Teatro Grande, già Sede dell’Accademia degli Erranti
L’Accademia degli Erranti, istituita nel 1619 da un gruppo di eruditi appartenenti all’aristocrazia bresciana, cercava da tempo una sede definitiva per svolgere le proprie attività. Fu trovata, dopo diverse peregrinazioni in spazi provvisori, solo nel 1639, quando l’Accademia ottenne dal governo bresciano la gestione della casa del vicario collaterale, situata nei pressi di piazzetta Panagora sul terreno dove sorge tuttora il Teatro Grande. Affidandosi agli architetti Giovanni Battista e Teodoro Avanzi, gli Accademici intrapresero subito diversi lavori di risistemazione della propria sede facendo erigere un grande loggiato affacciato sul campo destinato agli esercizi cavallereschi, una vasta sala dedicata alle riunioni e altri ambienti più raccolti destinati a vari usi.
Le vicende che legarono le sorti dell’Accademia al mondo del teatro ebbero inizio nel 1664 con la concessione data all’impresario Antonio Branzino di poter costruire un teatro sotto i portici della cavallerizza. Il teatro fu poi rinnovato nel 1710, con la decisione di murare la loggia e sostituire gli ormai vecchi e precari palchi con una nuova struttura lignea progettata dall’architetto Francesco Pinolla.
Nel 1739 la nuova sala teatrale subì un grave danno strutturale, tanto che si rese necessario demolirla assieme alla soprastante sala accademica e costringendo gli Erranti a dover ricostruire la propria sede. Su consiglio degli scenografi Pietro Righini e Antonio Cugini, incaricati della conduzione dei lavori, gli Accademici decisero di concentrare le proprie risorse economiche in prima istanza sull’edificazione di una più vasta sala teatrale, e dedicarsi solo in un secondo momento alla sala delle riunioni accademiche, in seguito nota come Ridotto, sperando che l’affitto di un maggior numero di palchi fruttasse presto le entrate sufficienti per iniziarne i lavori, che tuttavia ebbero inizio solamente nel 1760.
L’ultima trasformazione architettonica che l’Accademia degli Erranti apportò alla propria sede prima del suo scioglimento, avvenuto nel 1797 a causa delle riforme napoleoniche, riguardò la facciata verso Corso Zanardelli. Tra il 1772 ed il 1783 l’impatto scenografico e monumentale dell’edificio era stato decisamente ridotto dalla costruzione dei portici previsti dal programma di riqualificazione di quella che al tempo era la piazza del Mercato del Vino. Deputati Pubblici ed Erranti decisero allora di restituire lustro al prestigioso edificio intraprendendo i lavori che condussero all’edificazione di quello che è l’attuale prospetto del Teatro Grande, la cui lunga fase esecutiva, protrattasi dal 1784 al 1790, si concretizzò nella fusione dei disegni degli architetti Antonio Vigliani, Gaspare Turbini e Bortolo Vigliani. Ne risultò una facciata organizzata in un pronao diviso in una parte centrale scandita da quattro colonne con bugnatura a fasce e capitelli ionici, le quali vanno a fondersi con i pilastri di due ulteriori aperture laterali, simili a portali indipendenti. L’altezza delle colonne e dei pilastri è doppia rispetto alle arcate dei portici circostanti, permettendo così di distinguere immediatamente il corpo di fabbrica. Sopra ad il pronao poggia una trabeazione su cui si imposta la trabeazione della terrazza.
Nel corso del XIX secolo, il Teatro Grande subì ulteriori modifiche. Il primo cambiamento riguardò il rifacimento, nel 1810, della grande sala teatrale secondo il progetto dell’architetto milanese Luigi Canonica e le decorazioni di Giuseppe Teosa, che vi rappresentò un’allegoria dedicata ai successi militari di Napoleone. Allo stesso torno di anni si colloca anche la costruzione di un ambiente dedicato ai giochi d’azzardo, la cosiddetta Saletta neoclassica, la cui decorazione venne affidata ancora una volta a Teosa, che la completò entro il 1811.
Un’ulteriore modifica interessò la sala teatrale nel 1862, la cui decorazione legata alle imprese napoleoniche, ad un anno di distanza delle recente proclamazione del Regno d’Italia, venne sentita inopportuna e quindi sostituita da una fastosa ornamentazione neobarocca, opera del pittore Luigi Campini e dello scenografo Girolamo Magnani, quest’ultimo coinvolto nello stesso momento anche nella risistemazione della Sala delle Statue.
Ultimo intervento ottocentesco fu, nel 1894, il restauro che Antonio Tagliaferri operò nella sala del Ridotto.
Edoardo Lo Cicero
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