La sala, collocata nel corpo di fabbrica a sera del palazzo e un tempo adibita a sala da pranzo, venne decorata da Giuseppe Teosa nei primi anni dell’Ottocento per volere della famiglia Bellotti, da poco tempo divenuta proprietaria dell’edificio.
La decorazione delle pareti presenta, sopra ad un alto zoccolo con finti marmi, tre grandi riquadri racchiusi entro coppie di lesene arricchite da un inserto policromo che, contenuto entro una cornice dagli angoli smussati, accoglie una figura femminile vestita con il peplo tra motivi vegetali. Il riquadro più ampio, posto nella parete occidentale e illuminato dalla luce naturale proveniente dalle finestre aperte nella parete di fronte, mostra un paesaggio dove un tempio antico, popolato da figure vestite alla maniera classica, dialoga con architetture di più recente invenzione ove si scorgono altri personaggi in abiti contemporanei. Nel riquadro della parete nord si scorge un’altra veduta con architetture e figure immerse entro un contesto bucolico, mentre in quello della parete sud è dipinto un paesaggio alberato, la cui visione è però preclusa da una cornice dipinta contenente la specchiera posta sopra il camino ove sono ritratti due putti intenti a giocare con una ghirlanda di fiori appoggiati sopra la cornice, creando un legame tra lo spazio reale della stanza e quello illustrato nel riquadro. L’esecuzione di queste vedute si deve, viste le numerose affinità con alcuni affreschi di palazzo Panciera di Zoppola (Tanzi 1984, pp. 101-103), alla bottega teosiana, pure se sono state attribuite anche a Giuseppe Manfredini (Lechi 1974, p. 231; A. Rapaggi 2014, p. 27), forse sulla scorta delle numerose collaborazioni che il pittore ebbe con Giuseppe Teosa. Al pittore clarense si devono anche i quattro soprapporta con le allegorie delle Stagioni,il fregio continuo composto da un motivo a grisaille con uccelli, vasi, fiori e teste leonine nella parte alta delle pareti e la decorazione della volta. Quest’ultima presenta nelle quattro vele una ripartizione in otto specchiature: quelle angolari sono decorate con un motivo monocromo su sfondo verde che ritrae due figure femminili e un mascherone alato tra tralci di vite;le specchiature principali ospitano, nei lati a mattina e sera, un vaso con coperchio, girali d’acanto e due putti intenti a giocare con una ghirlanda, e in quelle più ampie la medesima composizione vegetale di gusto neoclassico animata però dalla presenza di Amore (a nord) e Psiche (a sud). Infine, la parte piana della volta è occupata per la massima parte da un grande medaglione ovale entro cui sono rappresentai Apollo, Artemide e due putti. Ai bordi del medaglione trovano posto due mascheroni e quattro specchiature che rappresentano, in monocromo su di un tenue sfondo viola, un putto aggrappato ad un’aquila.
Edoardo Lo Cicero
Le decorazioni di questa scala, che in origine era utilizzata dalla servitù, risalgono ai primi decenni dell’Ottocento,quando,in occasione dei lavori commissionati da Antonio Bellotti, diversi ambienti dell’ala a sera del palazzo vennero aggiornati al nuovo gusto neoclassico.
Alle pareti si trovano dipinti, in monocromo, lo stemma dei Bellotti (uno scudo sormontato da un elmo ove nel primo partito si trova un leone rampante e nel secondo una scala posta in sbarra ed un sole), una natura morta con selvaggina e pentolame posta all’ingresso delle cucine e due fasce continue che seguono l’andamento delle rampe (quella collocata nella parte alta delle pareti è composta da festoni e motivi a volute, mentre quella inferiore presenta una successione di foglie d’acanto).
Nel soffitto, al cui centro si apre un grande lucernario, la decorazione è suddivisa in otto specchiature. In quella angolari è dipinto, su sfondo verde, un motivo con foglie d’acanto, due cigni e un vaso, mentre in quelle centrali vi è un grande mascherone che rielabora, come si può desumere dal cappello alato, la figura di Mercurio. A dividere le specchiature una dall’altra vi sono delle lesene ornate da un finto bassorilievo decorato con piante, frutti e teste leonine.
Edoardo Lo Cicero
La decorazione del soffitto venne eseguita entro la prima metà del XVIII secolo per volontà dei fratelli Oldofredi, al tempo proprietari del palazzo.
Come per la sala adiacente, anche in questo ambiente la decorazione è dipinta su finti cassettoni in legno sagomato ove si svolge un ricco repertorio decorativo di gusto barocchetto di ispirazione vegetale,il quale, condotto per la maggior parte in monocromo per imitare marmi e stucchi, presenta anche note di tipo naturalistico come gli otto vasi di fiori rappresentati in forte scorcio dal basso verso l’alto e l’inserimento di rami di edera tra un finto cassettone e l’altro.
Negli angoli si trovano quattro tele incassate racchiuse entro cornici mistilinee dorate. In esse sono rappresentate le allegorie delle Quattro stagioni tramite la rappresentazione di putti su sfondi particolarmente cupi, forse per dare più risalto ai toni chiari che pervadono il resto del soffitto.
Edoardo Lo Cicero
Collocata nel corpo centrale del palazzo, questa sala conserva interventi decorativi avvenuti in due momenti diversi.
Il più antico, eseguito nei primi decenni del XVIII secolo quando i proprietari del palazzo erano i fratelli Ettore ed Ercole Oldofredi, si trova nel soffitto. Questo è composto da finti cassettoni di legno sagomato ove si inseriscono, tra cornici mistilinee dorate, diversi motivi di ispirazione vegetale, alcuni svolti in monocromo per emulare lo stucco, altri di forte impronta naturalistica, come ad esempio le foglie di vite che si scorgono in vicinanza del grande oculo centrale. Negli angoli della volta si trovano quattro tele ovali incassate rispetto al resto del soffitto che rappresentano, in monocromo celeste e fortemente scorciati dal basso, i Quattro continenti. Infine al centro, anch’essa rientrante rispetto alla cornice, si trova una grande tela dai contorni mistilinei in cui è rappresentato il Trionfo di Roma,interpretato attraverso l’immagine di Minerva con in mano una Nike, seduta sulle armi dei vinti, i quali, spogliati e legati vengono tenuti sotto controllo dai soldati vittoriosi. Il motivo della scelta di questo tema, nuovissimo nella città di Brescia a quel tempo, non è chiaro: Fausto Lechi ipotizza potesse esser stata eseguita su indicazione di un qualche studioso votato allo spirito classico, oppure di un membro della famiglia Oldofredi che non voleva ricordare il trionfo di Venezia (Lechi 1974, p. 226).Secondo Antonio Rapaggi, la paternità della decorazione del soffitto potrebbe essere assegnata a Carlo Innocenzo Carloni o ad uno dei suoi più stretti collaboratori, la cui mano lo studioso riconosce anche nell’adiacente “Sala 4” e nello scalone a mattina (Rapaggi 2014, p. 24).
Durante i lavori di trasformazione in chiave neoclassica di alcuni ambienti, intrapresi nella prima metà dell’Ottocento dai nuovi proprietari, le pareti della sala sono state arricchite da una fascia continua realizzata da Giuseppe Teosa, composta da finti bassorilievi in monocromo che rappresentano putti, figure all’antica, candelabre e motivi vegetali alternati a riquadri ottagonali policromi ove sono raffigurate le muse Thalia, Melpomene, Euterpe, Urania, Calliope ed Erato in compagnia di diversi putti.
Edoardo Lo Cicero
La prima sala a sinistra della galleria venne decorata secondo un gusto affine al barocchetto lombardo, nella prima metà del XVIII secolo, per volere dei fratelli Ettore ed Ercole Oldofredi.
La volta è ornata da un esuberante dispiegamento di motivi di ispirazione vegetale, condotti per la maggior parte in monocromo con tinte pastello, ma con l’inserimento anche di elementi di carattere naturalistico, qualirami di edera, fiori e vasi rappresentati in forte scorcio dal basso verso l’alto. A conferire maggior rilievo plastico e luministico alla decorazione vi sono dei piccoli inserti dorati.
Edoardo Lo Cicero
Uno dei lavori eseguiti dalla famiglia Oldofredi nella prima metà del XVIII secolo fu l’inserimento di due scaloni alle estremità dell’edificio. Se la scala a sera era pensata ad uso di servizio, quella a mattina rappresentava la via d’accesso principale al piano nobile, motivo per cui venne riccamente decorata secondo il gusto tardo barocco diffusosi in quegli anni a Brescia.
Essendo stati ricavati entro l’edificio preesistente,entrambi gli scaloni dovettero essere progettati per non pesare eccessivamente sulla struttura, motivo per cui, invece che pesanti balaustre in pietra, si trovano delle ringhiere in ferro battuto, le cui volute e motivi ritornano anche nel parapetto del balcone centrale che guarda verso il cortile e nel grande cancello inserito all’ingresso del palazzo.
L’intero vano dello scalone è decorato da finte specchiature architettoniche molto semplici, sia sulle pareti che sulla parte inferiore dei ballatoi del primo e secondo piano. Il soffitto è composto anch’esso da dodici specchiature, ornate al loro interno da più complessi motivi vegetali e, in quelle più grandi poggianti sui lati, anche da clipei con la raffigurazione delle Stagioni. Al centro si trova, entro una finta cornice dorata con motivo vegetale, un medaglione dove sono rappresentati Aurora, due putti, Eosforo con in mano la fiaccola (ovvero la stella del mattino) e, più in basso, una figura maschile addormentata che sta per essere svegliata. Questa allegoria potrebbe alludere al risveglio della ragione, tema che in età Illuminista si ritrova proposto anche in altre dimore di ambiente bresciano come villa Lechi a Montirone, palazzo Gaifami a Brescia e Villa Mazzucchelli a Ciliverghe.
Edoardo Lo Cicero
Attribuita alla mano di Giuseppe Manfredini, coadiuvato forse da Giuseppe Dragoni (Rapaggi 2014, p. 29), la galleria del piano nobile presenta una pianta a T, dovuta all’unione tra il preesistente corridoio che divideva a metà gli ambienti del corpo centrale del palazzo e la chiusura dell’antica loggia che sovrastava il cortile interno, avvenuta nei primi decenni del XVIII secolo per volere della famiglia Oldofredi.
Le pareti del segmento più grande della galleria, ovvero quello che un tempo era la loggia del palazzo, sono decorate con un finto basamento di marmo sopra il quale è posta una fascia ornata da volute e foglie d’acanto in grisaille. Lo stesso tema è ripreso anche nella finta trabeazione che corre nella parte alta delle pareti, sotto la quale si trovano delle grandi cornici decorate con candelabre e motivi vegetali policromi. Il soffitto piano presenta un’articolata partitura architettonica, suddivisa in numerose specchiature. Certune sono di forma ottagonale, racchiuse da una cornice dorata e decorate al loro interno da un motivo policromo con foglie d’acanto, mentre le altre sono dipinte a grisaille e contengono, in quelle più piccole e di forma quadrata dei mascheroni e dei tralci di vite, mentre, in quelle più ampie, una complessa decorazione con foglie d’acanto, aquile, elmi e spade.
La sezione più breve che compone la galleria, posta a metà degli ambienti del corpo centrale della fabbrica, presenta, nella volta a botte, una decorazione a finti cassettoni in monocromo ove trovano posto motivi vegetali, vasi, gufi e rosoni.
Edoardo Lo Cicero
Al pian terreno dell’edifico si trova un piccolo ambiente che svolge oggi la funzione di cappella.
La semplice pianta quadrata di questa sala è movimentata da un’inusuale volta a ombrello costituita da otto unghie e sezionata da un piano orizzontale che viene a formare, al centro del soffitto, una superficie ottagonale.
La decorazione, eseguita forse da Giuseppe Dragoni nei primi decenni dell’Ottocento(Rapaggi 2014, p. 29), coinvolge esclusivamente il soffitto, la cui particolare struttura è messa in risalto da modanature a meandro dipinte che ne sottolineano le forme. All’interno di queste cornici trovano posto: al centro del soffitto la raffigurazione di Elio, il dio del Sole; nelle otto vele dei motivi allegorici in stile neoclassico; e infine, nelle dodici lunette vi sono armi, scudi, elmi e trombe in quelle angolari, mentre, in quelle poste al centro, le allegorie delle quattro Stagioni.
Edoardo Lo Cicero
In origine destinato al gioco d’azzardo, questo ambiente venne costruito a ridosso dell’ex sala accademica nel primo decennio dell’Ottocento, in concomitanza con il riallestimento della sala teatrale da parte di Luigi Canonica. Divenuta successivamente nota con il nome di “saletta neoclassica”, la decorazione di questo locale venne affidata a Giuseppe Teosa che la portò a termine nel 1811.
Alle pareti si trovano dipinte, sopra ad un’alta zoccolatura, nicchie, lesene dai fusti scanalati con capitelli corinzi, soprapporte e specchiature dal fondo verde salvia sulle quali si collocano elementi ornamentali monocromi in finto stucco. Nella parete maggiore, priva di aperture, la rappresentazione principale è suddivisa in tre sezioni racchiuse entro due strette specchiature decorate da un putto e un girale d’acanto. Nella sezione centrale è rappresentato in finto stucco il rapimento di Deinara da parte del centauro Nesso, un soggetto che, se in prima istanza appare distante dal contesto di utilizzo della sala, si configura come un rimando a pulsioni violente e sottili sottintesi erotici che ben si adattavano ad un luogo privato e frequentato da una ristretta cerchia di nobili. Nelle due nicchie laterali sono invece raffigurate le finte statue dell’allegoria della Fortuna e dell’Abbondanza, che si collocano in maniera più chiara entro il contesto iconografico tipico delle sale destinate al gioco d’azzardo. Nella parete opposta vi sono due ampie finestre laterali e, tra di loro, un camino in marmo giallo con specchiera, cui sopra si colloca un riquadro raffigurante due putti tra foglie e girali d’acanto. Completano la decorazione delle pareti due soprapporta posizionati nei lati minori che ritraggono quattro putti che giocano a carte ed un gruppo che si azzuffa. Nuovamente, nella decorazione della sala, vengono a convivere i temi più strettamente legati all’attività ludica e quelli inerenti invece gli istinti umani.
Tra i capitelli delle lesene corre un fregio composto da satiri, felini e girali d’acanto, e, sopra di esso, una finta trabeazione che segna la fine delle pareti e l’inizio delle vele che formano la volta a botte ribassata che copre la sala. Sopra al cornicione vi è un motivo continuo a finto stucco con festoni, foglie d’acanto e sei gruppi di coppie di nudi e figure all’antica sedute su zoccoli che contengono, nella parte centrale, finti medaglioni in bronzo sbalzato con teste. Al centro della copertura vi è un medaglione compreso entro una cornice con pampini e grappoli d’uva in monocromo su fondo giallo ocra. In esso sono rappresentati: nelle piccole specchiature laterali delle cornucopie tra corone di fiori, mentre nel riquadro centrale è dipinta una scena con Diana, tre ancelle, Mercurio e Cupido. Sia Mercurio che Diana hanno il braccio disteso con la mano aperta verso tre dadi che giacciono a terra tra i due, esplicitando così il tema del gioco d’azzardo, nella quale è presente anche una velata sensualità, identificabile nel seno scoperto della dea e nella presenza di Cupido.
Edoardo Lo Cicero