Camera del fuoco

A sinistra del salone si trova la cosiddetta Camera del fuoco (Sala 3), caratterizzata dalla presenza di un camino con specchiera in stile neoclassico, progettato da Rodolfo Vantini nel 1838. La decorazione pittorica della volta e delle soprapporte risale invece all’intervento di Luigi Basiletti: le sopraporte con coppie di putti, ghirlande, ara e cornicetta neoclassica, sono state realizzate dallo stesso Basiletti tra il 1810 e il 1814, mentre il soffitto è considerato opera della scuola di Manfredini. Ai quattro lati si inseriscono riquadri con paesaggi, molto danneggiati e di difficile lettura. Lungo i lati corti, tra i riquadri paesaggistici, è collocata una figura maschile alata con in mano un ramo di palma, in piedi su una biga trainata da quattro cavalli. Lo spazio centrale del rettangolo della volta è occupato da un medaglione circolare sostenuto da quattro figure alate con gambe a foglie d’acanto, connesse le une alle altre da un filo di perle rosse. Anche queste figure appaiono rovinate e sbiadite. Il medaglione è articolato in riquadri determinati dalla sovrapposizione di una losanga e di quattro archi: gli spicchi lungo il perimetro circolare sono dipinti con girali d’acanto a monocromo su fondo verde; le basi degli archi presentano un decoro in finto stucco su fondo chiaro, mentre la fascia è dipinta con coppie di arieti e girali d’acanto a monocromo su fondo blu; negli angoli della losanga si trovano coppie con putto a cavallo di un centauro; i pennacchi tra gli archi e l’oculo centrale sono decorati con teste circondate da corone di vite su fondo oro in finto mosaico; l’oculo centrale, circondato da una cornice con teste e girali d’acanto a monocromo su fondo oro, mostra una scena di soggetto classico, con suonatrice di tamburello, due putti a cavallo di un caprone e figura maschile nuda con drappo che tiene in mano un lungo bastone. Il fregio continuo che corre nella parte superiore delle pareti è composto da coppie di cigni separate da fontane e bracieri accesi, dipinti in monocromo su fondo oro.

Salone delle adunanze

Le porte del lato nord della galleria conducono nell’ala settentrionale del palazzo, sempre allestita durante gli interventi di Basiletti. Il primo ambiente che si incontra è detto Salone delle adunanze (Sala 2), ed è formato dall’unione di due sale distinte, che presentano differenti pavimenti e affreschi nei soffitti, mentre la tappezzeria rossa che riveste le pareti di tutta la sala risale al 1926-1927. Il soffitto della prima metà della sala è dominato da una finta cupola in monocromo grigio inserita in un soffitto con cassettoni a losanga. Lo spazio tra la cassettonatura e la fascia circolare della cupola è occupato da leonesse e girali di pampini d’uva in monocromo su fondo ocra. La fascia circolare presenta un delicato fregio a grottesche, con girali d’acanto, drappi e sirene senza braccia con coda a foglie d’acanto, separate da quattro tondi con putti e figure femminili all’antica. La superficie della cupola emisferica è dipinta a cassettoni ottagonali con rosone. La quadratura architettonica è circondata da una fascia con motivi vegetali e girali d’acanto su fondo verde acqua, interrotti da riquadri con fiore in monocromo su fondo oro. Le tele delle soprapporte, realizzate da Basiletti e in parte rifatte da Arturo Castelli, rappresentano soggetti classici: Le tre Parche; ???; Venere, Adone e Cupido.

La composizione del soffitto della metà successiva riprende lo stesso schema del primo e il medesimo riquadro centrale con finta cupola. La fascia circostante è invece più ricca ed è eseguita con colori vivaci e brillanti. I riquadri angolari fingono delle nicchie con bruciatori dai quali fuoriesce del fumo, mentre quelli lungo i lati, delimitati da tralci d’uva a monocromo su fondo blu, fingono drappi bianchi dipinti con grottesche (erme, putti, drappi, collane di perle rosse, girali d’acanto, sfingi, serpenti, motivi vegetali, centauri, leonesse con i cuccioli, rilievi all’antica, mostri e creature fantastiche, canestri di fiori e di frutta, anfore, spighe di grano) e due lunette a paesaggio. Entrambi i soffitti sono ascrivibili a Giuseppe Manfredini. Le tele delle soprapporte, sempre di Basiletti, raffigurano: La madre dei Gracchi; Pericle e Asperia; Faone e Saffo.

Galleria

Dallo scalone si accede alla Galleria (Sala 1) con volta affrescata in concomitanza con i lavori eseguiti tra il 1810 e il 1814, sotto la direzione di Luigi Basiletti. Il soffitto è decorato con una quadratura architettonica neoclassica, che suddivide la superficie in tre campate divise da fasce. Lo spazio tra i vari elementi architettonici è occupato da finti stucchi con motivi a grottesca, mentre le finte travi divisorie sono ornate da cassettoni esagonali contenenti elementi floreali. Al centro di ciascuna campata si inserisce un oculo, prospetticamente scorciato, aperto su un cielo con nubi rosate. L’opera è stata attribuita alla scuola di Giuseppe Manfredini.

Sala 1

La volta della prima sala (Sala 1) è decorata con una quadratura architettonica composta da un doppio cornicione con mensoloni, volute in stucco, conchiglie, decori dorati e festoni di foglie, uva e mele cotogne. Il cornicione dal perimetro mistilineo si apre su una finta cupola suddivisa in riquadri decorati alternativamente con cartouche e motivi rocaille a monocromo; l’oculo centrale inquadra due putti in volo reggenti lo stemma di Angelo Maria Querini, cappello cardinalizio e pastorale vescovile.

Atrio dello Scalone

Le pareti sono rivestite da decorazioni in stucco bianco con cartouche, mascheroni, teste, elementi vegetali, conchiglie e stemma di Querini, realizzate dalla bottega di Antonio Ferretti (Terraroli 2000, p. 64). All’interno della decorazione plastica si inseriscono venti medaglioni a monocromo (il ventunesimo è stato distrutto duranti i lavori di apertura di una porta), disposti su due registri, raffiguranti cartine geografiche ed episodi della vita di Querini (dalla parete settentrionale, procedendo in senso orario e dall’alto in basso: Angelo Maria Querini infante offerto a Venezia dalla Nobiltà assistita da Religione, Libertà e Dottrina; studio per sette anni presso il collegio bresciano di Sant’Antonio Viennese; vestizione con l’abito benedettino nel monastero fiorentino della Badia; discussione in teologia nel monastero di San Pietro a Perugia; viaggio compiuto in Olanda attraversando la Germania; viaggio in Gran Bretagna; soggiorno nei Paesi Bassi; viaggio in Belgio e Francia; Ritorno in Italia e trasferimento a Roma, dove si impegna a redigere una storia monastica d’Italia; nomina da parte di Clemente XI nella commissione per la riforma dei testi dell’officiatura greca; designazione ad arcivescovo di Corfù da parte di Innocenzo XIII; arrivo a Corfù, nomina da parte di Benedetto XIII a vescovo di Brescia; elevazione alla porpora cardinalizia; fabbriche promosse a Brescia – seminario vescovile, completamento del Duomo Nuovo, monastero delle Salesiane a Darfo e la Biblioteca – la chiesa di Sant’Edvige a Berlino e erezione del monumento funebre a Benedetto XIII, le quattro chiese romane per le quali commissionò interventi di restauro o ricostruzione – San Marco, San Gregorio al Celio, Sant’Alessio e Santa Prassede; fondazione di un seminario nell’abbazia della Vangadizza; viaggio in Svizzera, Svevia e Baviera; Donazione da parte di Benedetto XII dei propri scritti al cardinal Querini; catafalco eretto per la morte del cardinale in Duomo nuovo). Nei cartigli in stucco si trovano iscrizioni in latino che chiariscono i soggetti raffigurati nei singoli medaglioni. Tutti i medaglioni furono commissionati dai pubblici deputati della città e furono eseguiti entro il 1753, fatta eccezione per gli ultimi quattro della parete meridionale, realizzati dopo la morte del cardinale (1755) e caratterizzati da stucchi di diversa tipologia. Secondo il Carboni, le opere sono state eseguite da Bortolo Scotti, mentre per il Tassi l’autore è da identificarsi con Enrico Albrici; secondo altre interpretazioni, si potrebbe trattare di un’opera di collaborazione tra i due artisti (Baroncelli 1975, p. 198). L’angolo sinistro della parete orientale è stato affrescato da Albrici con una finta nicchia contenente una figura femminile all’antica rappresentante l’Allegoria della Sapienza del Querini (anche detta Letteratura di Querini), circondata da libri scritti dal cardinale entro il 1753. Al centro della parete settentrionale si trova invece una lapide commissionata dagli amministratori della città, sopra la quale è posto un busto del cardinale, ritenuto dalla storiografia opera di Antonio Calegari, sormontato da un cappello cardinalizio in stucco.

Il soffitto è affrescato da Tegazzi con una complessa quadratura architettonica, con cornici aggettanti, mensoloni, volute, mascheroni a monocromo e tralci di fiori. Nelle strombature angolari sono dipinte finte finestre che riprendono forma e dimensioni delle finestre reali, rivolte verso il giardino interno. La superficie posta sopra le finestre, sia finte che reali, è occupata da angeli in monocromo azzurro su un fondo dorato con rami fogliati, rose, motivi a scacchi e a grata. I quattro putti sostengono cornucopie, fronde di quercia e corone di alloro. Tra le strombature angolari, sono poste finte balconate aperte verso il cielo, caratterizzate da balaustre a pilastrino e dalla presenza di morbidi tendaggi; dalle balconate poste sui due lati maggiori si affacciato diverse figure: sul lato settentrionale una figura in armatura con lancia ed elmo, forse Minerva, sta parlando con due donne, mentre sul lato opposto si trovano una donna e un uomo con turbante e abiti orientali. I due gruppi e i putti in volo sono opera di Pietro Gatti, autore anche del medaglione centrale raffigurante l’Allegoria della Sapienza, impersonata da una figura femminile con in mano un libro aperto, seduta su una nuvola tra putti alati con libro e cartiglio. Davanti al gruppo allegorico è ritratto un sovrano con l’armatura, da alcune fonti identificato come Salomone, che si allontana dal proprio trono, circondato da armigeri, dimostrando di non essere interessato alle ricchezze che lo circondano (diversi oggetti preziosi ai piedi della scalinata, la coppa d’oro contenente gioielli tenuta in mano da una donna e la corona retta da un paggio).

Sala 5

L’ultima sala dell’enfilade (Sala 5) ha avuto una storia analoga a quella della sala precedente: è stata inizialmente utilizzata come sala museale, nel 1747 venne annessa all’appartamento del giardino, per divenire sala di lettura della biblioteca. La parte inferiore delle pareti, parzialmente coperte dalle librerie, è dipinta con finte zoccolature a monocromo, dalle linee mosse e ondulate, di chiara ispirazione rococò. Il fregio superiore è composto da volute in finto stucco che lasciano intravedere tende e nappe rosse, cime di alberi mosse dal vento, uccelli in volo e un cielo con nuvole bianche; al centro di ogni lato, stemmi privi di simboli araldici. Lo stemma della famiglia Querini si trova invece nei timpani in finto stucco dipinti sopra le finestre. La copertura, in legno e travi a vista, è dipinta con una quadratura architettonica in finto stucco, con motivi a foglia d’acanto, volute, campiture in oro-ocra, festoni di foglie e fiori.

La decorazione pittorica è stata realizzata da Antonio Tegazzi nel gennaio del 1748 (Apolli 2009, pp. 84, 86)

Sala 4

In origine, la sala 4 era stata adibita a museo, ma dal marzo 1747 venne annessa all’appartamento del giardino e solo in seguito divenne una sala di lettura della biblioteca. L’uso abitativo è confermato anche dall’apparato pittorico, che interessa non solo la volta e il fregio, ma anche la parte delle pareti in seguito coperta dalle scaffalature. Nelle pareti, infatti, sono riprodotte delle finte zoccolature marmoree che riprendono le tonalità delle campiture rettangolari presenti nelle spalle delle finestre. Le parti di parete sopra le porte e le finestre sono dipinte a monocromo con timpani spezzati dalle linee rococò. Il fregio che corre nella parte superiore simula decorazioni rocaille in stucco e marmo, con lo stemma cardinalizio del committente affrescato al centro di ogni lato. Il soffitto ligneo, con travi a vista, è dipinto con una quadratura architettonica in finto stucco, con motivi a foglia d’acanto, volute, ornamenti e campiture in oro-ocra, festoni di foglie e composizioni floreali. La decorazione pittorica è stata realizzata da Antonio Tegazzi nel gennaio del 1748.

Sala 2

Il soffitto della sala attigua (sala 2) è nuovamente affrescata con una quadratura architettonica a doppio volume: la cornice esterna, riccamente decorata con stucchi (cartouche, volute, frutti) e composizioni di rose nelle nicchie angolari che fuoriescono da coppe, si apre su una cupola con quattro finestroni. I colori dominanti sono giocati sulle tonalità tenui dei rosa, dei verdi e degli azzurri.