Palazzo Averoldi, ora sede del Rotary Club

Palazzo Averoldi, ora sede del Rotary Club

L’accesso all’edificio, fatto edificare a partire dal 1544 per volontà dei fratelli Giovanni Andrea, Leandro, Mario e Fulgenzio Averoldi, avviene tramite due portoni. Il primo è quello su via Moretto, composto da un semplice bugnato ornato solo da due teste di Medusa e collocato entro una facciata asimmetrica ed essenziale. Questo portale immette al cortile di servizio antistante il palazzo vero e proprio, organizzato su di una pianta a U raccolta intorno ad un cortile porticato, al qual è possibile accedere direttamente attraverso un secondo portone posto su contrada Santa Croce. Il portico è scandito da sedici arcate (sei nel corpo centrale e cinque nelle ali laterali) sorrette da colonne toscane, mentre la facciata del piano nobile si presenta divisa da lesene ioniche in scomparti, nei quali si collocano le finestre.
Il progetto, sostiene Lechi, potrebbe essere un lavoro giovanile di Lodovico Beretta (Lechi 1974, p.313).
Il palazzo ad inizio Settecento risultava diviso in due blocchi, nell’ala est dimoravano Aliprando Averoldi e la moglie Cecilia Schietti, mentre nel corpo centrale e nell’ala ovest si trovavano i fratelli Vincenzo, Antonio e Barbara Averoldi. Dei tre fratelli i due maschi non lasciarono eredi, mentre la sorella sposandosi con Ferdinando Chizzola del ramo di Ebrusco diede alla luce tre figli: Giuseppe, Faustino e Ottavia.
Diviso tra due famiglie diverse, il palazzo fu soggetto in quegli anni ad alcune modifiche architettoniche. Gli Averoldi innalzarono tutto il primo piano sopra il portico est, che in origine doveva probabilmente avere una terrazza. I segni di questi lavori si possono scorgere dalla facciata su contrada Santa Croce, dove il risvolto del primo piano originale è ancora identificabile grazie al fianco di una lesena ionica in marmo ancora visibile (Lechi 1974, p. 324). I Chizzola invece, possessori di una parte ben più estesa del palazzo, ricavarono nel corpo di sera uno scalone a due rampe e ridussero contemporaneamente il volume del salone d’onore del corpo centrale, impegnandosi poi, soprattutto Giuseppe e Faustino, nel rinnovamento delle decorazioni al nuovo gusto neoclassico.
La decorazione delle sale del primo piano nobile si svolse in tre momenti diversi, compresi tra il 1788 e il 1796 e venne affidata ai pittori Giuseppe Teosa, Saverio Gandini, Francesco Tellaroli e Giuseppe Manfredini. Altre sale affrescate sono presenti nel pian terreno dell’ala est, decorate nel corso del Cinquecento da Romanino e Gambara.
In seguito la proprietà dell’intero palazzo tornò esclusivamente alla famiglia Averoldi; Giuseppe e Faustino Chizzola infatti non ebbero eredi, mente la sorella, che aveva sposato l’ultimogenito di Aliprando e Cecilia, Ettore Averoldi, diede alla luce Cesare.
Il palazzo è oggi proprietà della Fondazione Casa di Dio.

Provenendo dallo scalone posto a ovest del corpo principale del palazzo, la prima stanza che s’incontra è il grande Salone d’onore decorato da Giuseppe Manfredini e Giuseppe Teosa con La Gloria militare di Giovan Battista Chizzola. Seguono poi, continuando verso mattina, la Sala dei Quadri, la Sala cinese, una sala con decorazioni a grisaille eseguita da Francesco Tellaroli (Sala 1) e infine, nell’angolo nord-est del palazzo, una sala ove Teosa raffigura Venere e Cupido (Sala 2) e, per opera dello stesso autore, un piccolo ambiente che nel soffitto vede rappresentati Mercurio e Aurora (Sala 3).
Poste tra questa enfilade di sale e quella che era la galleria, rimangono tre ambienti decorati da Tellaroli (Sala 4; Alcova) e Teosa (Sala 5). Della Galleria, invece, che si presenta oggi frazionata in ambienti più piccoli, rimane traccia di solo una porzione della decorazione, realizzata da Teosa nel 1974.
Infine, poste nel corpo a sera del palazzo, vi sono altre tre sale ornate da Giuseppe Manfredini tra il 1794 e il 1796. Nella prima (Sala 6), colpita purtroppo dai bombardamenti del 1945, rimane traccia solamente di una piccola parte delle decorazioni, mentre le altre due, sostanzialmente integre, vedono raffigurati nei soffitti i temi di Giunone che scatena i venti (Sala 7) e di Cerere alla ricerca di Proserpina (Sala8).

 

Edoardo Lo Cicero

 
Bibliografia:

Paolo Brognoli, Nuova Guida per la Città di Brescia, Brescia 1826, pp. 201-202;

Camillo Bosselli, Asterischi bresciani la decorazione settecentesca di Palazzo Averoldi in contrada S.Croce in Brescia, in “Arte Lombarda”, n. 17, 1972, pp. 96;

Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, VoI.3, Il Cinquecento nella città, Edizioni di Storia Bresciana, Brescia 1974, pp. 312-330;

Marco Tanzi,  Problemi di neoclassicismo bresciano: Giuseppe Teosa tra committenza religiosa e privata, in “Itinerari”, n. 3, 1984, pp. 93-94;

Marco Tanzi, Aspetti della pittura neoclassica in Lombardia tra Rivoluzione e Restaurazione: Giuseppe Manfredini(1789-1815), “Ricerche di storia dell’arte”, n. 26, 1985, pp. 74-93;

Barbara Bettoni, I beni dell’agiatezza. Stili di vita nelle famiglie bresciane dell’età moderna, Franco Angeli, Milano 2005, pp. 45-124;

Bernardo Falconi, Brescia. L’estro della decorazione neoclassica e romantica (1780-1862), in Ottocento Lombardo, arti e decorazioni, a cura di F. Mazzocca, Milano 2006, pp. 181-205;

Giuseppe Merlo, “Libro Fabbrica in Brescia a S.ta Croce”: il cantiere neoclassico dei nobili Chizzola a palazzo Averoldi (1788-1791), in “Paragone Arte”, n. 103, 2012, pp. 48-63;

Stefania Cretella, La grande stagione neoclassica a Brescia: il rinnovamento di palazzo Averoldi, in “Ricche Minere”, n. 3, 2016, pp. 121-143;

Stefania Cretella, Palazzo Averoldi, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, pp. 99-102.


 
Indirizzo: via Moretto, 12
 
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