d’onore (De Guttry, Maino, 2007), mentre alla successiva Esposizione internazionale del Sempione a Milano (1906) fu insignita della medaglia d’oro.
Il progetto risale ai primi mesi del 1900, quando De Fonseca ebbe l’idea di fondare la “Società editrice di Novissima”, raccogliendo intorno a sé un gruppo formato dagli artisti Aleardo Terzi, Antonio Rizzi, Riccardo Galli, Giorgio Kienerk, Alberto Micheli, Luigi Brunelli, Angelo Sodini e Ulisse Stacchini. Per sottolineare il carattere innovativo dell’opera venne scelto come titolo “Novissima”, ossia il plurale neutro latino di “nuove cose”, che, per via del latinismo scelto al posto del superlativo assoluto italiano, collocò subito la rivista a un livello culturale alto. Al fine di creare da subito un ampio consenso di pubblico, De Fonseca si impegnò nel 1900 a cercare tra le risorse intellettuali nazionali; fece quindi un viaggio attraverso l’Italia raccogliendo intorno a sé l’élite degli artisti e intellettuali di ogni regione che poi compariranno tra le pagine di “Novissima”. Fu un giro di propaganda che aveva lo scopo di raccogliere le adesioni degli artisti che potevano lavorare alla veste grafica, ma anche richiedere la collaborazione dei letterati italiani al fine di garantire alla rivista un successo e una diffusione sicuri.
Lo scopo della pubblicazione viene esplicitamente dichiarato dal direttore nell’editoriale del 1910, che ripercorre i propri passi dal viaggio fatto per tutta l’Italia alle difficoltà incontrate nel portare a termine la pubblicazione. L’idea era quella di rispondere a un bisogno di novità generalmente sentito in quegli anni, al quale potesse corrispondere una nuova rivista che rispecchiasse il meglio dell’arte e della letteratura nazionale ispirandosi a quell’arte nuova che all’epoca si diffondeva in Europa, grazie a riviste come “Jugend” e “Simplicissimus”.
“Novissima” risulta ben curata in ogni aspetto, a partire dalla scelta dei collaboratori ma anche nei contenuti e soprattutto nella forma: dal 1901 escono dieci volumi in formato oblungo che misurano 25.5 cm per 21 cm e si presentano come libri di lusso finemente rilegati e ricercatissimi.
Le eleganti copertine, legate ai caratteri del Liberty, vogliono essere espressione dei diversi stili degli autori. Nei primi numeri della rivista manca l’indice, ma è presente un elenco dei collaboratori diviso per artisti, scrittori e compositori.
Il numero di pagine oscilla tra l’ottantina e il centinaio e, oltre agli scritti letterari, si trovano molte tavole grafiche, vero fiore all’occhiello della rivista, spesso stampate solo sul fronte, cosa che permetteva ai lettori di staccarle e incorniciarle.
La cura nella realizzazione di ogni volume è scrupolosa e ben visibile nella qualità della rilegatura; le copertine rigide e gran parte delle illustrazioni sono a colori, il dorso è in tela e spesso presenta alcuni caratteri in oro; un dettaglio che aiuta a sottolineare la raffinatezza della pubblicazione è l’utilizzo di diversi tipi di carta, le tavole grafiche infatti sono stampate su carte di diverso colore e spessore al fine di dare un maggiore risalto ai colori delle illustrazioni.
Sono presenti rubriche che trattano temi differenti come la moda, il teatro e lo sport ma anche resoconti di eventi mondani italiani e internazionali, come, ad esempio, l’Esposizione Universale di Parigi; non mancano poi articoli di critica d’arte, poesie, novelle e racconti, estratti di libri in uscita e riflessioni sull’anno passato. Ogni articolo è completato da una grafica che ne riprende i temi, fattore questo che segna una continuità tra la parte scritta e le tavole grafiche. Queste ultime possono essere sciolte, senza essere collegate da uno specifico tema, oppure possono svilupparsi seguendo un filo conduttore; questo dipende molto dalle varie annate, ad esempio nell’album del 1903 l’attenzione del lettore viene subito catturata da un’ampia sezione intitolata Impressioni pittoriche da composizioni musicali celebri, titolo che ben descrive la natura delle illustrazioni che vengono presentate. L’importanza di queste tavole è messa ulteriormente in risalto dall’utilizzo di velinec he separano tra loro le pagine e indicano il nome dell’artista e l’opera a cui fa riferimento l’illustrazione.
I modelli grafici ai quali “Novissima” fa riferimento sono da ricercarsi all’interno di un clima di profondo rinnovamento culturale e artistico che si diffonde nell’Europa fin de siècle anche grazie alle riviste d’arte. Tra queste la più importante, sia per le innovazioni grafiche che introduce, sia per i grandi nomi che firmano le sue pagine, è sicuramente “Ver Sacrum”, la rivista della Secessione viennese. Come “Ver Sacrum” era il luogo del confronto e della diffusione dei modelli della modernità, così “Novissima” si propone quale cenacolo di artisti e scrittori che collaborano e diffondono il nuovo gusto italiano.
L’attenzione che la rivista mostra per l’arte straniera si deve al lavoro di Vittorio Pica, lettore appassionato e critico d’arte, che vede la grafica come una sorta di sviluppo naturale della sua formazione artistico-letteraria.
Oltre a trattare temi di interesse culturale che vanno dall’arte alla letteratura, in un decennio “Novissima” dà particolare risalto alla figura della donna sia nelle illustrazioni, dove è spesso protagonista, sia negli scritti. A proposito di questo tema, Guido Menasci in Sorriso Novo, articolo uscito nell’album del 1909, definisce il nuovo concetto di bellezza femminile: una figura che sta a metà tra il fascino acerbo della giovinezza e l’eleganza della donna italiana, signora della casa.
Questo aspetto è significativo, in primo luogo, perché rivela il fatto che la rivista propone al contempo l’immagine di una donna reale e di una donna più idealizzata e, in secondo luogo, fa emergere con chiarezza un indizio per individuare il pubblico al quale la rivista si rivolge: sicuramente il ceto sociale di riferimento è medio-alto e coinvolge non solo gli appassionati d’arte e letteratura ma anche le donne, che con il nuovo secolo progressivamente abbandonano il ruolo di “angelo del focolare” e si fanno protagoniste, reclamando i propri diritti e la propria autonomia. È dunque una pubblicazione che da una parte esalta la bellezza della donna moderna, ma dall’altra si rivolge alle donne stesse, per educarne il gusto. La figura della donna sembra essere una delle tematiche preferite dagli illustratori di “Novissima” e più in generale dei disegnatori italiani ed europei tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.
In “Novissima” assistiamo a una presentazione dell’immagine femminile che a prima vista può sembrare contraddittoria, gli artisti da una parte propongono una figura femminile che rispecchia la donna borghese dell’epoca, che era anche la lettrice-tipo della rivista, dall’altra ne mostrano un’immagine più fresca, in linea con gli elementi naturali. Nelle illustrazioni di questo periodo, infatti, la figura femminile appare spesso affiancata da motivi naturali come l’acqua, il paesaggio o cornici floreali che ne esaltano la sinuosità, elementi in netto contrasto con quella che è l’immagine della donna borghese, che per la moda dell’epoca metteva in risalto una silhouette artificiale.
Un altro degli elementi che in “Novissima” assume una grande importanza è la pubblicità, posta in chiusura di ogni fascicolo e separata da una velina.
Sono numerose le tavole realizzate dagli artisti per ditte famose come la Richard-Ginori, Fernet Branca, Calderoni, Paneraj e Talmone; allo stesso tempo troviamo anche manifesti per opere musicali, come la celebre affiche della Tosca disegnato da Hohenstein.
La cartellonistica italiana inizia ad accrescere la propria fama nel 1874, quando viene inaugurato il reparto d’arte grafica presso la casa di pubblicazioni musicali Ricordi di Milano.
I più grandi cartellonisti nazionali (Terzi, Dudovich, Metlicovitz, Hohenstein) compaiono proprio in “Novissima”: nell’album del 1901 vengono presentati la locandina per la Tosca di Puccini, disegnato da Hohenstein e il cartellone per La strage degli innocenti, illustrato da Laskoff. Entrambe le opere mostrano una soluzione grafica fortemente drammatica, che richiama da vicino la monumentalità della pittura di Storia.
Hohenstein, che fu il primo direttore artistico della Ricordi, per il celebre manifesto di Tosca sceglie una composizione secondo la quale l’attenzione dell’osservatore viene catturata dalla figura chiara della protagonista, che, messa al centro, risalta sullo sfondo rosso. È un effetto fortemente espressivo, che mira a incuriosire e stupire lo spettatore. Una soluzione così drammatica mostra delle affinità, a livello stilistico, con i primi manifesti della cinematografia italiana, nello specifico sono evidenti le somiglianze tra l’opera di Hohenstein e il manifesto per il film Cabiria, ideato da Metlicovitz nel 1914. Metlicovitz fu allievo di Hohenstein presso la Ricordi e dalla litografia del maestro per Tosca riprende sia la centralità della figura femminile sia l’espediente decorativo del rosso.
Il manifesto musicale compare nuovamente nella sezione pubblicitaria di “Novissima” del 1904, in un cartellone disegnato da Metlicovitz per la Madame Butterfly. Qui l’attenzione dell’artista, più che sul produrre nello spettatore un effetto drammatico, si focalizza sul fascino esotico, tema in voga in quegli anni.
È interessante notare come la cartellonistica che compare in “Novissima” vada ad anticipare lo stile associato alla nascente industria cinematografica italiana. La produzione di locandine cinematografiche è forte all’interno dell’azienda Ricordi di Milano, dove sono ricorrenti i nomi degli artisti che collaborano alla nostra rivista. Si tratta di un lavoro di squadra che coinvolge riviste, artisti e industrie e che risulta determinante nell’affermare la particolare sfumatura dello stile modernista europeo che oggi chiamiamo Liberty.
Nelle riviste italiane e straniere di fine Ottocento e inizio Novecento la pubblicità si diffonde come nuovo mezzo di comunicazione, assumendo al contempo sia una funzione economica sia artistica.
Un aspetto importante delle pubblicità artistiche di “Novissima” riguarda il rapporto di collaborazione che si viene a creare tra gli illustratori e le industrie manifatturiere; in questo modo le pagine della rivista diventano un luogo di confronto e un trampolino di lancio che coinvolge gli artisti e la nascente industria italiana, allora in crescita, attraverso il rapporto di lavoro che si instaura tra la redazione della rivista, l’officina Ricordi e le varie aziende.
Per capire meglio il ruolo svolto dalle pubblicità in “Novissima” è utile approfondire il caso della collaborazione tra la società ceramica Richard-Ginori e la rivista. Il felice connubio tra De Fonseca, i suoi artisti e la Richard-Ginori non si ferma alla realizzazione delle tavole pubblicitarie, ma ha ulteriori sviluppi che si concretizzano in occasioni di lavoro. De Fonseca, Bottazzi e Grassi si rivolgono alla ditta per la fornitura delle maioliche di rivestimento per la costruzione di un villino che partecipò al Concorso Nazionale di Architettura del 1909. Le maioliche sono realizzate su disegno di Vittorio Grassi, collaboratore di “Novissima” e “La Casa”; a questa collaborazione segue l’esperienza della Biennale veneziana del 1912, per la quale la ditta avviò la produzione di vasi disegnati da Grassi, Terzi, Mataloni e Bottazzi.
È un’operazione significativa perché l’incontro dei vari attori di questa scena avviene tra le pagine di “Novissima”, a dimostrazione dell’importanza e del ruolo che le riviste di inizio Novecento avevano nel fare da ponte tra arte e industria. La pubblicità non era dunque un mezzo utilizzato meramente per dare visibilità alle aziende italiane, ma era anche un modo di tessere una trama di relazioni tra industria e artigianato artistico al fine di avviare anche in Italia uno sviluppo industriale e che coinvolgesse le arti su modello della Arts & Crafts Society di Londra.
In Italia a inizio Novecento siamo ancora lontani dallo sviluppo industriale di tipo inglese, il Paese è ancora prevalentemente agricolo ma le idee, i modelli grafici e le soluzioni dei laboratori londinesi vengono ugualmente recepite: a Roma, nel 1880, era stata costruita la chiesa di San Paolo entro le Mura con i mosaici di Burne Jones, mentre su “Emporium”, a partire dal 1895, si iniziavano a presentare al pubblico italiano le idee e i lavori di Morris e dei suoi laboratori.
Il messaggio di Morris viene assorbito dal cenacolo degli artisti di “Novissima”, che hanno già sviluppato uno stile proprio e originale e si occupano in egual misura di illustrazione, pittura e arti applicate. Questi artisti, attraverso la collaborazione con “Novissima”, si mettono in contatto e al servizio dell’industria italiana, al fine di rendere reale l’utopia di un’arte “per tutti”, in grado di entrare fisicamente nelle case degli italiani attraverso gli oggetti d’arte e le riviste.
1901
Il primo numero di “Novissima” si apre con una copertina disegnata da Aleardo Terzi, raffigurante una giovane donna tra i rami di ciliegio, rappresentazione della primavera.
Il tema primaverile, al quale si accompagna il concetto di rinascita delle arti, conosce una larga diffusione nella grafica europea dell’epoca diventando una presenza costante sia in “Ver Sacrum” che in “Novissima”. I riferimenti alla rivista della Secessione Viennese sono molteplici e forniscono la chiave di volta utile a capire a quali artisti e a quali modelli grafici si ispirassero gli artisti italiani dell’epoca.
Oltre ai saluti per il nuovo anno posti in apertura, sfogliando la rivista appare evidente che non ci sia un programma unitario o un tema secondo il quale sviluppare gli articoli e le illustrazioni; queste ultime in particolare, appaiono slegate, come se fossero state scelte esclusivamente per la loro bellezza. Il primo numero si presenta come una sorta di raccolta di articoli, illustrazioni e componimenti poetici e musicali; la rivista è in una fase embrionale che andrà via via chiarendosi nelle annate successive.
Questa aria di sperimentazione si può cogliere nello squilibrio dato dal numero di immagini in rapporto al numero degli scritti: le illustrazioni occupano uno spazio di molto maggiore e la sproporzione risulta ancora più evidente scorrendo la sezione dedicata alle tavole di pubblicità artistica, che occupa un gran numero di pagine.
Tra le varie illustrazioni presenti nel fascicolo, alcune colpiscono più di altre per la modernità della tecnica e la bellezza dei disegni: tra queste spicca Sorrisi, litografia dell’artista Giorgio Kienerk. La tavola grafica rientra in un più ampio progetto del pittore che viene elaborato a partire dal 1900 e riguarda lo studio di volti femminili resi attraverso una tecnica “a macchia” dallo stile inconfondibile. La modernità di quest’opera colpisce soprattutto se messa a confronto con le illustrazioni di collaboratori più “accademici”, come ad esempio Riccardo Galli, che mostrano familiarità con una tecnica più tradizionale basata su un ampio uso del tratteggio e una spiccata attenzione nel rendere i volumi della figura.
Tra le illustrazioni pubblicitarie di questo fascicolo, quella che rappresenta lo stile Liberty con maggior eleganza è sicuramente la tavola di Mataloni eseguita per la gioielleria Calderoni di Milano; è l’unica pubblicità stampata in oro al fine di rendere l’idea della preziosità degli oggetti che intende pubblicizzare. Divenuta famosa, questa illustrazione sembra essere un omaggio alla “Venere liberty”, impersonata da una ragazza a figura intera che sorregge un cerchio d’oro con gioielli.
1902
L’elegante copertina di “Novissima” del 1902, disegnata da Antonio Rizzi, è forse quella che fra tutte riassume meglio le caratteristiche dello stile Liberty come bidimensionalità e ritmicità del decoro, nel quale la linea di contorno si contrappone alla mancanza di definizione tipica della pittura impressionista e postimpressionista.
A differenza della prima annata, dove non si ravvisava un filo conduttore negli scritti e nelle illustrazioni, nel secondo numero il tema centrale è il mare, inaugurato da un’illustrazione di Aleardo Terzi. Da questo momento in poi, come viene spiegato nell’articolo Trionfos!, la redazione si pone l’obiettivo di ridurre il numero di riproduzioni di quadri per dare maggior risalto alle illustrazioni appositamente create per la rivista. Il fatto che per questo fascicolo ci si attenga a un maggior ordine è da intendere al fine di lasciare spazio alla creatività degli artisti, che interpretano il tema scelto ognuno secondo il proprio stile.
Il mare è declinato in tutte le forme possibili, dalle marine alle illustrazioni che riprendono animali, come i pesci e i granchi di Luigi Brunelli, fino ad arrivare a composizioni più complesse. È questo il caso della tavola grafica di Antonio Rizzi, La spiaggia, nella quale in realtà l’elemento principale non è il mare bensì la figura femminile nuda che gioca con i granchi. Questo elemento è interessante, in quanto la cultura art nouveau affonda le radici in una sorta di mitologia nuova dove la Natura è la principale fonte di ispirazione. In questo fascicolo, infatti, la figura della donna si presta alle più variegate trasformazioni: dalla donna-granchio dello stesso colore del tramonto, presente nell’illustrazione di Rizzi, alla donna-spuma ritratta da Rodolfo Paoletti.
Se il tema marino occupa gran parte del numero di “Novissima” del 1902, l’argomento maggiormente messo in luce nella seconda parte è il ricordo di Giuseppe Verdi, morto l’anno precedente. Edoardo De Fonseca dedica al compositore un commosso articolo, seguito da un’illustrazione commemorativa di Antonio Rizzi e da una lettera inedita di Verdi indirizzata a Cesare De Sanctis. Accanto alla lettera viene pubblicata la riproduzione di un pannello decorativo di Bistolfi, La danza, opera su seta che faceva parte di una serie di quattro pannelli presentati all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 e all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa moderna a Torino, nel 1902. I rimanenti tre pannelli, che raffigurano La Pittura, La Musica e La Lettura, compaiono nelle pagine seguenti.
1903
La copertina del terzo numero di “Novissima” viene affidata allo scultore Edoardo Rubino, che raffigura una giovane donna con una lira, elemento che funge da introduzione al tema della musica trattato all’interno dell’album. Realizzata con la tecnica della pressa a freddo, la copertina ricorda le tecniche del bassorilievo e del cammeo, presentandosi a livello di resa come una forma ibrida tra stampa e scultura.
Il tema musicale si sviluppa in un’ampia sezione intitolata Impressioni pittoriche da composizioni musicali celebri, comprendente illustrazioni appositamente create per la rivista ispirate a varie composizioni di autori come Beethoven, Chopin e Schubert. Ogni illustrazione è separata dalle altre pagine per mezzo di una velina, che riporta nome dell’autore, titolo dell’illustrazione e riferimenti all’opera musicale e al compositore a cui si ispira. Le tavole sono incorniciate e stampate su tipologie di carta dal diverso spessore e texture (lucida od opaca, liscia o ruvida), che conferiscono alle opere una maggiore raffinatezza.
Un elemento grafico che caratterizza il numero in esame è l’utilizzo dei capilettera, espediente che ricorre sovente nella grafica art nouveau e liberty. In questo numero i capilettera seguono una linea eterogenea, non si sviluppano secondo un tema specifico e sono realizzati da diversi autori; ciò che li accomuna, tuttavia, è l’ispirazione alla classicità e il fatto di svilupparsi in modo indipendente dal testo, assumendo una funzione meramente ornamentale.
Tra gli articoli presenti in questo fascicolo il più rilevante è sicuramente quello scritto da Diego Angeli, Il nuovo stile, nel quale il critico traccia un’interessante panoramica dell’Esposizione internazionale di arti decorative di Torino. Il dibattito culturale intorno all’Esposizione in quegli anni è molto vivo e riguarda principalmente la situazione dell’arte italiana rispetto a quella europea; una particolare attenzione è rivolta anche all’educazione artistica, al fine di individuare metodi di insegnamento che tenessero conto della rapida evoluzione dei tempi e delle tecniche, per preparare artisti e artigiani capaci. Il lavoro dei critici in merito a questi temi compare su riviste come “Novissima” e “L’arte decorativa moderna” e rimane ad oggi di primaria importanza per comprendere la portata di questo fenomeno artistico.
1904
Per il numero del 1904, l’editore sperimenta un nuovo approccio grafico, affidando l’intero impianto decorativo a un singolo autore, ottenendo così un fascicolo, visto nel suo insieme, più ordinato e unitario. Ogni articolo presenta dei raffinati capilettera ideati dal bolognese Alfredo Baruffi, che raffigurano giovani donne vestite all’antica con abiti sui toni del verde, non collegate al contenuto degli articoli, ma scelte semplicemente come espediente decorativo.
La copertina è affidata a Marcello Dudovich, il principe del cartellone pubblicitario all’italiana, che aveva iniziato a lavorare per lo stabilimento arti grafiche Ricordi di Milano sotto la guida di Leopoldo Metlicovitz. Rispetto alle copertine precedenti, l’invenzione di Dudovich mostra uno stile più asciutto e meno ornato, l’elemento floreale viene abbandonato in favore di una decorazione resa attraverso il panneggio rosso che avvolge morbidamente le figure femminili.
Tre articoli e le relative illustrazioni di questo numero di “Novissima” sono dedicati a personalità importanti della letteratura italiana, che riassumono in sé epoche differenti: Petrarca per il Medioevo, Alfieri per l’ancient règime e Carducci per l’età contemporanea. È interessante notare come, dopo l’articolo Il nuovo stile di Diego Angeli pubblicato l’anno precedente, nel 1904 venga dato così ampio spazio alla storia della letteratura italiana, scegliendo tre grandi scrittori come simboli di epoche diverse della storia del Paese, quasi a voler ricercare quelle tradizioni che secondo Angeli l’Italia aveva tralasciato nell’esposizione torinese del 1902.
Per quanto riguarda le illustrazioni, sono ancora presenti tavole grafiche molto diverse tra loro, sia per tipologia, sia per tecnica e stile: coesistono riproduzioni di opere pittoriche e tavole realizzate appositamente per la rivista, di respiro molto ampio. Tra i collaboratori figurano un giovane Giacomo Balla e Plinio Nomellini, ma ad essere prevalente è la presenza dei bolognesi, come Alfredo Baruffi, Augusto Majani e Luigi Bompard. Quest’ultimo propone due intense tavole grafiche che si potrebbero interpretare come un unicum sul tema amore-odio; il taglio ravvicinato e la scelta cromatica rendono particolari i due disegni, dove il colore (rosso per l’Amore e nero per l’Odio) gioca un ruolo di primaria importanza nell’enfatizzare la contrapposizione dei due sentimenti.
La sezione pubblicitaria di “Novissima” del 1904 risulta ridotta rispetto ai fascicoli precedenti, ma presenta tavole di raffinata bellezza a cura di Magrini e Bompard, oltre alla locandina per la Madame Butterfly illustrata da Leopoldo Metlicovitz.
1905
Il 1905 segna una svolta nella storia della rivista, perché a partire da questa data il direttore sceglie di pubblicare unicamente illustrazioni realizzate per “Novissima”, escludendo le riproduzioni di opere pittoriche, al fine di far conoscere l’arte dell’illustrazione italiana e metterla in relazione ai risultati delle altre riviste moderne europee, come “Jugend” e “Ver Sacrum”. L’argomento dell’illustrazione è affrontato da Vittorio Pica nell’articolo La decorazione del libro moderno, che, a distanza di due anni dall’Esposizione internazionale di arti decorative moderne di Torino, analizza i risultati della tipografia e dell’illustrazione in Europa.
Come per il fascicolo precedente, anche quest’anno l’illustrazione degli articoli è affidata ad Alfredo Baruffi; il suo stile inconfondibile si caratterizza per l’uso della figura femminile e della vegetazione descritte con un segno pulito e sinuoso, che esalta la bellezza delle forme e prende ispirazione, nella ricchezza dei particolari, da modelli di derivazione inglese e più specificatamente preraffaellita.
Le illustrazioni di questo numero sembrano rispondere all’esigenza di riallacciare i temi alla storia e alla celebrazione della figura femminile, rappresentata con efficacia da Aleardo Terzi, Giovanni Maria Mataloni, Alberto Micheli, Marcello Dudovich, Luigi Bompard e Alfredo Baruffi. In queste tavole grafiche la donna è rappresentata in più varianti che mettono in luce l’eleganza femminile (Terzi e Dudovich), la tenerezza della madre (Micheli), ma anche il fascino di una figura femminile senza tempo, che riprende la grazia delle figure mitologiche, come in Psiche di Mataloni, o che si presenta in una perfetta fusione con gli elementi naturali, come nel caso de La rugiada di Bompard, tavola in linea con il gusto nouveau che vede la sinuosità della figura femminile in un felice connubio con la fluidità dell’acqua.
La storia è un altro tema che ricorre nelle illustrazioni di questo anno, ripresa probabilmente per riallacciare la grafica italiana alle sue radici, sul modello dei disegnatori tedeschi.
A chiusura troviamo una divertente sezione di sei caricature disegnate dal bolognese Augusto Majani, che ritraggono celebri personaggi dell’epoca.
1906
La copertina, intitolata Pioggia di rose, è ancora una volta di Aleardo Terzi, che realizza anche le decorazioni per gli articoli. Il tema è quello ricorrente della figura femminile unita all’elemento floreale; nella realizzazione l’artista sembra tuttavia aver abbandonato il naturalismo delle figure dei primi disegni per “Novissima”, in favore di una grafica più asciutta giocata quasi esclusivamente sul contrasto tra bianco e nero, che elimina le mezzetinte e il chiaroscuro utilizzati negli anni precedenti.
Già nel 1905 Terzi, nella realizzazione di due tavole pubblicitarie per Talmone e Paneraj, sembrava aver preferito una linea più pulita, meno naturalistica, per le sue figure femminili; ecco quindi che nel 1906 porta avanti questa tendenza creando una serie di accattivanti ritratti femminili, denominati L’eterno femminino, che mostrano una spiccata stilizzazione e si basano sul contrasto, tecnica derivata dalla stampa fotografica. Le quattro tavole, come la maggioranza delle illustrazioni dell’artista, raffigurano donne borghesi, nelle quali si poteva riconoscere la lettrice-tipo di “Novissima”.
Questo album, a differenza dei precedenti, si distingue per un ridotto numero di collaboratori e per la presenza di cicli figurativi unitari: vengono infatti presentati, separati da una velina, il gruppo L’eterno femminino di Terzi, il ciclo La perpetua vicenda di Cambellotti, una serie di disegni a matita a soggetto femminile di Innocenti, le Reminiscenze della Pampa di Collivadino, due tavole di Edoardo Rubino intitolate Fosfeni e la serie delle Armonie in verde di Majani; rimangono a parte alcune illustrazioni di vari artisti.
Duilio Cambellotti, ne La perpetua vicenda, presenta il tema della trasformazione dell’elemento naturale, in questo caso l’albero, in oggetto ideato, creato e utilizzato dall’uomo, la nave. Il messaggio è simbolista; attraverso queste tavole l’artista, con un’atmosfera cupa, raffigura l’elemento ligneo come se avesse in sé fin dal principio le pulsioni che lo portano a farsi nave senza l’aiuto dell’uomo, che non viene raffigurato. Lo stesso tema della barca viene ripreso dall’artista nel 1907-1908 nella realizzazione delle scenografie per La nave di D’Annunzio.
Camillo Innocenti realizza una serie di disegni a matita, nei quali mostra un’attenzione particolare per lo stile della donna borghese, analizzandone con tratti decisi l’abbigliamento e le acconciature; ben altra intonazione assumono invece le due tavole di Edoardo Rubino denominate Fosfeni. Qui l’attenzione è data al chiaroscuro dei nudi e alle decorazioni intorno al capo delle donne, rappresentanti il fenomeno visivo del fosfene.
1907
L’evento al quale viene prestata maggiore attenzione è L’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, conosciuta anche come Esposizione del Sempione. “Novissima” fu l’unica pubblicazione italiana che in questa occasione ottenne il diploma d’onore, massima onorificenza assegnata alle riviste di carattere decorativo; è questo un riconoscimento di notevole valore perché premia la qualità e la modernità della stessa, elevandola allo stesso grado delle pubblicazioni d’arte straniere, e riconoscendo all’Italia un primato in questo ambito.
In questo fascicolo tre critici d’arte si occupano dell’Esposizione: Vittorio Pica, con l’articolo L’arte decorativa all’Esposizione di Milano, Diego Angeli con Rilegature d’arte, e Ugo Ojetti con L’arte omicida. Questi scritti, oltre a ricostruire fedelmente il clima culturale dell’epoca, mettono in evidenza un problema di primaria importanza, riguardante l’istruzione artistica: gli studenti non avevano una preparazione adeguata, non conoscevano la Storia dell’Arte e, nella maggior parte dei casi, non avevano futuro. La colpa era dello Stato, che non garantiva un sistema di studi consono come invece faceva per le altre professioni; serviva, in primis, una riforma che andasse a colmare la distanza tra le Accademie e le Scuole d’arte industriale che allora appartenevano addirittura a due ministeri differenti, quello dell’Istruzione e quello dell’Agricoltura. Il dibattito critico si svilupperà anche negli anni a seguire e la questione verrà risolta solo con un regio decreto del 31 dicembre del 1923, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 7 febbraio 1924, che riunirà le Scuole d’arte e le Accademie sotto il Ministero della Pubblica Istruzione.
La redazione di “Novissima”, per il 1907 si mostra attenta al tema, prendendo posizione in favore della necessità di riformare l’Istruzione. Per queste ragioni, probabilmente, per la decorazione viene scelto un artista che rappresenta in modo perfetto la figura del moderno artista-artigiano. Si tratta di Duilio Cambellotti, che realizza per la copertina un’immagine dove un uomo nudo innaffia un melograno. Lo stile di questo numero sembra infatti prendere nuova vita attraverso alcuni elementi che ne rinnovano l’immagine: l’utilizzo dell’indice, che compare per la prima volta, e una decorazione moderna e asciutta.
Le illustrazioni non sono legate agli articoli ma si sviluppano autonomamente come sezioni separate, ciascuna affidata a un autore diverso. Le tavole grafiche più interessanti sono Studio di Medusa, unica illustrazione che Galileo Chini realizza per “Novissima”, le Quattro pagine sportive di Aleardo Terzi e I due vecchi, di Duilio Cambellotti, immagini intense che rappresentano le personificazioni dell’autunno e dell’inverno.
1908
La copertina è realizzata da Giovanni Mataloni, che raffigura una giovane donna chinata per soffiare su un braciere; l’impostazione dell’immagine presenta elementi che fanno pensare a un’ispirazione all’arte ellenica come l’abito e l’acconciatura, ma anche il contrasto tra il segno nero e il color terracotta dello sfondo. Alla ripresa della classicità, Mataloni unisce elementi di derivazione secessionista come l’uso di parti in rilievo e la preminenza del colore oro.
L’impaginazione di questo volume si mostra coerente con la scelta adottata nell’anno precedente, che mette ordine nell’aspetto generale del fascicolo e segue l’idea di una parte grafica, realizzata da Ezio Castellucci, che si sviluppa in modo autonomo rispetto agli articoli.
Tra le illustrazioni del volume, compaiono due tavole di Giacomo Balla, Il cesellatore e Lo scultore, che raffigurano rispettivamente Duilio Cambellotti e Giovanni Prini e testimoniano il rapporto di amicizia tra questi artisti. Se a prima vista questi possono sembrare semplicemente dei ritratti, un’analisi più approfondita può portare a riconoscervi una spiccata attenzione per il tema del lavoro: la visione dell’artista come artigiano e creatore è infatti alla base di queste opere. Tra le due illustrazioni, forse quella più intensa e commovente, e nella quale si nota con maggior chiarezza l’attenzione verso la gestualità creatrice dell’artista, è il ritratto di Cambellotti, che ben descrive il suo animo instancabile di grande lavoratore austero e impegnato.
Le due acquetinte di Camillo Innocenti, realizzate nel 1906, denotano tutt’altra intonazione e vanno a completare la serie di ritratti a soggetto intimista che l’artista aveva pubblicato su “Novissima” due anni prima, mostrando la stessa attenzione per la grazia femminile e per i particolari dell’acconciatura e dei gioielli.
Antonio Rizzi realizza un ciclo di quattro tavole a tema storico dalla forte resa pittorica, che raffigurano rispettivamente Antichità, Medioevo, Rinascenza e Modernità.
L’ultimo ciclo grafico del fascicolo è costituito da dodici ritratti caricaturali di personaggi illustri di Ezio Castellucci, intitolato Maschere.
Il tema principale di cui si discute negli articoli di questo volume è quello della casa, argomento che comprende l’architettura, l’arredamento degli interni e la cura del giardino. Il tema va ad anticipare la nascita di una nuova rivista ideata da De Fonseca e dedicata al moderno abitare; nel 1908 nasce infatti “La Casa”, alla quale collaborano molti degli artisti di “Novissima”.
1909
Alfredo Baruffi contribuisce notevolmente a questo numero di “Novissima”: per la terza volta viene affidata a lui la decorazione dell’intero volume, per il quale disegna anche una copertina ricca di dettagli che ha come protagoniste tre figure femminili in perfetta sintonia con la vegetazione. Lo stesso fil rouge del motivo floreale unito alla sinuosità dell’immagine della donna si ripresenta nelle decorazioni che accompagnano gli articoli della rivista, che, ispirandosi alle figure di Klimt, mostrano le personificazioni di Arte, Amore, Genialità, Gioventù, Grazia, Letizia, Fantasia e Poesia, inserite in un’elegante cornice. Lo stile di Baruffi è una sintesi di varie anime del modernismo internazionale, che guarda all’Inghilterra di Walter Crane e dei Preraffaelliti, all’eleganza del segno avvolgente di Alphonse Mucha e allo stile asciutto della Secessione.
Negli anni che vanno dal 1902, quando “L’Arte decorativa moderna” presenta per la prima volta Klimt al pubblico italiano, al 1910, anno in cui alla Biennale di Venezia a Klimt viene dedicata una sala, sono molti gli artisti italiani che si ispirano all’arte della Secessione viennese. Questo diffuso interesse è dimostrato anche in “Novissima”, tra il 1908 e il 1910, periodo nel quale la redazione mostra di prediligere per le illustrazioni artisti di formazione europea come ad esempio Castellucci e Dudovich.
La maggior parte del fascicolo è dedicata alle riproduzioni dei bozzetti preparatori di Aristide Sartorio per la realizzazione del fregio della nuova aula del Parlamento, un’opera monumentale di rilievo storico. Le altre illustrazioni non sono accomunate per temi, ma vengono affidate ad autori molto presenti nella storia della rivista: il tema della tavola grafica di Duilio Cambellotti, Il riposo, è quello consueto della campagna romana, mentre l’amico Giacomo Balla realizza due illustrazioni su scene di vita famigliare. Aleardo Terzi si conferma una presenza costante e pubblica tre disegni sui diversi momenti della giornata, Mattino, Meriggio e Sera, in cui sembra trovare un rinnovato interesse per il colore, abbandonato nei fascicoli precedenti. La figura femminile è sempre il suo genere preferito e anche in questi lavori mostra una particolare sensibilità per la grazia e per l’abbigliamento, non mancando di cogliere momenti di un’intimità rara.
1910
L’ultima copertina di “Novissima” viene disegnata da Umberto Bottazzi, mentre per la decorazione del volume l’artista scelto è Vittorio Grassi, che realizza tondi decorativi dal carattere sobrio ed elegante, dove il ghirigoro floreale si asciuga in favore di una linea più essenziale. La scelta della coppia Bottazzi-Grassi dipende probabilmente dalla collaborazione tra i due nella progettazione del villino “La Casa” nel 1909, per il quale disegnarono il progetto e le vetrate.
Nei tondi decorativi che Grassi realizza è visibile una perizia tecnico-grafica che richiama la tecnica della vetrata artistica, vero fiore all’occhiello del villino sopra citato. Anche nella copertina di Bottazzi viene ripresa l’idea del tondo, donando al fascicolo una continuità visiva tra la veste e le pagine interne. La protagonista dell’immagine è ancora una volta la donna; un elemento interessante di questa femme fatale dallo sguardo misterioso è l’abito: il tessuto plissé, la forma scivolata e i laccetti che lo fermano sulle braccia e sotto al seno richiamano l’iconico Delphos di Mariano Fortuny, che lo aveva brevettato nel 1909.
Le illustrazioni del fascicolo non seguono uno specifico tema, ma alcune di esse mostrano una vicinanza a temi sociali: avvicinatosi a Cambellotti, Vittorio Grassi inizia ad interessarsi per un breve periodo all’arte sociale, l’illustrazione I vecchi rientra sicuramente in questo tema, riprendendo quello delle due illustrazioni di titolo analogo presentate da Cambellotti su “Novissima” del 1907.
Al tema della maternità e dell’infanzia, invece, vanno ricollegate le due coloratissime illustrazioni di Nino Bertoletti, intitolate Le balie e L’età dorata.
Felice Casorati pubblica tre disegni eseguiti nel 1909: Rosetta, La zingara e La vecchia, dove ad essere prevalente è l’effetto pittorico dato dai riflessi di luce sui corpi e dal contrasto con lo sfondo, reso sfocato da una tecnica sfumata.
Per quanto riguarda gli articoli, non viene data un’attenzione particolare al tema dell’arte; alcune dei motivi che vengono affrontati sono il viaggio e il progresso tecnologico, mentre ampio spazio è riservato ai racconti di Antonio Beltramelli e Nino Savarese.
CONCLUSIONI
Nel 1910 il dibattito critico su quale fosse la situazione dello stile in Italia, che aveva animato la discussione teorica negli anni precedenti e che aveva preso il via soprattutto in relazione all’Esposizione di Torino nel 1902 e all’Esposizione del Sempione del 1906, sembra essersi assopito.
A livello europeo questo disinteresse diventa un comune sentire, alimentato dalla crisi in cui il modernismo internazionale era entrato negli ultimi anni; lo Jugendstil era in declino così come l’utilizzo delle decorazioni floreali. Negli anni intorno al 1910 l’architettura e la scultura vanno semplificandosi, così come la forma dei nuovi arredi, per i quali si preferisce una maggior funzionalità; la pittura europea si avvia verso nuove avanguardie come il Cubismo e il Futurismo e in Italia le arti applicate si rivolgono a un rinnovato gusto per le tradizioni e per soluzioni decorative classicheggianti e, più specificamente, cinquecentesche.
Seguendo questo ragionamento, il cambiamento di stile nell’illustrazione di “Novissima” appare evidente: se confrontiamo, ad esempio, la copertina dell’album del 1903 con quella del 1910, vediamo come l’elemento floreale vada perdendosi in favore di una linea comunque sinuosa, ma più asciutta.
Secondo Rossana Bossaglia, la storia del Liberty può dirsi conclusa con l’esposizione torinese del 1911 anche se, per comodità, la data può essere spostata fino al 1914, anno di inizio della Grande Guerra (Bossaglia, Milano, 1968, p. 30). Non trattandosi di un declino lineare rimane difficile stabilire una data di fine dello stile, tuttavia negli articoli di “Novissima” nel 1910 non si accenna al tema e anche le illustrazioni, di vario genere, lasciano da parte le caratteristiche della linea serpentina e del gusto floreale che negli anni precedenti avevano contribuito a definire lo stile della rivista.
La fine di “Novissima” non coincide quindi con la fine dello stile Liberty, che seppure con cambi di rotta si protrae fino agli anni che precedono il primo conflitto mondiale, l’evoluzione dell’illustrazione all’interno della rivista evidenzia però i cambiamenti interni allo stile, permettendo di vederne di anno in anno le differenze, gli sviluppi e le soluzioni adottate dai vari artisti.
Anna Corrà
Rossana Bossaglia, Il Liberty in Italia, Il Saggiatore, Milano 1968; Giovanni Fanelli, Il disegno Liberty, Laterza, Roma 1981; Aleardo Terzi: 1870-1943, catalogo della mostra (Roma, Galleria dell’Emporio Floreale, 1981), a cura di Rossana Bossaglia, Maria Paola Maino, Mario Quesada, Emporio Floreale, Roma 1981; Giovanna Massobrio, Paolo Portoghesi, La donna Liberty, Laterza, Roma 1983; Giovanni Fanelli, Ezio Godoli, Dizionario degli illustratori simbolisti e Art Nouveau, Cantini, Firenze 1990; Giovanna Ginex, Metlicovitz-Dudovich grandi cartellonisti triestini, Skira, Milano 2001; Eugenia Querci, Giorgio Kienerk, Umberto Allemandi e C., Torino 2001; Marina Bressan, Marino De Grassi, La rivista d’arte della Secessione viennese 1898-1903, Edizioni della Laguna, Mariano del Friuli 2003; Il Modernismo a Roma (1900-1915) tra le riviste “Novissima” e “La casa”, catalogo della mostra (Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti Decorative, il Costume e la Moda dei secoli XIX e XX, Roma, 11 dicembre 2007 – 10 febbraio 2008), a cura di Irene De Guttry, Maria Paola Maino, Palombi, Roma 2007; Eugenia Querci, Giorgio Kienerk e il Simbolismo in Toscana, Pacini Editore, Ospedaletto 2013; Martina Marcucci, Alfredo Baruffi nascita di un artista, in, Sotto il segno di Alfonso Rubbiani, catalogo della mostra (Bologna, San Giorgio in Poggiale, Santa Maria della Vita, 12 dicembre 2013 – 14 marzo 2014) a cura di Angelo Mazza, Benedetta Basevi, Mirko Nottoli, Bononia University Press, Bologna 2013, pp. 95-135; Valerio Terraroli, Ver Sacrum. La rivista della Secessione viennese, Skira, Milano 2018; Anna Corrà, Novissima 1901-1910, tesi di laurea, relatore prof. Valerio Terraroli, Università degli studi di Verona, a.a. 2019-2020.