Villa Fenaroli

Le storia della costruzione di villa Fenaroli è strettamente legata alle vicende della famiglia Avogadro (Marubbi, 2000, p. 73), che nel corso del XVII secolo acquistò diversi edifici e terreni attigui, ampliando notevolmente la proprietà cinquecentesca. Nel 1715, alla morte di Scipione Avogadro, i figli si occuparono della ristrutturazione dell’edificio grazie all’intervento dell’architetto Giovan Battista Marchetti e in seguito del figlio Antonio, che diedero alla villa l’aspetto maestoso che ancora oggi la contraddistingue (Zani 1985, p. 112-113). Nel 1747 infine la villa fu acquisita da Paola e Bartolomeo Fenaroli. Attualmente il complesso Villa Fenaroli Palace Hotel, di proprietà privata, è adibito all’organizzazione di eventi e a sede espositiva.
L’attuale pianta a ferro di cavallo deriva dal rimaneggiamento del primo impianto a L della villa, riscontrabile fino al 1731 nelle descrizioni storiche del complesso (Zani 1985, p. 112) e totalmente aderente alle tendenze naturalistiche settecentesche, che miravano a intrecciare gli spazi interni alla dimensione naturale del paesaggio. L’accesso alla villa si trova a ridosso del ponte realizzato da Antonio Marchetti sul Naviglio dove quattro pilastri in marmo di Botticino, sormontati da vasi marmorei di gusto barocco (Cappelletto 1958, p. 58), immettono allo spazio occupato nel corso dell’Ottocento dal giardino romantico e frutto di una rielaborazione dell’originario giardino all’italiana (Marubbio 2000, p. 73), di cui si conserva ancora il piccolo padiglione marmoreo denominato uccelliera (Cappelletto 1958, p. 58).
La sapiente costruzione prospettica mette inoltre in relazione le linee orizzontali del corpo di fabbrica con la dimensione ascendente e verticale della scalinata che si inerpica sulla collina alle spalle del complesso, fino a giungere al tempietto monoptero dedicato a Eros.
La parte centrale della villa è dominata dallo scalone a doppia rampa aggettante con una parete di fondo che riprende il motivo a bugnato dei pilastri in entrata e del porticato, creando un raffinato contrasto tra le superfici lisce e quelle più rustiche. Il frontone classico soprastante, decorato con un’aquila in pietra, armi e lingue di fuoco, slancia la statua del dio Vertumno, che si staglia dinnanzi all’attico, mero elemento decorativo, sulla cui balaustra svettano le sculture settecentesche di Flora e Pomona e due coppie di panoplie e vasi marmorei.
Per quanto riguarda le decorazioni scultoree volute dall’architetto, è reso noto da alcune fotografie di inizio Novecento che le balaustre dello scalone erano ornate con altre dieci statue in pietra di Viggiù; tali sculture si trovano oggi nella galleria della villa situata al piano terreno verso occidente e rappresentano le stagioni, due personificazioni delle arti, la Musica e la Danza, e quattro divinità, Apollo, Giove, Marte e Giunone.
Le tre finestre che sovrastano lo scalone sono munite di una balaustrina marmorea e sormontate da piccoli timpani, triangolari sui lati e curvilineo al centro; quelle laterali, che si susseguono ritmicamente su entrambe le ali, presentano anch’esse l’inserimento della balaustra ma sono sfornite di timpano, a eccezione delle due che chiudono la facciata – con timpano curvilineo – che permettono di accedere alle terrazze, a loro volta situate sopra i due lunghi porticati al piano terra. Adiacente all’ala orientale si trova una serra di marmo bianco con funzione di grotta, che presenta portefinestre ogivali e una trabeazione decorata con motivi trilobati. Il tufo ricopre completamente l’interno del padiglione e crea un effetto scenografico che culmina nella fontana situata frontalmente rispetto alla porta d’ingresso. All’ala occidentale è stata addossata, negli anni quaranta dell’Ottocento, una serra identica e simmetrica. La facciata verso via Scalabrini presenta una parte centrale arretrata rispetto al resto della struttura, che assume dunque una forma leggermente concava. Gli ornamenti delle diciassette finestre del piano terra, scandite da doppie lesene di ordine gigante, sono caratterizzati da elementi a bugnato, che richiamano il portale centrale seicentesco.
Attualmente l’edificio conserva solo una esigua parte della decorazione originaria e presenta due stanze decorate con motivi mitologici al piano terreno, riferibili alla fine del Cinquecento, e un salone d’onore al piano nobile, di chiara fattura settecentesca, probabilmente rimaneggiato in epoca successiva.
Il piano terra si articola in una lunga galleria con volta a crociera adiacente a un’infilata di salette secondarie, fatte affrescare verosimilmente da Scipione Avogadro tra la fine del Cinquecento e tra cui spiccano la piccola stanza con il Giudizio di Paride, e quella con Atena inscritta in un oculo centrale.
All’incrocio della galleria con l’ala orientale si trova lo scalone a due rampe che permette di accedere al piano superiore grazie a tre porte situate sull’ampio pianerottolo che immettono rispettivamente, a destra, al lungo corridoio che ospita le stanze della struttura alberghiera e, a sinistra, alle sale settecentesche e alla terrazza esterna.
Giulia Adami
Emilio, P. La villa Fenaroli di Rezzato, in “Brixia Sacra”, a. II, n. 65, 31 ottobre 1915, pp. 1-3; Fausto Lechi, Le ville della terra Bresciana, in “Ospitalità italiana”, a. VII, agosto-settembre, 1932, pp. 51-60; Giovanni Cappelletto, Antonio Marchetti architetto nel Settecento bresciano, in “Arte lombarda”, a.III, n.1, 1958, pp. 51-63; Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia. Il Settecento e il primo Ottocento nel territorio, vol. VII, Edizioni di storia bresciana, Brescia, 1977, pp. 323-333; Maurizio Mondini, I dipinti della collezione Avogadro in Rezzato (Brescia) da un inventario settecentesco, in Rezzato materiali per una storia, a cura di Paolo Corsini e Giambattista Tirelli, Brescia, 1985, pp. 117-122; Carlo Perogalli, Maria Grazia Sandri, Vanni Zanella, Ville della provincia di Brescia, Milano, 1985, p. 183; Carlo Zani, La villa Avogadro poi Fenaroli, in Rezzato, materiali per una storia, a cura di Corsini Paolo, Tirelli, Giambattista, Comune di Rezzato, Brescia, 1985, pp.18; 25; 111-113; Paolo Guerrini, La villa Fenaroli di Rezzato, in “Appunti su argomenti diversi. La voce Cattolica”, 4 marzo, 1987, pp. 245-246; Mario Marubbi, Villa Avogadro Fenaroli, in “Arte lombarda”, 2000, pp. 73-75; Maria Do, Villa Fenaroli, tesi di laurea, a.a. 2016-2017, relatore prof. Valerio Terraroli, Università di Verona;
Giulia Adami, Villa Fenaroli Palace Hotel, già Istituto degli Scalabrini, già Benasaglio, già Fenaroli, già Avogadro, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, pp. 345-346.