Salomè di Oscar Wilde illustrata da Aubrey Beardsley

Salomè di Oscar Wilde illustrata da Aubrey Beardsley

Autori: Testo di Oscar Wilde, tavole di Aubrey Beardsley
Data: 1894
 

Nel 1896 va in scena per la prima volta a Parigi la Salomè di Oscar Wilde scritta tre anni prima in un francese lussureggiante e stupefacente. Nel 1894 il testo wildiano viene arricchito con le stampe di Aubrey Beardsley, artista inglese abile nel coniugare il ritmo lineare dei preraffaeliti, soprattutto quello di Burne-Jones, con quello delle xilografie giapponesi attraverso la linea curva e un senso avvolgente. Non tutte le proposte di Beardsley vennero accettate e alcune tavole furono scartate per il loro eccessivo erotismo; invenzioni come la prima versione de La toilette di Salomè Salomé su una panca, o Direttrice d’Orchestra vennero comunque rese note grazie alla pubblicazione di una cartella di disegni dell’artista edita nel 1907 da John Lane.

Wilde e Beardsley possono essere considerate tra le prime figure che si sono mosse all’interno del modernismo internazionale, lo stile nascente fin de siècle volto a superare la tradizione accademica e lo storicismo ottocentesco ricorrendo a un gusto nuovo che si ribellasse ai dettami corrotti della vita borghese e alla nascente industrializzazione. Fonte di ispirazione diventano la natura, la linea curva, le stampe giapponesi e la figura femminile. Il corpo, in particolare quello femminile, prese ad essere considerato e apprezzato in modo del tutto nuovo. Le creature angelicate dipinte dai preraffaelliti acquisiscono una apparenza erotica e demoniaca al tempo stesso, facendo diventare la donna un emblema, un simbolo, a servizio del nuovo stile grafico e sinuoso. Nel modernismo internazionale la donna può diventare una mangiatrice di uomini, un idolo, la femme fatale, una Giuditta assassina, la vampira assetata di sangue o l’incarnazione del peccato. In questo contesto si inserisce la figura di Salomè, vera e propria divinità dell’estetismo, eroina dell’Art Nouveau. È proprio questo ideale femminile che Oscar Wilde propone nel suo testo teatrale, il mito romantico della donna fatale corrotta e innocente al tempo stesso, irresistibile e distruttrice.

Molte erano le versioni che circolavano al tempo in cui Wilde componeva la sua opera. È come se si proponesse di offrire una sintesi definitiva della figura della principessa giudaica descritta unanimemente come una donna giovane, crudele e con un’estrema componente erotica. Tra le versioni che senza dubbio Wilde conobbe furono soprattutto Herodias di Gustave Flaubert, Herodiade di Massenet e Herodiade di Mallarmè. Ma non dimentichiamo che moltissimi sono gli esempi in pittura, primo fra tutti il “pittore delle Salomè” Gustave Moreau che ne dipinge diverse versioni.

La Salomè di Wilde, dramma in un unico atto, fu pubblicata nel 1893 e poi tradotta e pubblicata in inglese l’anno successivo da Alfred Douglas. Nessun attore, per molti anni, volle rischiare di metterla in scena in Inghilterra; anche la prima rappresentazione parigina nel 1896 non fu un gran successo, né di pubblico né di critica. Con le illustrazioni in bianco e nero di Beardsley aggiunte per l’edizione inglese, il testo teatrale viene ulteriormente arricchito di rimandi simbolisti. La linea curva e serpentina, il sapiente uso dello spazio e i richiami alle xilografie erotiche giapponesi rendevano perfettamente la dimensione onirica e l’idea di perversione e orrore a cui Wilde mirava.

Attraverso la tecnica dell’incisione i personaggi biblici prendono vita in riquadri con una nuova concezione di cornice e di superficie pittorica, dove la linea decorativa tracciata su un piano bidimensionale sostituisce la tridimensionalità della realtà. La prima illustrazione che apre il libro è un fitto intreccio floreale che inquadra il frontespizio. La sensazione di horror vacui sovrasta le figure, notiamo un ironico fauno ermafrodito, con occhi al posto dei capezzoli e dell’ombelico, un “angioletto”, dall’aspetto satanico, e una strana farfalla dalle ali bianche. Una composizione analoga venne utilizzata anche nella tavola con l’indice delle illustrazioni. La sequenza delle tavole inizia con La donna della luna, opera con cui Beardsley sembra annunciar un nuovo stile, dove la pura linea si fa protagonista e governa grandi spazi bianchi e poche zone nere, ben disposte. Con Il kimono pavone è evidente il richiamo alla tradizione di stampe giapponesi e al decorativismo del nascente modernismo internazionale. Qui si vede la grandezza dell’artista che crea delle invenzioni estremamente bilanciate. Equilibrio sapiente tra campiture nere e spazi bianchi, tra ricche decorazioni e vuoti leggeri. Ne La cappa nera si vede come Beardsley usi dei piccoli puntini che talora vanno a sostituire una linea di contorno troppo netta, per creare leggerezza e sfumature chiaroscurali. In Un lamento platonico l’intreccio di rami e fiori che si sviluppa verso l’alto bilancia l’appesantimento dato dalla drammatica macchia nera del drappo funebre del giovane siriano che divide nettamente lo spazio dell’incisione. Anche qui l’uso del pieno-vuoto e dell’accostamento del rigore geometrico, dato dall’albero stilizzato, con decorazioni floreali danno significato all’ampio spazio vuoto in alto a sinistra e spostano l’attenzione dalla tematica qui affrontata di necrofilia amorosa. L’incontro di Salomè col Battista è una delle scene più espressive dell’opera. Si gioca totalmente sul contrasto delle due figure: il casto Battista e la prorompente Salomè. Duro profilo per il primo, descritto dall’alternarsi di veli bianchi e neri che costruiscono la sua figura; torbida sensualità per la seconda, che offre la sua nudità tra veli e simboli erotici. È il momento del rifiuto del Battista, la tensione tra le due figure è percepibile nello sguardo. Con Entra Erodiade possiamo assistere alla vena ironica, finora rimasta celata, dell’artista. Erodiade è presentata da figure e oggetti di un teatro immaginario: un mago col caduceo, un mostro simbolo di lussuria, un androgino con una maschera nera e la foglia di fico e delle candele falliche. Ne Gli occhi di Erode si possono vedere molti dei topoi che verranno poi ripresi dall’Art Nouveau, come il pavone con la particolarità delle sue piume, le rose dai petali stilizzati e il decorativismo di alcuni insetti – in questo caso farfalle. La danza del ventre mostra la sensualità della giovane Salomè e attraverso il movimento creato dai fiori sembra che propaghi le note della musica del liuto, in basso a sinistra, suonato dalle dita di un mostriciattolo diabolico. Con la seconda versione de La toilette di Salomè torna l’evidente contrapporsi di una sofisticata leggerezza e una decisa campitura nera: il piumino della cipria affiancato alla grande massa uniforme dei capelli; i frivoli veli dell’abito, descritti dai puntini, stretti nella stoffa corvina; le fragili porcellane orientali sui piani di mobiletti che guardano a Mackintosh. La serie di illustrazioni di Beardsley si conclude con Premio per la danzatrice e Climax, in un clima drammatico di morte e di sangue. Soprattutto l’ultima immagine diventerà rappresentativa del simbolismo decadente di fin de siècle, si vede la forza sadica dell’amore di Salomè per la testa decapitata del Battista. Il sangue che gocciola dalla testa cade nel mare nero per poi rinascere sotto forma di fiore.

L’opera teatrale termina con la scena del bacio di Salomè che dichiara che l’aspro sapore del sangue è forse quello dell’amore. A questo punto Erode ordina ai soldati di uccidere Salomè, figlia di Erodiade, principessa di Giudea.

Andrea Chesini

 
Bibliografia:

Joseph Pennell, A new illustrator: Aubrey Beardsley, in “The Studio”, 1893, p. 19.

Gabriele Fahr-Becker, Art Nouveau, Könemann Verlagsgesellschatf mbH, Colonia 1999, pp. 24-26, 47-49, 89.

Giovanna Franci, Il sistema del dandy. Wilde, Beardsley, Beerbohm (Arte e artificio nell’Inghilterra fin-de-siècle), Pàtron, Bologna 1977, pp. 8-10, 37.

Aubrey Beardsley: bianco e nero, testo di Giuseppe Marchiori, A. Ronzon, Roma 1969, pp. V-XIII.

Masolino D’Amico, La Salomè di Oscar Wilde, in Oscar Wilde, Salomè, traduzione di Rosanna Farinazzo, ES, Milano 2006, p.116.

Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, 10 dicembre 2015 – 20 marzo 2016), a cura di Stefania Cretella, Karel Srp, 24 Ore Cultura, Milano 2015, pp. 134-135.

Alfons Mucha e le atmosfere art nouveau, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale, 30 aprile – 18 settembre 2016), a cura di Stefania Cretella, Karel Srp, 24 Ore Cultura, Milano 2016, pp. 152-153.