Palazzo Soncini

Costruito a partire dal 1760 per volontà del nobile Virgilio Soncini, il palazzo fu completato nel 1776 dal figlio Antonio, socio fondatore dell’Accademia di Fisica sperimentale e Storia naturale presso la Biblioteca Queriniana.
Sulla base di analisi strutturali e decorative, il palazzo è stato attribuito all’architetto Antonio Marchetti (Lechi 1977, p. 362), togliendolo a Bernardo Carboni, a cui era stato in origine ricondotto (Fè d’Ostiani 1927, p. 54).
La facciata, considerata come la più barocca dell’intera città di Brescia (Lechi 1977, p. 363), appare originale per le cornici delle tre fasce di finestre: il disegno capriccioso e ricercato, in bilico fra barocco e rococò, presenta panoplie e varie decorazioni in stucco, terminante in alto con un cornicione piuttosto semplice. Il portale barocchetto, disposto non perfettamente al centro della facciata, è sovrastato da un balcone arcuato, sorretto da due grandi mensoloni.
Si tratta di un edificio a due piani che adotta il canonico schema a U, costituito cioè da un corpo di fabbrica centrale e da due ali laterali; a piano terra, l’ala destra è occupata da un porticato composto da nove volte a crociera piuttosto basse, appoggiate, in maniera alquanto insolita, sia a colonnine che a pilastri, dando all’ambiente un aspetto di solennità, mentre quella sinistra ospita un giardino scoperto con una fontana caratterizzata da un catino a conchiglia rovesciata in cui compaiono due delfini con la coda intrecciata e terminante in alto con il busto di Diana, opera dell’architetto Vincenzo Berenzi alla fine del Settecento.
Superate le ultime campate sorrette da pilastri, si raggiunge lo scalone che permette l’accesso al piano nobile. Dal corpo centrale costituito dalla galleria, due sale con soffitti con quadrature monocrome e da un’alcova che si affacciano sulla strada, si può proseguire verso est giungendo a tre sale terminanti con una loggia cinquecentesca a tre archi con un portico sottostante; oppure verso ovest dove, invece, si susseguono una serie di sale alquanto caratteristiche, come la Sala dei Medaglioni e la saletta ottogonale, in parte rovinate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Mara Miele
Luigi Francesco Fè d’Ostiani, Storia tradizione e arte nelle vie di Brescia, II ediz., Brescia, 1927, p. 54; Giovanni Cappelletto, Antonio Marchetti architetto del Settecento bresciano, in “Arte Lombarda”, a. III, n. 1, Milano, 1958, p. 58; Giovanni Battista Carbone, Notizie historiche delli pittori, scultori ed architetti bresciani, edizione critica a cura di Camillo Boselli, Brescia, 1962, p. 10; Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, vol. 6: Il Settecento e il primo Ottocento nella città, Edizioni di Storia Bresciana, 1977, pp. 360-378; Ruggero Boschi, Le alternative al Barocco. Architettura e condizione urbana a Brescia nella prima metà del Settecento, in Società e cultura nella Brescia del Settecento, catalogo della mostra, Grafo edizioni, Brescia, 1981, p. 138;Brescia nel Settecento. Atti del IV seminario sulla didattica dei beni culturali, a cura di Ida Gianfranceschi Vettori, gennaio-aprile 1981, Rezzato, 1985, pp. 103-114 , pp. 234-276;
Mara Miele, Palazzo Soncini, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, pp. 267-268.