Palazzo Appiani (già)

Nel corso dei secoli, il palazzo ha subito numerosi cambiamenti. La facciata del piano terreno e dell primo piano conserva la struttura cinquecentesca originaria, con semplici finestre rettangolari dotate di trabeazione agettante e, nel piano superiore, di davanzale appena sporgente e sostenuto da piccole mensole. Il piano superiore è invece un’integrazione settecentesca, che comunque non si discosta molto dallo stile lineare adottato in precedenza, nonostante l’aggiunta dei balconcini in ferro battuto che riprendono quello della porta finestra del piano nobile, posta in asse con il portone sottostante. Il portale di accesso all’atrio che conduce al cortile interno è formato da un arco a tutto sesto inquadrato da lesene corinzie che sostengono la trabeazione su cui si imposta il balcone superiore. L’andito di ingresso si presenta come un semplice corridoio con volta piana, ornata all’estremità con un medaglione mistilineo racchiuso entro una cornice in stucco e dipinto con due putti che sostengono tralci di fiori, in volo in un cielo coperto da nubi. La parete di fondo del cortile accoglie due colonne con capitelli ionici che sostengono la parte superiore della facciata interna del palazzo confinante, creando così una sorta di portico con al centro una fontana di età barocca e parete dipinta nell’Ottocento con una veduta cittadina.

Sul lato sinistro del corridoio di accesso si trova la porta che immette allo scalone monumentale che conduce al piano nobile. Delle sale settecentesche si conserva solamente il salone d’onore.

Stefania Cretella

Palazzo Luzzago, poi Zani, ora Masetti Zannini

Il palazzo, il cui primo nucleo risale probabilmente al XIV secolo, si caratterizza per la facciata dallo sviluppo orizzontale piuttosto accentuato, evidenziato anche dalla presenza di un solo piano rialzato. Il portale di accesso non si trova al centro, ma è spostato lateralmente, determinando un’asimmetria tra il lato più lungo principale, con quattro finestre, e l’ala minore, con una sola finestra. Il portale è inquadrato entro conci di pietra di due diverse dimensioni alternate per creare un gioco elegante di rientranze e sporgenze; i tre conci della chiave di volta si allungano per formare il piano di imposta della finestra superiore, mentre i conci aggettanti ai lati diventano la base di appoggio di elementi decorativi a ricciolo di gusto barocco. Le finestre sono circondate da una larga fascia a bugne alterne, arricchite al piano nobile da un frontone triangolare. Il prospetto è chiuso da un possente cornicione.

Superato il portone di accesso si entra in un breve androne che collega l’esterno con il cortile. Nel lato a mattina del portico si inserisce l’accesso allo scalone che conduce all’appartamento del piano nobile. Lo scalone è decorato in stile liberty: le pareti e la cornice della volta sono ornate da stucchi bianchi e dorati con putti, frutti, volute, stemmi e nicchie, che incorniciano specchiature in finto marmo rosato. Tra gli stucchi è presente un’iscrizione che permette di datare l’esecuzione della decorazione al 1912, voluta dal barone Alessandro Monti (“Alexander bar. Doct. Monti patr. Brix. Eques maurit. Hanc domum instauravit MCMXII”). Il centro della volta è stato invece dipinto da Cesare Bertolotti con tre figure femminili e una coppia di putti inseriti in un cielo con nuvole rosate.

Lo scalone conduce al vestibolo, che immette nell’appartamento, composto da un salone centrale affrescato da Giuseppe Teosa e da quattro sale, due a mattina e due a sera. Le sale a mattina sono state decorate all’inizio del Novecento; in particolare, l’ultima, ad uso di biblioteca, è stata dipinta da Vittorio Trainini su commissione del barone Monti, che volle far riprodurre, con alcune varianti, gli affreschi del Romanino della sala a piano terreno di palazzo Averoldi. Anche la prima sala a sera è databile al primo decennio del Novecento, mentre più antica risulta essere la decorazione dell’ultima sala a sera.

Stefania Cretella

Palazzo Chizzola, poi Porro Schiaffinati, ora sede Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Brescia, Mantova e Cremona

Il palazzo, costruito a metà del XVIII secolo, presenta una pianta a L, con la parte di rappresentanza affacciata su via Gezio Calini. La facciata è leggermente convessa e gli elementi architettonici sono distribuiti in modo asimmetrico rispetto all’asse centrale. Le finestre del piano terreno terminano in semplici trabeazioni, mentre le nove finestre del piano nobile alternano timpani triangolari a timpani ad arco ribassato; al secondo piano, le aperture sono impreziosite da balconcini in ferro battuto. Attraverso un semplice portale ad arco si entra nell’androne che conduce al porticato che circonda la corte interna utilizzata come giardino. Dall’ultima campata a destra del porticato si accede nello scalone che collega il piano terreno a quello di rappresentanza. Lo scalone a doppia rampa non ha dimensioni imponenti, ma mantiene comunque l’eleganza tipica degli scaloni settecenteschi grazie allo studio attento delle proporzioni e alla balaustra terminante con decorazioni a voluta. Dallo scalone principale si accede al grande salone d’onore che occupa l’intera larghezza del corpo di fabbrica, affacciandosi sia sulla corte che verso la strada. Il resto dell’ala è suddivisa in cinque sale comunicanti, due rivolte verso il giardino e tre verso la strada.

Palazzo Calini ai Fiumi, ora Università di Brescia, Facoltà di Giurisprudenza

Il palazzo attuale è il risultato di diverse fasi di ristrutturazione avvenute nel corso del Seicento e del Settecento per unificare i diversi fabbricati, cortili e orti acquisiti dalla famiglia Calini nel corso dei decenni. La parte più antica del complesso è quella orientale, rivolta verso via San Faustino, mentre l’ampliamento occidentale verso via delle Battaglie avvenne in fasi successive.

La facciata principale divenne quella su via delle Battaglie, sebbene non ci siano particolari elementi decorativi che ne nobilitino l’aspetto generale. La zoccolatura è formata da semplici conci in pietra, il passaggio tra il piano terra e il piano nobile è segnato da un marcapiano a modanature lisce e il cornicione aggettante è sostenuto da una sequenza serrata di mensole. Il portale di accesso è cinquecentesco, composto da due pilastri con capitello ionico e arco a tutto sesto in botticino, con chiave di volta a ricciolo; la decorazione si limita a due dischi in marmo rosso. Un arcone simile si trova anche nella parte nord della facciata. Completano la decorazione due rilievi con lo stemma della famiglia, posti tra il marcapiano e le finestre del piano superiore. Il profilo della facciata asseconda il leggero incurvarsi della strada ed è movimentato dall’estremità sud leggermente sporgente, che identifica un elemento indipendente successivamente inglobato nell’edificio, nel quale si trova l’appartamento di meridione. Si tratta dell’edificio costruito nella metà del Seicento in stile dorico-tuscano di proprietà della famiglia Girelli fino all’inizio del Settecento.

Superato il portale e l’androne si arriva nel cortile principale, chiuso su tre lati dai corpi di fabbrica, due dei quali dotati al piano terra di porticati. L’edificio comprende altri due cortili, uno a settentrione, in origine destinato ai locali di servizio, e uno interno nell’edificio ex-Girelli.

L’accesso al piano superiore avviene attraverso due scaloni. Dal portico di mattina, sopra il quale si imposta la loggia cinquecentesca, si accede al primo scalone, costruito all’inizio del Settecento con due rampe brevi e una più lunga. La loggia è a cinque campate e la parete di fondo è decorata in stucco, con una cornice priva dello stemma interno, tra panoplie d’armi. Il secondo scalone, eretto e affrescato nel 1781, si trova invece nell’ala sud. Salendo per questo scalone si raggiunge un atrio che permette di accedere alla galleria, affacciata verso il cortile, o all’appartamento di meridione. Tutte le sale e gli ambienti presenti nel corpo di fabbrica rivolto su via delle Battaglie sono stati affrescati tra il 1779 e il 1787.

Verso la metà dell’Ottocento, il conte Muzio Calini, rimasto senza eredi, decise di lasciare il palazzo al Comune di Brescia con la clausola che fosse destinato a funzioni educative; l’edificio venne quindi trasformato in scuola elementare. Dopo essere stato sottoposto a un lungo l’intervento di restauro, nel 2001 il palazzo è stato concesso in uso all’Università di Brescia ed è ora sede della Facoltà di Giurisprudenza.

Stefania Cretella

Palazzo Lana

Secondo le fonti tradizionali, ricordate da Fausto Lechi (Lechi 1974, pp. 51, 54 n. 1), il palazzo dovrebbe essere stato costruito intorno al 1560 su progetto di Lodovico Beretta. La facciata è suddivisa in due porzioni da un possente marcapiano, sotto il quale corre un fregio scolpito con triglifi alternati a metope con il giglio e l’aquila, simboli araldici che potrebbero rimandare alla famiglia Coradelli, probabile committente del palazzo. I due ordini sono tripartiti da quattro paraste con capitelli dorici al piano terreno e ionici al livello superiore. I due scomparti laterali del piano inferiore ospitano una semplice finestra rettangolare, con davanzale esterno sostenuto da mensole, sotto le quali si inserisce l’apertura protetta da grata, necessaria per illuminare le cantine sottostanti. Al centro si trova invece il portale ad arco, con bugnato e stemma. Le finestre laterali del piano nobile sono sormontate da un impano triangolare, mentre la porta finestra centrale, dotata di balcone in ferro battuto, ha timpano a sesto ribassato. Il cornicione posto sotto la grondaia del tetto è scolpito con girali e fiori intervallati da quattro mascheroni posti in corrispondenza delle paraste.

Gli spazi interni sono stati profondamente trasformati nel corso dei secoli, adattandoli anche a usi differenti da quelli puramente abitativi. Tra gli ultimi proprietari del palazzo si ricordano le Suore di Santa Dorotea di Cemmo, che hanno modificato molti ambienti per trasformare l’edificio in un collegio femminile. Restano comunque alcune sale che conservano intatte le decorazioni originali, come le due sale neoclassiche del piano nobile e il salone cinquecentesco del piano terreno, rivolto verso la corte, con soffitto decorato in stucco con cariatidi e telamoni, motivi fitomorfi e cornici che in origine dovevano contenere dipinti ad affresco o su tela.

Palazzo Martinengo Palatini, ora sede del Rettorato dell’Università degli Studi di Brescia

Palazzo Martinengo Palatini, posto sul lato occidentale della piazza, è stato eretto tra il 1672 e i primi anni del Settecento per volontà di Teofilo III Martinengo, al posto di un precedente edificio quattrocentesco.

In origine, il palazzo presentava probabilmente una pianta a ferro di cavallo, con corpo di fabbrica principale rivolto verso la piazza e ali laterali che chiudevano il cortile interno. L’accesso ai piani superiori avviene oggi attraverso lo scalone costruito durante i lavori di restauro del 1930 ed affrescato da Vittorio Trainini. Dallo scalone si accede al salone di rappresentanza a doppia altezza rispetto alle sale laterali. Il salone mantiene ancora la struttura e le decorazioni settecentesche, mentre le sale laterali sono state restaurate e affrescate nel corso del Novecento. Gli interventi del 1930, realizzati dalla Cassa Nazionale Infortuni che due anni prima aveva acquistato il palazzo dal Comune, hanno profondamente trasformato l’edificio, costruendo al posto di vecchie case demolite un nuovo palazzo a quattro piani affacciato su via Fratelli Porcellaga e creando l’attuale planimetria quadrangolare.

La facciata seicentesca presenta la parte centrale rialzata rispetto alle ali laterali, otticamente raccordate attraverso volute in pietra, e denuncia la distribuzione interna degli ambienti, con il salone. La tripartizione è sottolineata da lesene bugnate in pietra, mentre la divisione tra i vari livelli è indicata dai marcapiani. Il maestoso portale di accesso, è affiancato da due colonne con capitelli ionici e fusti lisci scolpiti al centro con protome leonina e festoni, che sostengono il balcone del piano nobile. L’accesso all’atrio del palazzo è possibile anche attraverso due porte laterali di dimensioni ridotte, con stipiti in pietra e sopraluce con architravi scolpiti con teste femminili, simbolo della Terra e del Mare. La porta-finestra del balcone è racchiusa entro stipiti in pietra scolpita, con trabeazione con panoplie d’armi, sormontata da un timpano spezzato contenente il busto del fondatore del palazzo. Le due porte-finestre laterali, chiuse da una balaustra, presentano analoghe strutture in pietra, ma timpano ad arco ribassato. Nel livello superiore si inseriscono le tre finestre della volta, anch’esse chiuse da stipiti in pietra: la finestra centrale reca stemmi araldici, mentre le altre teste femminili con festoni. La facciata è ulteriormente decorata dalle statue di Marte e Minerva scolpite da Sante Calegari il Vecchio, che si ergono ai lati del blocco centrale.

Stefania Cretella