Galleria

Posta sopra il portico del cortile interno e in asse con lo scalone,la galleria è stata decorata da Giacomo Antonio Boni tra il 1727 e il 1730.

La complessa quadratura del soffitto, forse opera di Giuseppe Orsoni, è organizzata su due livelli. Il primo raffigura una loggia continua sostenuta da colonne e arricchita, nei lati corti, da due piccole cupole con lanterna; il secondo, che s’imposta sull’architrave della galleria sottostante, è composto da finestroni, due archi e una grande apertura centrale attraverso la quale si scorge un cielo ingombro di nuvole.
Tra queste nubi sono raffigurati alcuni putti, Eosforo, Selene e, addormentato ai suoi piedi, Endimione assieme al fedele cane da caccia. A suggellare l’amore tra la figlia di Iperione e il re dell’Elide si trova, poco sotto i due, Cupido seduto su una delle traverse della quadratura architettonica, ritratto mentre prende la mira per scoccare una freccia in direzione dell’osservatore.
Similmente al dio dell’amore, nella balaustra della galleria si trovano alcuni putti seduti in varie pose;completano la decorazione frutti, armi, vasi con fiori e, al centro dei lati lunghi, due cornici dorate appese all’architettura entro cui sono raffigurati edifici in rovina. Vedute di rovine si trovano anche sotto le finestre verso il cortile interno, inserite incornici mistilinee poste all’interno di una finta architettura che simula un parapetto.

Edoardo Lo Cicero

Scalone

Nell’ala a sera del palazzo, posto in asse con il portico del cortile interno, si trova il grande scalone d’accesso al piano nobile, organizzato su due rampe con una massiccia balaustra in pietra.
La decorazione, che coinvolge esclusivamente la volta, fu eseguita da Giacomo Antonio Boni durante il suo primo soggiorno bresciano (Zanotti 1739, p.233) che dovette avvenire in un momento compreso tra il 1727, quando il pittore bolognese restaurò la Madonna col Bambino di Nicolò da Voltri nel santuario della Costa a Sanremo (Rotondi 1952, p. 68; Thieme-Becker 1978, p. 544), e il 1730, anno in cui l’artista iniziò i lavori nel palazzo Casareto De Mari a Genova (Thieme-Becker 1978, p.544). Per una datazione più tarda, posteriore al 1737, propende invece Camillo Boselli (Boselli 1974, p. 15), la cui ricostruzione non trova però riscontro in nessuna documentata permanenza bresciana di Boni attorno a quel periodo. Il pittore bolognese, infatti, ritornò a Brescia solo un’altra volta nel 1733 per attendere ai lavori della chiesa di Santa Maria della Carità, che concluse entro l’agosto dello stesso anno (Zanotti 1739, p. 233; Thieme-Becker 1978, p. 544; Frisoni 2013, p. 51).

La parte centrale dell’affresco,che occupa la maggior parte della volta, raffigura, entro un cielo ingombro di nuvole, la Sicurezza seduta a fianco della Verità mentre vienesvelata dal Tempo, i cui attributi, ovvero la clessidra e l’uroboru, sono portati da un putto nelle sue vicinanze. Al di sopra di questo gruppo, poi, si trovano le allegorie delle quattro stagioni, mentre al di sotto vi sono diverse figure alate e due divinità dei venti. Alle due estremità minori, si trovano due balconate sorrette da colonne e lesene, eseguite forse da Giuseppe Orsoni, quadraturista con il quale Boni ebbe un lungo sodalizio.
L’affresco è contenuto entro una cornice mistilinea in stucco, abbellita a sua volta da fasce e motivi vegetali.
Completano la decorazione di questo ambiente due grandi tele appese alle pareti, che narrano episodi della vita di Coriolano, le quali, stando a quanto afferma Fausto Lechi (Lechi 1977, p. 37), furono dipinte nel 1793, in origine per abbellire il salone.

Edoardo Lo Cicero

Sala 2 Quadratura

Questa sala, probabilmente un tempo adibita ad alcova, è posta all’estremità sud-ovest del palazzo verso il cortile interno e fu decorata in stile tardo barocco nella seconda metà del XVIII secolo.
L’ornamentazione coinvolge solo il soffitto, dipinto da un ignoto quadraturista con un complesso trompe l’oeil che simula una complicata architettura in pietra, marmo e stucchi color pastello. Negli angoli della cimasa, trovano posto vasi e mazzi di fiori, mentre, a metà della lunghezza delle pareti, sono collocate delle cornici mistilinee ove sono raffigurati al loro interno quattro temi legati a celebri amori mitologici: il ratto d’Europa, Perseo e Andromeda, Polifemo, Aci e Galatea ed Ercole e Deianira.

Edoardo Lo Cicero

Sala 1 Minerva, Giunone, Venere e Cupido

Questa sala, posta verso il cortile nell’angolo sud-ovest del palazzo, fu decorata sul finire del XVIII secolo secondo il gusto neoclassico allora in voga.
La decorazione coinvolge principalmente il soffitto, nel quale un ignoto quadraturista ha dipinto una volta a padiglione al cui centro si apre un grande oculo delimitato da un parapetto. Nelle vele di questa finta architettura trovano posto diverse specchiature, decorate al loro interno da vasi, foglie d’acanto e motivi a candelabra, mentre al centro della volta, comodamente sedute su delle nuvole, sono raffigurate Minerva, Giunone, Venere e Cupido.
Altre due piccole decorazioni d’ispirazione vegetale sono dipinte su legno nella parte superiore degli infissi delle due finestre che guardano verso il cortile interno.

Edoardo Lo Cicero

Sala delle porte

All’interno diquest’ambiente, posto a sera della sala Maggi e suddiviso oggi in tre salette più piccole, sono conservate “sei bellissime porte” (Lechi 1977, p. 108) decorate nella seconda metà del XVIII secolo. Le ante e i piccoli soprapporta incastonati entro cornici in pietra dal timpano inflesso e spezzato sono dipinti paesaggi dai toni bucolici racchiusi all’interno di cornici mistilinei.

Edoardo Lo Cicero

Sala Gambara

Posta verso il cortile interno e dirimpetto alla sala Maggi, quest’ambiente si trova a mattina del ballatoio del grande scalone centrale e fu decorata da un ignoto quadraturista, tra il finire del XVIII secolo e l’inizio del XIX.
La decorazione è molto semplice e coinvolge il soffitto, nel quale si trova una sobria divisione in specchiature campite con colori pastello, e il parapetto di solamente una delle due finestre, anch’esso dipinto con specchiature e due semplici motivi d’ispirazione vegetale.

Edoardo Lo Cicero

Sala Maggi

Rivolta verso la facciata, questa piccola sala si trova immediatamente a mattina del grande scalone e fu dipinta da un quadraturista tuttora ignoto, nella seconda metà del XVIII secolo.

La decorazione coinvolge solo il soffitto, organizzato in un’unica grande specchiatura entro cui è collocato un medaglione ovale. Questi motivi architettonici sono resi tramite finti stucchi in stile tardo barocco arricchiti dall’artista con l’aggiunta d’inserti naturalistici quali rami e fiori.

Edoardo Lo Cicero

Sala Morstabilini

Posta a mattina dello scalone, la decorazione di questa grande sala fu eseguita da Ludovico Bracchi durante il restauro seicentesco che la famiglia Maggi operò sulla parte più antica del palazzo. La famiglia si rivolse a un artista bresciano poco noto che, nei dai rari documenti a disposizione, ebbe modo di lavorare sul finire del XVII secolo anche presso il palazzo Broletto (Giulio Antonio Averoldi, Le scelte pitture di Brescia, 1700, p.51) e il palazzo Gambara di Verolanuova (Camillo Boselli, Nuove fonti per la storia dell’arte. L’Archivio dei Conti Gambara presso la Civica Biblioteca Queriniana: Il Carteggio, Venezia 1971, p. 113). Purtroppo, gli affreschi di questa sala dovettero soffrire molto nel corso degli anni, specialmente durante l’apertura delle otto finestre eseguita dall’architetto Antonio Marchetti nella seconda metà del Settecento, e si presentano oggi abrasi e con consistenti cadute di colore.

La decorazione, che coinvolge l’intera superficie del soffitto, è composta da un grande trompe l’oeil immaginato dall’artista come un loggiato a serliane sormontato da una balaustra fortemente aggettante arricchita da due piccole cupole nei lati corti. All’interno di questa galleria, entro nicchie o distesi sui timpani delle porte, sono posti diversi busti, statue e putti che mostrano una forte alterazione del colore originale.
Al centro della volta, la quadratura architettonica si dischiude in una grande apertura, attraverso la quale è possibile scorgere un cielo ove sono raffigurati, negli angoli, le allegorie dei quattro continenti sedute su delle nuvole e, nel mezzo, un globo su cui siedono il Tempo, l’Eternità e una curiosa figura dalle orecchie di fauno che tiene in mano un rotolo con i segni dello zodiaco, un’inusuale raffigurazione della ciclicità del tempo, sottolineata anche dal putto che, poco più sotto, sorregge il cartiglio con la dicitura “DIVISUS UNUS”.

Edoardo Lo Cicero

Scalone

Il vasto scalone, progettato da Antonio Marchetti nel Settecento per volere della famiglia Gambara, è posto esattamente al centro del fabbricato.

Definito da Fasto Lechi come “uno dei più grandiosi in Brescia” (Lechi 1977, p. 108), in quest’ambiente il visitatore viene accolto da un’ampia scalinata che porta a un primo ballatoio, ai lati del quale, a distanza di pochi gradini, se ne trovano altri due da cui si dipartono le rampe finali che portano al piano nobile. Nelle pareti, decorate con lesene a fusto scanalato e capitello corinzio, si aprono tre porte e diverse finestre con balaustra che presentano tutte lo stesso particolare timpano a forma di “pagoda”, forse un riflesso della moda per le cineserie (Lechi 1977, p. 108). Completano infine la decorazione delle pareti due stucchi in cui sono raffigurati, entro una cornice d’ispirazione vegetale, gli strumenti della pittura e dell’architettura.
L’intero vano della scalinata è coperto da una grande volta lunettata, ove nelle unghie sono dipinti alcuni finti stucchi con foglie d’acanto e cornici abbellite da diversi elementi d’ispirazione vegetale, mentre nei fusi sono raffigurate mensole su cui si appoggiano una ricca serie di armi, scudi, elmi, insegne (tra cui quella della famiglia Gambara) e, nella parete sud, anche una tavoletta dove il quadraturista Saverio Gandini firma e data al 1768 il suo lavoro (XAVERIUS GANDINI CREMO. PINXIT 1768). Nella parte centrale della volta è raffigurato un imponente trompe l’oeil con una prima balaustrata che sorregge, tramite coppie di colonne corinzie in marmo dal colore violaceo, una trabeazione alquanto movimentata dall’inserimento di timpani inflessi e spezzati. Più sopra si estende una cupola a lacunari appoggiata a un alto tamburo.

Edoardo Lo Cicero

Sala 5 Tre Grazie

Come per l’adiacente“Sala da pranzo” (Sala 1), anche la decorazione di questo ambiente si deve alla mano di Giuseppe Teosa,che vi lavorò nei primi anni dell’Ottocento.

La decorazione delle pareti si limita a pochi elementi:una fascia che corre continua nella parte alta ove si alternano putti e cigni tra girali d’acanto; più sopra, una modanatura semplice e una bassa fascia con un motivo vegetale.
Al centro del soffitto, libero da cornici o quadrature architettoniche, è dipinto il gruppo delle Tre Grazie, (Alagia,Eufrosine e Talia),accompagnate da una coppia di putti e da Cupido su una nuvola.

 

Edoardo Lo Cicero