Salone d’onore

Ad est dello scalone è ubicato il salone d’onore, interamente decorato da Giuseppe Manfredini nel 1806, come attesta l’iscrizione che funge da sovrapporta sulla parete ovest: “INGENIO ET MANV IOSEPHI MANFREDINI ANNO MDCCCVI”. La decorazione, caratterizzata da elementi di gusto antiquario, finge un ampio porticato a due livelli con colonne e balaustre intervallate da figure e riquadri a trompe l’oeil, realizzate secondo un sapiente gioco scenografico. I lati brevi del portico svelano due luminose vedute contrapposte di giardini all’italiana, incorniciate da tendaggi drappeggiati e statue antiche; i lati lunghi sono occupati da tre grandi finestre, separate da coppie di colonne ioniche che inquadrano due nicchie ospitanti statue di divinità femminili. Nella parte superiore si articola una loggia balaustrata dipinta da cui si affacciano personaggi in abiti signorili, i padroni, il giardiniere, i bambini e una donna con una gabbietta (Tanzi 1985, p. 88); sulla balaustra sono dislocati vasi di fiori e animali: un gatto, un pappagallo e un pavone, affiancati da un mappamondo, un compasso, la pianta di un tempio antico e alcuni libri (i simboli del sapere antico). Il soffitto è decorato da un luminoso cielo azzurro solcato dal volo di piccoli uccelli. L’intero ambiente, nonostante l’apparente serenità dei personaggi, rivela in realtà un sentimento decadente, sottolineato dai rampicanti che iniziano ad attaccare le balaustre e dalle crepe sulle colonne (Tanzi 1985, p. 88).

 

Maddalena Oldrizzi

Scalone d’onore

Dall’atrio di ingresso si accede allo scalone d’onore, una struttura a due rampe accompagnate da una balaustra continua di gusto baroccheggiante. Le pareti sono decorate da una struttura architettonica a trompe l’oeil costituita da colonne corinzie di marmo rosato, tra cui spiccano panoplie d’armi monocrome. Tale decorazione fu realizzata da Giuseppe Manfredini nel 1804, come testimonia la data di esecuzione inserita dall’artista in una delle panoplie della parete nord della galleria, che si apre come naturale continuazione al piano nobile. La medesima decorazione a trompe l’oeil continua sul soffitto: agli angoli si aprono degli imponenti vasi floreali, tra i quali si innestano ulteriori panoplie d’armi. All’interno del soffitto decorato da un motivo a lacunari a croce si inseriscono due medaglioni affrescati. Il primo, tondo, raffigura dei putti reggenti una tromba, un ramo d’ulivo, una corona di alloro e un piccolo orologio, a simboleggiare la Fama. Il secondo medaglione, ottagonale, è decorato da quattro puttini: tra questi spicca quello centrale, che presenta una stella sulla fronte e uno scettro in mano, simboli della Nobiltà; alla sua sinistra un altro putto regge la statuetta di Minerva protettrice, altro attributo di Nobiltà, mentre gli altri due putti reggono dei fiori. I due medaglioni risultano essere di mano differente rispetto alla struttura decorativa, quindi non sono ascrivibili a Giuseppe Manfredini.

 

Maddalena Oldrizzi

Alcova

Ad ovest dello scalone d’onore è situata l’alcova, decorata con raffinati motivi vegetali a stucco secondo un elegante gusto neoclassico. Le pareti sono ornate da medaglie raffiguranti attività agricole, la principale fonte economica della famiglia Ugoni, cui sono collegate anche due cornici che ritraggono la fertilità della terra (una cornucopia ricca di fiori e frutti e una piccola pala per lavorare la terra) e gli strumenti da lavoro (la falce, il rastrello, la zappa incrociati a spighe di grano), oltre ai sovrapporta dedicati a tematiche venatorie (la caccia con i cani e la caccia agli uccelli).
Sui lati brevi spiccano le panoplie d’armi, all’interno delle quali si inseriscono da un lato lo stemma degli Ugoni e dall’altro, dirimpetto, l’acronimo S.P.Q.R., che sottolinea il costante richiamo alla classicità dell’arte neoclassica. La decorazione floreale delle pareti prosegue sul soffitto con un raffinato intreccio di fiori e ramificazioni vegetali.

 

Maddalena Oldrizzi

Sala 1

La sala si trova a est dello scalone d’onore, posta al centro di una sequenza di salette decorate secondo un delicato gusto neoclassico. L’ambiente è suddiviso al proprio interno da una vetrata che crea un jardin d’hiver. Le pareti del vano più ampio sono scandite verticalmente da raffinate cornici neoclassiche entro cui si inseriscono due sovrapporta decorati da paesaggi bucolici. Il soffitto, inquadrato in sottili cornici neoclassiche raffiguranti cigni ed elmi antichi, è ornato da quattro piccole edicole dipinte in cui si inseriscono raffigurazioni delle quattro stagioni, unite tra loro da decorazioni zoomorfe. La parte più piccola della stanza, dedicata alla serra, è decorata da un trompe l’oeil raffigurante un porticato esterno, attraverso cui si osserva un arioso paesaggio naturale.

 

Maddalena Oldrizzi

Alcova

Posta nel corpo di fabbrica orientale, questa alcova e il suo piccolo vestibolo furono decorati da un artista tuttora ignoto nei primi anni dell’Ottocento (Lechi 1977, p. 32) durante una fase di ammodernamento del palazzo al nuovo gusto neoclassico (Boselli 1964, p. 28; Lechi 1977, p.32). Fu durante questa campagna decorativa che, probabilmente, si persero le quadrature delle due camere ove, come ci testimonia egli stesso nella sua autobiografia, lavorò Giovanni Zanardi nel 1743 (Boselli 1964, p.51.)

L’ornamentazione di questo ambiente a pianta rettangolare presenta un finto soffitto a cassettoni organizzato in otto traversi che delimitano nove lacunari. Di questi, entro quelli angolari e di forma quadrata trovano posto le raffigurazioni delle Quattro stagioni, rappresentate tramite busti all’antica circondati da una corona di spighe (estate), di melograni (autunno), rovi (inverno) e fiori (primavera).Nei cassettoni laterali,invece, è dipinto più volte lo stesso motivo a grottesche composta da un vaso, due volatili e motivi vegetali. Oltre a questo tema, i due lacunari sui lati lunghi presentano due piccole cornici ottagonali, al cui interno sono raffigurate vedute bucoliche. Il grande cassettone centrale contiene al centro un grande medaglione ovale dove è rappresentato Psiche che scopre Amore. Negli spazi lasciati liberi dalla cornice, trovano posto due composizioni con nastri che tengono uniti rami d’alloro e, nel primo, strumenti musicali, mentre nel secondo armi.
I temi musicali e militari ritornano anche nei soprapporta scolpiti a bassorilievo che interrompono la fascia continua dipinta nella parte alta delle pareti, la quale a sua volta è decorata con un motivo a rami di vite che ricompare anche nelle travi del finto motivo a cassettoni.

Edoardo Lo Cicero

Sala 3 Vestibolo dell’alcova

Il piccolo vestibolo dell’alcova fu realizzato dallo stesso ignoto artista già attivo nella sala adiacente nei primi anni dell’Ottocento (Lechi 1977, p.32).La decorazione non coinvolge solo il soffitto ma anche le pareti, che sono organizzate in diverse specchiature: quelle poste negli angoli presentano un motivo a candelabra con foglie d’acanto, vasi, nastri, piccoli medaglioni ottagonali entro cui sono raffigurati episodi mitologici e, alla base, delle piccole edicole all’interno delle quali sono posti degli amorini in pose diverse. Completano l’ornamentazione delle pareti due soprapporta, uno dipinto con una ninfa distesa su di un fianco entro un’elaborata cornice in finta pietra, mentre l’altro scolpito in bassorilievo con armi e racemi vegetali legati assieme da nastri.
Similmente alle pareti, la decorazione del soffitto prevede una divisione in specchiature. La più grande di queste è posta al centro e vede raffigurati, entro due cornici incrociate tra loro a quarantacinque gradi, Enea, Anchise e Ascanio. Sui lati, poi, vi sono quattro spechiature più piccole abbellite al loro interno da motivi vegetali e cammei. Infine, negli angoli vi sono quattro ovali entro cui sono raffigurate delle menadi danzanti incorniciate da una complessa cornice in finto stucco giocata su diversi motivi vegetali.

Edoardo Lo Cicero

Sala 2 Allegoria dell’Immortalità

Posto nell’angolo sud-ovest del corpo centrale del palazzo e attiguo alla sala con la Fama, la Nobiltà e la Vittoria (sala 5), questo ambiente venne decorato da Giacomo Antoni Boni tra il 1727 e il 1730, coadiuvato forse dal quadraturista Giuseppe Orsoni, responsabile della complessa quadratura di gusto rococò che interessa il soffitto e terminain un oculo mistilineo aperto verso il cielo. Al suo interno, seduta su di una nuvola, si scorge l’allegoria dell’Immortalità accompagnata alla sua sinistra da una fenice e alla sua destra da un putto con in mano un ramo di plumeria, entrambi simboli legati al concetto di eternità e rinascita.
Arricchiscono la quadratura, infine, diversi oggetti quali lance, stendardi, elmi, tamburi e frecce posti negli angoli della volta e quattro cornici ovali che, sistemate come se fossero appese all’architettura, raffigurano al loro interno vedute popolate da figure e architetture all’antica.

Edoardo Lo Cicero

Sala 1 Allegoria della Fama, della Nobiltà e della Vittoria

La decorazione di questa sala, posta a sera di quello che era il grande salone da ballo, coinvolge esclusivamente la volta a schifo efu eseguita tra il 1727 e il 1730 da Giacomo Antonio Boni.
Ad aiutarlo nei lavori fu probabilmente Giuseppe Orsoni, ritenuto l’autore dell’elaborata quadratura architettonica di gusto tardo barocco che occupa tutto il soffitto.Questo complesso trompe l’oeil termina al suo centro in un cielo aperto ove, in volo o seduti su nuvole, si stagliano la Fama, la Nobiltà e la Vittoria che porge una corona d’alloro a una figura maschile in abiti militari, probabilmente un componente della famiglia committente il cui stemma era forse visibile nello scudo tenuto da uno dei due putti poco più in basso. Completano l’affresco una coppia di amorini posti nelle immediate vicinanze della Nobiltà che reggono una cornucopia piena di frutta e altri quattro putti che, seduti sulla trabeazione della quadratura,arricchiscono il significato allegorico della decorazione mostrando vari oggetti simbolici quali una palma, una lancia, uno scudo e una corona d’alloro.

Edoardo Lo Cicero

Salone d’onore

Nel corpo centrale del palazzo, posto a mattina delle stanze inserite al posto della sala da ballo, si trova il grande salone d’onore che, come l’ambiente vicino, venne decorato tra il 1727 e il 1730 da Giacomo Antonio Boni, coadiuvato dal quadraturista Giuseppe Orsoni.

L’intera volta è dipinta con una complessa quadratura di gusto tardo barocco, che termina al centro con un grande oculo aperto verso il cielo. All’interno di questa finta architettura trovano posto, oltre ad alcuni putti e vasi di fiori, le allegorie dei quattro elementi impersonati da Nettuno, Giunone, Efesto e Cibele, collocati entro quattro nicchie abbellite da colonne tortili con capitelli dorati.
L’illuminazione della quadratura si accorda con due distinte fonti di luce, ripsettando i giochi di chiaro e scuro determinati dall’illuminazione naturale della sala provienente dalle tre finestre che si affacciano su via Trieste, e dall’immaginario bagliore proveniente direttamente da Apollo. Al centro della volta, infatti, è rappresentato il Trionfo del dio del Sole accompagnato da diverse divinità quali Saturno, Mercurio, Atena, Marte, Eosforo, Cupido, Venere e Giove. A questi si accompagnano poi alcuni putti, una vittoria alata e, poste sopra Apollo, quattro Muse danzanti.
La decorazione pittorica coinvolge anche le porzioni di parete poste attorno agli infissi delle tre finestre, ornate con finte decorazioni a stucco in gusto rococò che, nel parapetto, comprendono anche vedute paesaggistiche inserite entro cornici mistilinee. Ulteriori paesaggi bucolici popolati da figure impegnate in attività signorili quali passeggiate e battute di caccia sono dipinti in tondi posti entro soprapporta in pietra.

Edoardo Lo Cicero

Sala da ballo (ora solaio)

L’affresco che ricopre il soffitto dell’ampio solaio raggiungibile attraverso una scala di servizio è ciò che rimane della decorazione che in origine sovrastava il grande salone da ballo, un tempo collegato direttamente alla galleria. Nel 1905, la famiglia Bruni decise di ottimizzare lo spazio settecentesco, probabilmente troppo vasto per le esigenze dl tempo, abbassando il soffitto e creando sei spazi più piccoli, salvaguardando solo in parte il lavoro eseguito daGiacomo Antonio Boni in un momento compreso tra il 1727 e il 1730.
La decorazione, che versa purtroppo in un precario stato di conservazione, occupa l’intera superficie della volta. Al suo centro è rappresentato, entro un cielo carico di nuvole, l’episodio mitologico di Aurora che rapisce Cefalo, ove, oltre ai due amanti, sono raffigurati anche Titone bendato da Cupido (probabilmente ispirati al dipinto su tela che il maestro di Boni, Marcantonio Francheschini, eseguì tra il 1706 e il 1708 sul medesimo tema), diversi putti, alcuni dei quali impegnati a raccogliere la rugiada mattutina versata da due figure femminili e, infine, Eosforo che segnala l’inizio dell’alba.
A fare da diaframma tra lo spazio reale e il cielo ingombro di figure vi è un’elaborata quadratura architettonica di gusto tardo barocco, eseguita probabilmente da Giuseppe Orsoni. All’interno di questa finta architettura, immaginata come un’imponente balaustra sormontata da un grande oculo, trovano posto entro delle nicchie le raffigurazioni delle Quattro stagioni, rappresentate allegoricamente da Flora (primavera), Cerere (estate), Bacco (autunno) ed Eolo (inverno).

Edoardo Lo Cicero