Con la fondazione del Centro di ricerca “Rossana Bossaglia”, oltre ad acquisire un fondo bibliotecario significativo, si sono attivate una serie di convenzioni con musei e istituzioni allo scopo di dar vita a Verona ad un archivio e a un centro di studi dedicato alle arti decorative moderne che non ha altri esempi in Italia. Grazie alla collaborazione e alla disponibilità di alcuni collezionisti privati, è stato possibile condurre campagne di catalogazione scientifica e studio di interi nuclei collezionistici di ceramiche, vetri, arredi, oreficerie, ideate e realizzate da artisti e manifatture del Novecento, tra i quali compaiono Melotti, Ponti, Melandri, Campi, Biagini, Andloviz, Cagli, Gariboldi, De Poli, Martini. Scopo primario del progetto è la creazione e la continua implementazione di un catalogo digitale composto da schede contenenti informazioni tecniche, storico-artistiche e bibliografiche, arricchite da fotografie delle opere e dei marchi.
L’archivio digitale online permette ricerche immediate e analitiche su tutte le opere presenti nel database, mediante due livelli di ricerca: la ricerca libera permette di procedere attraverso l’inserimento di parole chiave, mentre le ricerche avanzate prevedono indagini per autori o manifatture, stili, date, tecniche e materiali.
L’archivio potrà divenire uno strumento di lavoro importante per gli storici dell’arte, ma anche per collezionisti e galleristi, che qui potranno avere accesso a un ricco repertorio di materiali sostanzialmente sconosciuti.
L’immissione dei dati, a cura di Stefania Cretella, è stata effettuata con la collaborazione di Mathilde Fusina.
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Come ricordato dallo stesso Andloviz in una nota autobiografica, l’artista ebbe “le prime influenze artistiche dalle chiese di Grado ed Aquileia e da tutti gli oggetti artistici raccolti nel Museo di Aquileia” (cit. in Guido Andloviz designer e direttore artistico per quarant’anni di ceramica industriale italiana: 1923-1961, catalogo della mostra (Grado e Trieste, 1 maggio – 31 agosto 1995), Edizioni della Laguna, Monfalcone, 1995, p. 35). Reminiscenze del mondo architettonico, figurativo e stilistico delle zone della sua infanzia si possono rintracciare con più o meno evidenza anche nelle opere realizzate nei decenni successivi per la Società Ceramica Italiana di Laveno,…
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Il piatto realizzato da Andloviz nel 1923 è probabilmente una delle prime opere realizzate dall’artista per la manifattura di Laveno. Il tema biblico dell’eroina del popolo ebraico che contribuisce a liberare la città di Betulia decapitando nel sonno il generale assiro Oloferne è stato ampiamente rappresentato nell’arte europea come la rappresentazione simbolica della liberazione dal dominio dell’invasore. Andloviz svincola il soggetto da ogni valore allegorico e trasforma il personaggio eroico in una damina in abiti ottocenteschi che con grazia e apparente indifferenza sostiene sulla spalla la lunga spada utilizzata per l’omicidio e stringe con la mano destra la testa di…
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Il piatto in terraglia dal profilo circolare è decorato con un motivo a raggiera composto da otto strutture architettoniche simili a fontane, di evidente derivazione déco, che si alternano a quattro nudi femminili e a quattro elementi naturali (grappolo d’uva, albero con frutti, fiore e spighe di grano). I pilastrini a fontana si appoggiano a un anello centrale recante l’iscrizione in lettere capitali “Tempus putationis advenit Vox turturis audita est in terra nostra” (il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna). La frase è tratta dal Cantico dei Cantici (2,…
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La forma a pagoda del minuto porta conserve disegnato da Andloviz nel 1927 denota la persistenza di influenze orientali nel gusto e nell’immaginario figurativo del tempo. Come spesso accadeva all’interno della produzione più commerciale della manifattura lavenese, la stessa forma poteva essere prodotta in associazione con diversi decori e cromie. Nei casi in esame, troviamo la versione più semplice, in smalto bianco, che rientra nel repertorio delle compostiere prodotte in versione monocroma, mentre più particolare e pregiato risulta il secondo esemplare dipinto sul coperchio con tre eleganti arabe fenici in volo su un fondo verde puntinato in oro. Stefania Cretella
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Il portaombrelli appartiene alla serie di oggetti d’uso progettati da Andloviz per la Società Ceramica Italiana di Laveno e caratterizzati da forme semplificate, prive di elementi accessori, e da smaltature monocrome vivacizzate da effetti screziati, con sgocciolature, incrostazioni e cangianze opalescenti e metalliche. Il portaombrelli ha la medesima forma schiacciata e rettangolare con angoli smussati del Vaso modello 2415, che differisce rispetto al modello in esame per le dimensioni ridotte (h 31 cm circa). L’alto numero di codice del vaso permette di datare entrambe le opere intorno al 1940. Stefania Cretella
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Il vaso con coperchio, mutuato dalle tradizionali potiche della porcellana cinese, venne ideata entro il 1928, anno in cui un esemplare con differente decoro venne pubblicato da Gio Ponti su “Domus” (Alcune ceramiche moderne d’arte della Manifattura di Laveno disegnate da Guido Andlowitz, in “Domus”, n. 12, dicembre 1928, p. 69). La forma a potiche, in due versioni di grandezze differenti e in combinazione con diversi decori, fu proposto anche in occasione della Quarta Triennale di Monza del 1930, come testimonia la fotografia del tempo che mostra la parete di fondo della sala, dove sono ben visibili cinque esemplari disposti…
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Tra tutti i servizi da tè ideati da Andloviz per la Società Ceramica Italiana di Laveno, il Servizio a forma di sfera è probabilmente quello più innovativo e moderno, libero da ogni riferimento a precedenti modelli desunti dalla tradizione o dai vecchi cataloghi della ditta stessa. Seguendo il nuovo orientamento imposto dall’architetto, interessato a ideare nuove forme piuttosto che nuovi decori pittorici, Andloviz costruisce il servizio basandosi sulla perfezione geometrica della sfera, che diviene il modulo di base su cui costruire i diversi oggetti che compongono il set. La teiera, per esempio, propone il tema della sfera nel corpo del…
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Per l’ideazione del servizio forma Monza 99, Andloviz rinunciò a ogni leziosità neosettecentesca e a ogni tentativo di decorazione plastica, proseguendo con sicurezza verso quel processo di semplificazione della linea e dei volumi che aveva iniziato a sperimentare con il precedente servizio forma Monza 16 (Servizio Margherita, 1925) e che qui si concretizzò in piatti, vassoi, ciotole e tazze dai lineamenti puliti e dalle volumetrie solide e compatte. Come sempre, il servizio venne proposto con decori di varia tipologia, sebbene la combinazione più felice fu quella con il nuovo decoro 6122, “Le bellezze del Lago Maggiore”. La presentazione ufficiale della…
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Quando il giovane architetto Guido Andloviz venne nominato direttore artistico della Società Ceramica Italiana di Laveno, la manifattura aveva bisogno di una significativa operazione di rinnovamento delle forme e de decori per riuscire a liberarsi dal legame con i modelli tardoliberty che ancora caratterizzavano il proprio repertorio e per potersi imporre sul mercato come una realtà industriale moderna e aggiornata. Tra gli obbiettivi prefissati da Andloviz vi era quello di recuperare le forme e le decorazioni tipiche della manifattura lombarda, rileggendole alla luce di una nuova spinta creativa, capace di interpretare precocemente i cambiamenti del gusto internazionale. In quest’ottica va…
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Sebbene il servizio da tè non sia stato pubblicizzato sulle riviste del tempo e non compaia negli studi contemporanei dedicati al suo inventore, il numero di esemplari presenti sul mercato e la varietà straordinaria di decori ad esso associato dimostrano la fortuna commerciale di questo modello, probabilmente capace di coniugare una forma elegante ma semplice, decori floreali, architettonici o geometrici adatti alle diverse esigenze e prezzi di vendita accessibili ad un pubblico piccolo e medio borghese. Il servizio è costruito sul modulo della sfera e del cerchio che si ripete nelle forme dei diversi recipienti, nelle tazzine, nelle impugnature dei…
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Il servizio da tavola è composto da un piatto da portata e da dodici piatti di forma circolare, smaltati in bianco avorio e decorati da sei diverse composizioni policrome, realizzate con la tecnica della decalcomania. I soggetti, posti in posizione decentrata rispetto al centro del cavetto, raffigurano tavole imbandite con formaggi e vini della tradizione locale, dei quali viene riportato con precisione il nome. Le linee pulite ed estremamente funzionali dei piatti, il soggetto affrontato, lo stile del disegno e la tecnica industriale della decalcomania consentono di datare la serie verso la fine degli anni Cinquanta. Stefania Cretella
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Il nutrito gruppo di terraglie d’uso, ideato da Andloviz per la Società Ceramica Italiana di Laveno, risponde alle nuove esigenze artistiche affermatesi in Italia nel corso degli anni Trenta. Si tratta, infatti, di opere caratterizzate dalla predominanza del dato volumetrico e plastico e dall’abbandono di ogni decorazione figurativa o astratta di tipo pittorico. La qualità estetica dell’oggetto viene ricercata studiando forme pure e adottando volumi geometrici, che conferiscono solidità e monumentalità anche alle ceramiche di dimensioni contenute e permettono inoltre una produzione seriale su larga scala. La necessità di produrre tali oggetti industrialmente determina anche la scelta di ricorrere a…
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Descrizione e notizie storico-artistiche: Come evidenziato da Enzo Biffi Gentili nel suo saggio dedicato alla “commedia ceramica” di Guido Andloviz, la produzione dell’architetto gradese degli anni cinquanta sembra condensare alcuni dei motivi più caratteristici di quel periodo, facendo propria la forma a clessidra di Fausto Melotti, le asimmetrie bicrome di Antonia Campi e gli andamenti plissettati di Giovanni Gariboldi. Questi stilemi vengono rielaborati da Andloviz per creare un proprio linguaggio distintivo, permeato da una vivacità e intuitività progettuale ancora fresche e brillanti (Guido Andloviz designer e direttore artistico per quarant’anni di ceramica industriale italiana: 1923-1961, catalogo della mostra (Grado e…
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Il vaso a corpo globulare con breve collo e imboccatura a campana, smaltata dello stesso rosso opaco utilizzato per le due prese laterali, è dipinto con un lustro metallico nero che lascia libere due riserve bianche destinate ad accogliere il motivo figurativo dominante, ispirato ai motivi paesaggistici già sviluppati da Andloviz negli anni precedenti, che in questo caso raffigura minuti edifici tra colli e montagne resi attraverso semplici linee dai colori brillanti. Il vaso venne esposto per la prima volta in occasione della Quarta Triennale Internazionale delle Arti Decorative ed Industriali moderne di Monza del 1930, come testimonia la foto…
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Alcune varianti in monocromo e con decorazioni figurative del vaso a coppa con coperchio vennero esposte dalla Società Ceramica Italiana di Laveno in occasione della Terza Esposizione Internazionale delle Arti Decorative Moderne di Monza del 1927, distribuendole con ordine simmetrico, insieme ad altre terraglie del campionario, all’interno di scenografiche vetrine a doppio corpo addossate alle pareti, composte da una sorta di cassettone di base con piano di appoggio e da una scaffalatura dai profili curvi e mistilinei (Guido Marangoni, La III Mostra Internazionale delle Arti Decorative, Monza 1927, Notizie-Rilievi-Risultati, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1927, p. 9). Il successo di…
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Il vaso identificato con il numero di modello 1316, venne ideato da Andloviz nel 1936 e si caratterizza per il corpo globulare e dalla forma schiacciata. Come accaduto per tutte le forme di maggior successo ideate dal direttore artistico nel corso della sua lunga attività, anche questo modello venne prodotto in numerose varianti cromatiche e figurative, affiancando alle più frequenti e semplici versioni con smaltature monocrome, screziate o “rosso vulcano”, esemplari più particolari, ornati con decorazioni pittoriche più o meno articolate. Nel caso in esame, realizzato nel 1939, la superficie di uno dei due fronti è dipinta con una natura…
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Il vaso a fiasco, dal profilo piriforme attraversato da costolature verticali, venne prodotto in diverse varianti cromatiche, sempre in monocromo e con stesure piatte e omogenee che mettono in primo piano l’elemento plastico. La presenza delle nervature in rilievo rivela ancora reminiscenze déco, a sua volta mutuate dall’argenteria rococò. Se si guarda al repertorio di vasi e oggetti d’uso prodotti nel corso degli anni venti da numerosi artisti italiani si possono facilmente individuare esempi di forme e costolature concettualmente analoghe a quelle adottate da Andloviz per il modello 3038, come ad esempio i vasi in rame sbalzato disegnati da Zecchin…
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Durante gli anni Venti, Andloviz subisce il fascino dei motivi e degli stilemi della Wiener Werkstätte, dalla quale deriva, ad esempio, la stilizzazione delle figure, ottenute con segni spezzati e interrotti. Mediante gli stilemi déco, Andloviz interpreta temi settecenteschi e rococò, uniti a un nuovo spirito caricaturale, allegro e moderno. Da queste premesse nascono le numerose figurine di evidente concezione scenografica e teatrale, che in questa fase produttiva popolano i piatti e i vasi prodotti dalla Società Ceramica Italiana su disegno dell’architetto. Nel caso specifico del Vaso con decorazioni floreali e musicanti neosettecenteschi, la superficie bianco latte della forma Monza…
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Per la realizzazione del vaso, Andloviz ha utilizzato la forma Monza 69, adottata anche per il coevo Vaso con decorazioni floreali e musicanti neosettecenteschi, mentre la decorazione pittorica in nero, bruno di manganese e ferro rosso, identificata dal numero 6074, si caratterizza per la presenza di otto scene indipendenti. Nella prima è raffigurato un sinuoso tronco di ulivo ed una piccola edicola accompagnata dal cartiglio “Insula dei” (Isola del giorno); protagonista della seconda immagine è una donna sdraiata che dorme accanto a un albero di melagrano a cui è fissato il cartello “speculum sine macula” (specchio senza macchia); nella terza…
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Il vaso composto da corpo globulare con alto collo troncoconico e piede a calotta corrisponde alla forma Monza 75, utilizzata anche in combinazione con altri motivi ornamentali, come ad esempio il noto Vaso con musicanti (decoro 1297). In questo caso, l’opera è associata al decoro 1267, caratterizzato dalla presenza di stilizzati tralci d’uva con grappoli, foglie e viticci che si muovono con andamento ritmico tra linee spezzate di varie cromie, creando un intricato e rigido schema di gusto déco e secessionista. I colori freddi degli elementi naturalistici sono resi ancora più particolari e antinaturalistici dal contrasto con il verde che…
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Il vaso modello Monza 75 è composto da un corpo globulare con alto collo troncoconico e piede a calotta ed è decorato con una moltitudine di piccoli elementi figurativi appartenenti al decoro 1297. Sulla superficie gialla del vaso, Andloviz distribuisce con estrema libertà compositiva isole di terra galleggianti sul mare, alti campanili, velieri, gondole, fiori, calici, vasi, architetture e minute stelle che ruotano intorno alla scena centrale, composta da una coppia di popolani in piedi su un pavimento piastrellato a motivi romboidali. La danzatrice, il musicista e tutti gli altri soggetti decorativi sono descritti con quella semplificazione formale di gusto…
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Per la realizzazione del vaso, Andloviz riprende la forma Monza 69, introdotta nel campionario della Società Ceramica Italiana di Laveno fin dal 1925 e adottata per opere come il Vaso con decorazioni floreali e musicanti neosettecenteschi e il Vaso con figure sdraiate all’antica e cartigli con iscrizioni latine. In questo caso specifico, Andloviz rinuncia al rivestimento lucido della vetrina, per lasciare in evidenza la porosità della terraglia e degli smalti opachi cotti a terzo fuoco. Questa scelta, atipica rispetto alla tecnica abituale utilizzata dalla manifattura di Laveno, permette di dare maggior risalto alla pennellata sfumata e a tratti grossolana, che…
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Il vaso presenta una forma allungata definita dal corpo ovoidale con spalla che si restringe in una bocca stretta ad anello. Sebbene la cromia screziata, sui toni del verde e dell’azzurro, permetta di datare l’esemplare ai primi anni trenta, la forma venne introdotta all’interno del repertorio della ditta almeno un decennio prima, come testimonia una delle fotografie d’epoca, conservate presso l’Archivio della Triennale di Milano, raffigurante una delle pareti della sala allestita dalla Società Ceramica Italiana di Laveno in occasione della Prima Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Monza del 1923. Accanto al camino, infatti appaiono chiaramente due vasi di…
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Il vaso Monza 48 è composto da un corpo a calice dalle pareti lisce, sostenuto da un basso piede svasato e chiuso da un coperchio a calotta con impugnatura a foggia di pigna. La forma del vaso è ripresa nel modello Monza 49, che però è attraversato verticalmente da costolature smussate. Il decoro applicato sulla superficie del contenitore e del coperchio si caratterizza per la presenza dei fiorellini a mazzetto del motivo “Fiori Vecchia Lodi”, mutuato dalla decorazione floreale tipica della maiolica milanese del Settecento. Tra i mazzolini di fiori si inseriscono personaggi tratti dal repertorio delle Figure Vecchio Milano,…
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Il vaso Monza 49 è formato da un corpo a calice attraversato verticalmente da costolature smussate, sostenuto da un basso piede svasato e chiuso da un coperchio a calotta con impugnatura a foggia di pigna. La forma del vaso risulta simile al modello Monza 48, privo però delle nervature verticali. La particolarità di questo esemplare va individuata nella decorazione pittorica in monocromo violaceo, dedicata alla prima guerra mondiale, in linea con lo spirito di esaltazione militare della Grande Guerra voluto dal regime fascista. La parte superiore del vaso è cinta da un cartiglio riportante le date in numeri romani della…
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Il vaso venne esposto in occasione della Terza Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza del 1927, come documenta la fotografia d’epoca conservata presso l’Archivio della Triennale di Milano, pubblicata anche da Guido Marangoni (Guido Marangoni, La III Mostra Internazionale delle Arti Decorative, Monza 1927, Notizie-Rilievi-Risultati, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo 1927, p. 9). Il vaso presenta un corpo globulare dotato di collo e piede svasati, dalla volumetria pura e compatta, in associazione con un fitto decoro costituito da rami con frutti di diverse tipologie, pavoni e uccellini, vasi e coppe in ceramica tratte dal repertorio classico. La decorazione pittorica,…
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Il vaso dalle grandi anse serpentine presenta un corpo sferico che si allunga con andamento piriforme per aprirsi in un’ampia bocca circolare, mentre alla base si innesta un piede formato da blocchi troncoconici che ne slanciano la forma. Il modello del vaso, denominato Monza 98, venne ideato da Andloviz nel 1927 e presentato in occasione della Terza Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Monza. Come testimonia una delle fotografie d’epoca, conservate presso l’Archivio della Triennale di Milano (Guido Marangoni, La III Mostra Internazionale delle Arti Decorative, Monza 1927, Notizie-Rilievi-Risultati, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1927, p. 9), nella sala allestita…
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L’opera è formata da un vaso posto su una colonna con il fusto suddiviso in riquadri dal profilo mistilineo, contenenti grappoli d’uva, fiori e zucche in rilievo. Il vaso non presenta decorazioni pittoriche o in rilievo ed è costituito da una pancia schiacciata, basso piede estroflesso e ampio collo svasato e allungato. I due pezzi sono dipinti uniformemente con un lucido smalto rosso scuro che garantisce unità all’insieme, connettendo le due parti che appaiono come un unico blocco. Il tema classico del vaso su colonna viene reso attuale attraverso la moderna semplificazione degli elementi naturali e il ritmo compositivo serrato…
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Dante Baldelli, nipote del fondatore della manifattura Rometti, entra a far parte dell’azienda di famiglia del 1928, dopo aver frequentato la Regia Accademia di Belle Arti di Roma. Durante il periodo trascorso nella capitale, Baldelli conosce il pittore marchigiano Corrado Cagli e, divenuto direttore artistico della manifattura ceramica, lo invita a Umbertide per collaborare con lui alla gestione dell’impresa. In questa prima fase di direzione congiunta, conclusasi intorno al 1930, le scelte stiliste compiute dai due artisti sono talmente affini da rendere a volte difficile la precisa attribuzione dei modelli e dei decori. Entrambi gli artisti dimostrano prima di tutto…
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Il Vaso con aerei e coperchio ad ala è un esempio della fantasia creativa di Dante Baldelli, direttore artistico della manifattura Rometti tra il 1928 e i primi anni quaranta. La sagoma stretta e allungata del contenitore troncoconico, resa ancora più slanciata dal piede cilindrico smaltato di rosso, suggerisce l’idea del movimento ascensionale del velivolo, la cui silhouette elementare è ripetuta sulla pancia del vaso. L’aereo, dipinto di nero o platino, di staglia su un cielo blu realizzato all’aerografo, in modo da lasciare delle zone più chiare che richiamano la presenza di leggere nuvole. Il tema generale del vaso è…
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Per il Vaso con allegorie dell’architettura, della pittura e della scultura, Baldelli ricorse a volumi puri e rigorosi che rispecchiavano la preferenza dell’artista, direttore artistico della manifattura a partire dal 1928, per forme che divennero sempre più essenziali, rigorose e imponenti. La forma perfettamente cilindrica del vaso in esame, utilizzabile come portaombrelli, è movimentata esclusivamente dalla leggera svasatura del collo e dalla presenza di un anello discontinuo aggettante che cinge la parte superiore del contenitore. L’effetto monumentale viene reiterato nelle tre figure allegoriche poste su alti piedistalli cilindrici all’interno di nicchie architettoniche, in cui l’effetto di profondità reso attraverso il…
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A partire dal 1937, Renato Bassoli frequentò l’Accademia di Brera, sotto la guida di Achille Funi e Aldo Carpi, e i corsi d’Arte Applicata organizzati al Castello Sforzesco, interrompendo gli studi durante gli anni del conflitto mondiale e della sua conseguente detenzione in un campo di prigionia in Germania. Negli anni cinquanta, Bassoli aprì uno studio ceramico specializzandosi nella produzione di opere figurative, realizzate in piccola serie, e monotipi di gusto informale e primitivista. Il piatto decorativo, concepito come un vero e proprio pannello scultoreo in bassorilievo, è un pezzo unico in terracotta lavorata alla stecca e dipinta con smalti…
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Il rilievo rivestito uniformemente in smalto giallo rientra nel gruppo di sculture di soggetto popolare e rurale ideate dallo scultore Angelo Biancini per la Società Ceramica Italiana di Laveno, per la quale operò tra il 1937 e il 1940. Il motivo iconografico del putto intento in diverse attività ricorre con una certa frequenza nel campionario dell’artista e rivela la sua capacità di variare sul medesimo soggetto ottenendo effetti molto differenti tra loro. Nel caso del rilievo rappresentante l’allegoria dell’agricoltura, Biancini insiste nella descrizione precisa del corpo e dei tratti fisiognomici della figura, evidenziando lo sforzo fisico e la concentrazione del…
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All’interno del repertorio delle ceramiche ideate e modellate da Biancini per la Società Ceramica Italiana di Laveno si trova un ristretto ma interessante nucleo di opere di soggetto religioso, sviluppato sia nel formato a tutto tondo che a bassorilievo. La formella raffigurante la Madonna col Bambino non compare nel catalogo della mostra organizzata a Faenza nel 1992, ma è certamente ascrivibile all’operato di Biancini se si confronta il modellato giottesco dei corpi, la resa fisiognomica dei volti e la volumetria dei panneggi con il tondo in terraglia forte smaltata in nero opaco e metallizzato dedicato a san Francesco (Angelo Biancini…
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La ceramica può essere inserita all’interno del gruppo di sculture di soggetto popolare e rurale ideate dallo scultore Angelo Biancini per la Società Ceramica Italiana di Laveno nel corso dei primi anni della sua breve collaborazione con la ditta lombarda. Si trattava di temi desunti dal mondo del lavoro contadino che si legavano all’immaginario propagandistico sostenuto dal regime fascista, adattandosi dunque perfettamente al panorama politico e sociale del tempo. Per la Mietitrice, Biancini immagina una giovane contadina inginocchiata nei campi, colta nel momento della raccolta del grano con un piccolo falcetto che stringe saldamente nella mano destra. Il lavoro non…
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Biancini affronta il problema della rappresentazione del volto umano fin dal principio della sua attività di scultore e non è dunque un caso se tra le prime opere prodotte per la Società Ceramica Italiana di Laveno compaiono diversi ritratti femminili, come Fede, Maria Grazia e, appunto, La piccola Lavenese. Si tratta di opere in cui la ricerca di una rappresentazione realistica dei soggetti si lega alle esigenze stilistice di Biancini, volte a una costante semplificazione volumetrica e a una riduzione della definizione dei particolari. Nel caso specifico della testa in esame, Biancini sa muoversi con disinvoltura ed equilibrio tra questi…
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La ceramica fa parte del gruppo di sculture di soggetto popolare e rurale ideate dallo scultore Angelo Biancini per la Società Ceramica Italiana di Laveno. Nella Portatrice d’acqua con bambino si respira un delicato lirismo, dovuto al tenero rapporto che lega il bambino, goffamente intento a togliersi l’abito, e la madre, che controlla con lo sguardo i movimenti del figlio. La donna ricorda certe figure femminili della tradizione rinascimentale italiana e viene anche replicata come figura singola in alcune sculture in ceramica. La semplificazione delle forme e della composizione si nota soprattutto nella costruzione del bimbo, giocata sulla contrapposizione tra…
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La piccola ceramica smaltata in verde screziato rientra nel gruppo di sculture di soggetto popolare e rurale ideate dallo scultore Angelo Biancini per la Società Ceramica Italiana di Laveno, per la quale operò tra il 1937 e il 1940. Il modello del Putto con oca deriva dall’antica tradizione iconografica italiana e dalla scultura accademica, sebbene il soggetto venga rivisitato secondo i canoni stilistici propri dell’artista. Il tono ironico e divertito della scultura si evince soprattutto dalla trasformazione del volto in una sorta di maschera caricaturale, che esplicita in modo chiaro ed evidente lo stupore provato dal putto nello stringere tra…
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Rispetto alla linea più seriale proposta da Guido Andloviz, per la Società Ceramica Italiana di Laveno Biancini creò una significativa serie di opere scultoree in ceramica, sia di dimensioni contenute, realizzate solitamente in piccola serie, sia monumentali. L’artista lavorò all’interno della ditta come una personalità indipendente e isolata; non venne coinvolto direttamente nelle questioni tecniche, ma si preoccupò solo di scegliere i colori più adatti a esaltare la componente scultorea dell’opera, solitamente rivestita con smaltature monocrome screziate. Spaziando da temi agresti e veristi a soggetti religiosi o mitologici, Biancini garantì alla manifattura un aggiornamento del proprio campionario nel rispetto delle…
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Angelo Biancini fu prima di tutto uno scultore, prestato al mondo della ceramica solo per una breve parentesi all’interno della sua carriera artistica e questa propensione da artista più che non da architetto-designer si può facilmente riscontrare nel repertorio di opere da lui creato per la Società Ceramica Italiana di Laveno, costituito prevalentemente da sculture monumentali o d’arredo in cui il valore plastico emergeva con evidenza. Anche nella più limitata serie di vasi di grandi dimensioni è la forma volumetrica dell’oggetto a caratterizzarne l’aspetto generale, affidando il valore decorativo a piccole figure in rilievo che ne ritmano la superficie. La…
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La scultura a tutto tondo raffigurante una coppia di pesci tra le onde del mare dimostra la volontà di Biancini di trovare un equilibrato compromesso tra la ricerca di forme dall’evidente impatto decorativo e il desiderio di vicinanza e rispetto del dato naturalistico, senza però cadere nella copia mimetica del soggetto selezionato. In questo caso specifico, la modellazione insiste sulla definizione delle squame, sulla resa anatomica del pesce, sulle gocce d’acqua che si cristallizzano sui corpi e sulle pinne dei due animali e sulla descrizione della mossa superficie marina, ma adottando il consueto modellato sintetico ed essenziale, ulteriormente appiattito dalla…
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Nel multiforme universo figurativo ideato da Biancini durante la sua collaborazione con la manifattura ceramica di Laveno si può riconoscere un filone tematico indipendente, che gli permette di interpretare con autonomia e ironia soggetti tradizionali legati al mondo fantasioso delle allegorie, incarnate attraverso una varietà di nudi femminili associati a putti, animali o oggetti che ne diventano il completamento e l’attributo distintivo. La semplificazione formale delle forme e dei volumi, l’eleganza delle linee disegnate dai corpi nudi, sensuali ma mai sfacciati, la leggerezza dei temi affrontati, permettevano di offrire al pubblico del tempo sculture d’arredo di formato contenuto adatte come…
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Tra le numerose opere scultoree ideate da Angelo Biancini durante la sua breve collaborazione con la Società Ceramica Italiana di Laveno, compare la Sirena reggivaso del 1939, che ritrae la mitica creatura marina mezza donna e mezza pesce, dal corpo affusolato e sinuoso, con le braccia sollevate per tenere in equilibrio sulla testa un enorme vaso su cui si posano due uccellini. L’andamento curvilineo a U è replicato più volte nella forma del vaso, nella posizione delle braccia e nell’incurvarsi della coda, secondo uno schema compositivo che accentua la sinuosità della figura. Il forte legame ancora esistente tra l’artista e…
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Riprendendo l’idea della decorazione a rilievo adottata anche nei grandi vasi da giardino, a partire dal 1937 Biancini realizzò una serie di grandi vasi troncoconici o a foggia di bicchiere realizzati a colaggio e ornati con bassorilievi raffiguranti cavalli marini, pesci, coppie di ballerini e cavalli in varie posizioni, che vengono distribuiti sulla superficie per fasce orizzontali o verticali. La decorazione plastica si sposa con smalti opachi nelle tonalità del rosso, dell’azzurro-grigio, del giallo o del verde oliva, spesso stesi in modo disomogeneo, per colature, cristallizzazioni e screziature non completamente governabili e prevedibili dall’artista, che determinano effetti quasi informali. L’uso…
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Dopo la stimolante e ricca esperienza compiuta tra il 1937 e il 1940 presso la Società Ceramica Italiana di Laveno in qualità di co-direttore accanto a Guido Andloviz, Angelo Biancini continuò saltuariamente ad occuparsi di ceramica, modellando soprattutto opere prodotte nell’ambiente faentino, complice anche la sua attività di insegnante di plastica presso il locale Istituto d’Arte per la Ceramica (1943-1981). Il vaso smaltato in blu è invece un particolare esempio di progetto realizzato nuovamente per la Società Ceramica Italiana di Laveno, databile al 1958 (l’esemplare in esame è in realtà una produzione più tarda, come testimonia il doppio marchio riportato…
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Il grande cratere di forma classica è decorato da una serie di clipei dalla cornice irregolare, disposti in tre fasce sovrapposte. La pratica di sostituire la decorazione pittorica con elementi in bassorilievo era già stata adottata dai ceramisti di epoca ellenistica e dai vasai etruschi, autori di una serie di oggetti d’uso realizzati in terra sigillata, decorata mediante matrici che permettevano di ottenere motivi ornamentali aggettanti ispirati al vasellame metallico. All’interno dei medaglioni, Biancini inserisce bassorilievi raffiguranti profili femminili di gusto tardogotico, putti, elementi vegetali, diverse specie animali, scene figurate e vasi, resi attraverso un modellato libero e fantasioso che,…
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Il vaso dal profilo circolare e dalla forma schiacciata, identificato con il numero di modello 1316, venne ideato da Guido Andloviz nel 1936 e prodotto sia nella versione più semplice con smaltature monocrome, screziate o “rosso vulcano”, sia in varianti più costose, con l’applicazione di decorazioni pittoriche più o meno articolate (si veda Andloviz, Vaso 1316). Si trattava in effetti di una forma semplice che si prestava ad essere riprodotta serialmente in combinazione con numerose decorazioni, permettendo di ampliare il campionario della ditta, limitare i costi e rispondere alle più diverse richieste del mercato. La versatilità di questo modello fu…
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Durante gli ani di formazione teorica compiuta presso l’Istituto d’Arte e l’Accademia di Belle Arti di Venezia, Bianconi iniziò a mettere a frutto le sue innate doti di disegnatore lavorando in un laboratorio vetrario a Madonna dell’Orto e dipingendo a smalto vetri per la ditta Salviati, sperimentando parallelamente l’arte della caricatura. Prese così avvio la sua duplice attività come grafico e illustratore per diverse case editrici italiane e come artista attivo nel settore vetrario, divenendo uno dei più rappresentativi designer della seconda metà del XX secolo. La collaborazione con la manifattura Venini iniziò nel 1947, quando Paolo Venini, riconoscendo le…
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La manifattura ceramica di Umbertide venne fondata nel 1927 da Settimio Rometti e dal nipote Aspromonte con lo scopo di dar vita a una produzione moderna, capace di superare le forme eclettiche della tradizione locale sulla scorta della lezione delle avanguardie. Le idee dei due fondatori trovano effettiva realizzazione nel 1928, quando entrò nella società un altro nipote di Settimio, Dante Baldelli, che aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma ed era entrato in contatto con diversi artisti attivi nella capitale. Tra questi, vi era anche il pittore Corrado Cagli, che tra il 1928 e il 1930 collaborò con…
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Accanto ai vasi e ai piatti decorati con soggetti di ispirazione fascista, come la Marcia su Roma o l’esaltazione del lavoro, Cagli elaborò una serie di opere ispirate al mondo naturale, popolate da animali, paesaggi, fondali marini e scene di caccia, sviluppando in modo personale l’esigenza di affrontare tematiche desunte dalla vita quotidiana, manifestatasi in seno al movimento futurista in seguito alla diffusione del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, firmato nel 1915 da Balla e Depero. Il Vaso con paesaggi appartiene a questo filone tematico e si caratterizza per la presenza di barche a vela, animali marini, scogli e volatili, disposti…
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Nel corso del primo decennio del XIX secolo, Antonia Campi collaborò con la ditta Arcadia di Trezzano sul Naviglio per realizzare alcune opere in porcellana, prodotte in esemplare unico. Si trattava nella maggior parte dei casi di sculture astratte e serpentine, ottenute attorcigliando e ripiegando la materia su se stessa e dipingendone la superficie irregolare con una tecnica mista a freddo, attraverso macchie di colore libere e indipendenti rispetto alla superficie sottostante. Appartiene a questi esperimenti la Forma A 02 attualmente in collezione privata. Completamente differente è invece il pannello Tempesta di mare, che segna un ritorno alla figurazione, sebbene…
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La formella in grés e porcellana fa parte di una serie di piccoli pannelli denominati dalla stessa artista Still-Leben, creati in esemplare unico a partire dal 1998, dapprima in collaborazione con la Meteor di Laveno e la Arcadia di Trezzano sul Naviglio, in seguito con la Sabbion di Laveno e la Royal di Lomazzo. Come riferito dalla stessa Antonia Campi, questo gruppo di opere in costante ampliamento e divenire, nascono da una “sensazione”: “Mi sembra che il molto trash che ha invaso l’arte contemporanea – insistito sullo ‘schifoso’ e ‘rivoltante’ – sia una stupida bestemmia nei confronti della vita. Mi…
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Tra il 1999 e il 2006 Antonia Campi si affidò alla ditta Meteor di Laveno per far realizzare alcuni disegni per oggetti d’uso di varia natura. L’azienda, fondata nel 1987 dai cugini Alessio e Tino De Ambroggi, non era specializzata in prodotti artistici, bensì in articoli refrattari destinati principalmente ad uso industriale, da utilizzare come strumenti per la cottura nei diversi settori dell’industria della ceramica e dei laterizi. Sono anni in cui la ditta apre però le sue porte ai principali artisti locali, mettendo a loro disposizione le proprie competenze e strumentazioni tecniche (e qui, ad esempio, che tra il…
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Tra il 20 aprile al 31 maggio 2006, la galleria torinese Terre d’arte ospitò una mostra curata da Anty Pansera che ripercorse, attraverso alcune opere iconiche, la storia della produzione ceramica ideata da Antonia Campi a partire dai primi anni di collaborazione con la Società Ceramica Italiana di Laveno. Per l’occasione, l’artista disegnò due posacenere inediti, realizzati per la Galleria Terre d’Arte, in tiratura limitata e numerata, e definiti dalla Pansera dei “divertissements (pur nella rigorosità del progetto)” (Anty Pansera, Antonia Campi. Creatività, forma e funzione. Catalogo ragionato, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008, p. 80). Sirkia, realizzato in soli trenta…
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Il piccolo oggetto dalla forma sinuosa e allungata non rientra nel repertorio fin qui documentato di Antonia Campi, la cui paternità non è comunque in discussione grazie alla firma posta sotto uno dei piedi che fungono da base. L’opera può essere considerata un piccolo oggetto decorativo, forse utilizzabile come porta anelli, che mantiene le caratteristiche stilistiche e la perfezione tecnica tipica di tutta la produzione della designer, attenta a coniugare gli aspetti tecnici e artistici fin dalle prime sperimentazioni compiute presso la Società Ceramica Italiana di Laveno. Come spesso accade, l’artista modella forme libere, apparentemente astratte, che però rivelano stretti…
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Nel 1954 Antonia Campi progettò una serie di piccole e raffinate porcellane che riprendevano le forme organiche, fluide e asimmetriche già impiegate negli oggetti in terraglia prodotti a partire dal 1949. Le porcellane erano ornate con decorazioni realizzate a decalcomania o dipinte a mano con colorazioni ottenute attraverso soluzioni metalliche cotte ad alta temperatura che permettevano di raggiungere effetti particolari e raffinati. Il progetto delle microporcellane venne affrontato nuovamente da Antonia Campi tra il 1993 e il 1997, realizzando esemplari unici prodotti dalla ditta Arcadia di Trezzano sul Naviglio (per un ampio campionario delle microporcellane degli anni novanta, si rimanda…
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I due oggetti in terraglia oggi in collezione privata sono i prototipi per il progetto di un’unica scultura ideata da Antonia Campi nel corso del 2007. Si tratta di due elementi a sviluppo verticale, simili tra loro ma non identici, progettati in modo da compenetrare l’uno nell’altro nel momento in cui vengono posti frontalmente. La forma, apparentemente astratta, è in realtà la rappresentazione stilizzata delle mandibole di un coccodrillo e le sporgenze aguzze ne rappresentano i denti. Il prototipo, tecnicamente perfetto, è probabilmente la fase finale del processo creativo e di studio, soprattutto se si confronta con l’esemplare, appena abbozzato,…
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Nel corso della seconda metà degli anni cinquanta, Antonia Campi si cimenta con la progettazione di oggetti d’uso in metallo, probabilmente su richiesta della famiglia. In effetti il primo oggetto di questo tipo, un trinciapollo in acciaio inox, viene prodotto dal cugino Ermenegildo Collini, proprietario di una azienda di coltelleria. L’oggetto venne presentato nel 1956 al Circolo della Stampa di Milano in occasione della mostra-concorso del Compasso d’Oro, bandito dalla Rinascente, ottenendo una “segnalazione d’onore”. Come riportato nella pagina pubblicitaria degli oggetti ideati per il cugino (Anty Pansera, Antonia Campi. Creatività, forma e funzione. Catalogo ragionato, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo…
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Con la denominazione C 7 si identifica un vaso a forma di versatoio con piede troncopiramidale, collo ripiegato all’indietro e ansa cava connessa direttamente all’orlo del vaso. Le forme fluide di derivazione zoomorfa si associavano a diverse combinazioni cromatiche e varianti decorative: oltre alle tipiche smaltature adottate dalla Campi per i suoi oggetti, basate su stesure omogenee di uno o due colori, la forma poteva essere prodotta con decori astratti o figurati legati al mondo equestre, realizzati a mano dall’artista, che si occupava di incidere il motivo sulla superficie dell’oggetto, e da un lavorante incaricato della colorazione. Il decoro Palio,…
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Nel corso degli anni cinquanta, Antonia Campi fornì alla Società Ceramica Italiana di Laveno i disegni per vasi, oggetti d’uso e complementi d’arredo da produrre su larga scala, ma anche in piccola serie e in edizione limitata. Esisteva poi una produzione di pezzi unici, come il centrotavola a forma di fruttiera vincitore del secondo premio nella sezione “Centro da tavola” al VIII Concorso Nazionale della Ceramica d’Arte di Faenza del 1949 (Gio Ponti, Picasso anche a Faenza, n. 239, ottobre 1949, p. 22), e opere progettate su commissione. In questo periodo, infatti, Antonia Campi fu coinvolta in progetti per la…
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Nel campo delle arti decorative, il tema delle mani ha avuto ampia diffusione e fortuna nel corso del Novecento, come dimostrato dai numerosi esempi di artisti di primissimo piano nel panorama italiano e internazionale che hanno saputo declinare il soggetto con originalità ed estrema varietà all’interno delle loro opere. Si pensi ad esempio, alla Coppa con mani di Duilio Cambellotti, fusa in bronzo nel 1920, alla Coppa delle mani progettata nel 1933 da Tomaso Buzzi per la manifattura Venini o alle mani in porcellana realizzate dalla Richard-Ginori nel 1935 su disegno di Gio Ponti, artista che aveva fatto modellare anche…
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Il grande fregio dalle sembianze di toro è un pezzo unico, realizzato per essere esposto in cima allo Scalone d’onore della IX Triennale di Milano del 1951, al di sotto del soffitto occupato dall’arabesco di tubi al neon Luce spaziale progettato da Lucio Fontana. Si deve a Guido Andloviz il merito di essere riuscito a far coinvolgere la Campi, allora sua collaboratrice poco più che vent’enne, nell’allestimento curato da Luciano Baldessari. L’artista ebbe così modo di sfruttare le proprie competenze di scultrice per realizzare un vero e proprio capolavoro capace di sintetizzare il suo stile moderno e personale attraverso forme…
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Il vassoio / centrotavola a forma di gallo fa parte delle opere in serie limitata progettate da Antonia Campi per la Società Ceramica Italiana di Laveno. Di questo modello furono realizzati 65 pezzi che, come indicato nelle schede tecniche della fabbrica, richiedevano ciascuno 20 ore di lavoro. Le forme del gallo vengono qui sfruttate per modellare il piatto recipiente e la decorazione pittorica segue e sottolinea il legame con il tema animalier, interpretato in chiave leggera e scanzonata. Il Gallo non è l’unico esempio di questo genere, ma nello stesso periodo la Campi progettò anche una coppa a forma di…
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Il gruppo di terraglie qui proposto appartiene al nutrito campionario degli “articoli fantasia” ideati da Antonia Campi per la Società Ceramica Italiana di Laveno nel corso della prima metà degli anni cinquanta. Si tratta di opere che ben rappresentano la propensione dell’artista verso la cosiddetta “free form”, forme libere che si espandono nello spazio attraverso movimenti fluidi e asimmetrici, dando vita a volumi dai profili arrotondati, diversi a seconda del punto di vista, che riuscivano a trasformare oggetti d’uso comune in elementi dal forte impatto scultoreo e decorativo, senza però rinunciare alla funzionalità richiesta da questo genere di oggetti. Anche…
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I due modelli di portalampada possono essere considerati un’evoluzione delle forme ideate per i vasi C 5, C 143 e C 338, dei quali conservano l’andamento fluido, la composizione asimmetrica e lo slancio ascensionale. A differenza dei modelli di base, i due portalampada si sviluppano nello spazio espandendosi e dividendosi in ramificazioni che si aprono e si ricongiungono in una sorta di stato liquido e magmatico che scorre liberamente e offre infiniti punti di vista differenti. I portalampada sono concepiti come delle vere e proprio sculture d’arredo, non dissimili dalle opere in bronzo o pietra di Henri Moore e Hans
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Il Portaombrelli C 9 è uno dei primi progetti per prodotti seriali disegnati dalla Campi, approvati e messi in produzione all’interno dello Stabilimento Lago della Società Ceramica Italiana di Laveno. La fantasia della designer valtellinese emerge in ogni aspetto del portaombrelli, a cominciare dalla forma vagamente a clessidra che le permette di sperimentare con l’asimmetria e le linee arrotondate e morbide. La superficie non è liscia, ma movimentata da un particolare effetto martellinato, sul quale si inseriscono elementi figurativi in rilievo che sembrano voler rileggere i bassorilievi introdotti da Angelo Biancini nelle ceramiche da lui progettate per la stessa manifattura…
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Nel 1953 Antonia Campi ideò una grande tazza con piattino per la colazione, identificata all’interno del catalogo degli “Articoli fantasia” con il codice C 205. Si trattava di un oggetto dalla forma tradizionale con orlo leggermente estroflesso, ma vivacizzata e resa moderna dall’ansa laterale dai profili frastagliati, ergonomicamente studiati per facilitare la presa. Poco tempo dopo, alla tazza vennero aggiunti la zuccheriera, la lattiera e il portauovo, tutti caratterizzati dalla medesima tipologia di impugnatura. I vari componenti del servizio C 205 erano prodotti esclusivamente nella versione in tinta unita, con una preferenza per le tonalità chiare e pastello. Il portauovo…
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Il piccolo ma massiccio oggetto in terraglia, utilizzabile come posacenere e portapipa, appartiene al particolare universo formale e figurativo che Antonia Campi ha fin da subito saputo dare agli “oggetti fantasia” prodotti in serie per la Società Ceramica Italiana di Laveno. La forma tradizionale del posacenere viene resa più interessante dai bordi spessi e irregolari, che si aprono nell’angolo in alto a sinistra per creare il piccolo avvallamento funzionale per appoggiare in sicurezza la pipa. La decorazione pittorica delinea invece la sagoma bidimensionale di un’imbarcazione resa più interessante dall’intreccio di funi e cavi nella parte superiore. Lo stesso disegno stilizzato…
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Come ricostruito da Anty Pansera, il progetto del presepe venne realizzato su richiesta della Società Ceramica Italiana di Laveno e venne sviluppato da Antonia Campi nonostante il suo convinto ateismo. Consapevole delle esigenze commerciali e pubblicitarie dell’azienda, la designer si impegnò a delineare i vari personaggi in chiave moderna, allontanandosi dalle forme della tradizione per preferirvi una schematizzazione in linea con il proprio stile personale. La versione suscitò diverse polemiche a causa della posizione accovacciata della Madonna, ritenuta inappropriata per un soggetto religioso e il prototipo del 1953 venne distrutto. La seconda versione, poi entrata in produzione, riusciva invece a…
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Nei primi anni di attività come dipendente della Società Ceramica Italiana di Laveno, Antonia Campi ha ideato molti oggetti d’uso ispirati alle forme e agli atteggiamenti di diverse tipologie di animali, citandoli in modo indiretto e con risultati di grande fantasia e ironia. Nel momento in cui Antonia Campi dovette cimentarsi con la creazione di un pressacarte, fu necessario immaginare un oggetto pesante e compatto, ma allo stesso tempo maneggevole ed esteticamente accattivante. Il risultato fu un blocco di terraglia a forma di cigno stilizzato, alleggerito da un buco laterale che ne accentua la sinuosa asimmetria e dotato di un…
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Tra gli oggetti d’uso inventati da Antonia Campi per la Società Ceramica Italiana di Laveno vi sono due piccoli salvadanai, realizzati abbandonando le “forme libere” predilette per vasi, portalampade e posacenere, e preferendo il ritorno a una figurazione di gusto infantile che meglio si adattava ad oggetti destinati ad essere utilizzati in prevalenza da bambini. Il salvadanaio a forma di Jolly venne realizzato in una serie limitata di 93 esemplari, dipinti con minime variazioni cromatiche, e riprendeva in tono brioso il classico gioco del pupazzo che fuoriesce a sorpresa dalla scatola. La forma si prestava perfettamente per essere rielaborata con…
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Il Portaombrelli modello C 33 fa parte del gruppo di terraglie prodotte in serie e appartenenti al catalogo degli Articoli fantasia, progettati da Antonia Campi tra il 1948 e il 1957. La forma ovoidale del portaombrelli e i grandi fori aperti nella ceramica, quasi a voler negare la funzione stessa dell’oggetto, dimostrano la conoscenza delle novità introdotte da Lucio Fontana, la vicinanza alle sculture di Henri Moore e la spiccata tendenza dell’artista verso l’astrazione e la geometrizzazione, sottolineata anche dall’uso di colori primari, spesso abbinati a smalti neri. La terraglia, presentata alla IX Triennale di Milano nel 1951 nella sezione…
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“Antonia Campi ha trasportato in un ‘servizio’ le espressioni formali che le sono care e consuete, e che sono completamente astratte da ogni funzionalità, destinazione ed economia produttiva. Questo servizio apparterrà non alla storia del costume, ma alla storia del gusto e si avvicinerà̀ nelle ‘vetrine’ di casa a tanti predecessori, servizi da vedere e non toccare. È un servizio ‘in marcia’, uccelliforme: l’astrattismo (o concretismo formale) sbocca spesso (o prende le mosse) in forme naturalistiche, animaliformi. I suoi presupposti sono più vicini alla natura che alla geometria, alla analisi psichica che a quella geometrica. […] Queste ceramiche non solo…
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L’ideazione di servizi da tavola, da caffè o da tè è da sempre uno dei temi più diffusi nel campo della progettazione ceramica e ogni designer si è trovato almeno una volta ad affrontare il problema di ideare un servizio capace di coniugare le esigenze pratiche con forme e decori moderni e originali. Anche Antonia Campi si è più volte cimentata con questo genere di prodotti, lavorando sia per la Società Ceramica Italiana di Laveno, sia per la successiva ditta nata in seguito all’acquisizione degli stabilimento di Laveno da parte della Società Ceramica Richard-Ginori. Nella maggior parte dei casi, l’artista…
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I Vasi C 237 e C 441 fanno parte delle ultime creazioni ideate da Antonia Campi per la Società Ceramica Italiana di Laveno, come testimonia l’alto numero identificativo associato ai due modelli. Entrambe le opere, dalla forma romboidale e schiacciata, rientrano nel catalogo degli “articoli fantasia”, prodotti su larga scala attraverso la tecnica di lavorazione a colaggio. I pezzi più rapidi da produrre erano quelli rivestiti con smaltature omogenee in tinta unita, che permettevano di limitare anche i costi di produzione e di vendita. Per il modello C 441 erano previste anche varianti con decori più complessi, che prevedevano la…
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Il Vaso a tre bocche è formato da tre vasi di forma ovoidale e differenti dimensioni saldati gli uni agli altri, creando un movimento fluido dato dall’espansione e dalla contrazione dei volumi. L’esemplare in esame è dipinto a mano con smalti ocra, blu e nero stesi attraverso pennellate dal forte impatto gestuale, con andamento verticale o orizzontale, che denunciano una chiara influenza da parte della pittura informale contemporanea. L’opera, nella versione tinta unita bianca, venne esposta in occasione della IX Triennale di Milano del 1951. L’idea dell’oggetto multiplo ottenuto attraverso un processo di assemblaggio di corpi simili ma di differenti…
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Il Vaso C 175 è stato prodotto in una serie limitata a venti esemplari, identici nella forma, ma variati nel decoro pittorico. Nel caso dell’esemplare in esame, la decorazione si basa su macchie e colature di colore di sapore informale, sui toni del nero, dell’azzurro e del marrone; in altri esemplari si ritrova invece la più diffusa soluzione in tricromia nero-blu-rosa o nero-bianco-blu, con lo smalto steso per campiture omogenee in modo da riempire aree dai contorni netti che si dispongono sulla superficie ceramica senza assecondare le forme dell’oggetto. La composizione asimmetrica e le linee morbide, curvilinee e avvolgenti sono…
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Il vaso C 27 appartiene alla serie di “Articoli fantasia” ideati dalla giovane Antonia Campi durante il primo periodo di attività in veste di designer presso la Società Ceramica Italiana di Laveno, come suggerito anche dal basso numero associato al modello. L’opera esemplifica perfettamente la concezione organica, fluida e morbida, abbracciata dall’artista in questi anni, che modellava le proprie opere seguendo “forme libere” che spesso rivelavano analogie con il mondo animale e le forme umane. Il vaso in esame è un perfetto esempio di questo andamento liquido, che in qualche modo rivela anche un riferimento alla tecnica a colaggio utilizzata…
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Il vaso, identificato con il codice di modello C 331, venne ideato da Antonia Campi per la serie limitata di terraglie prodotte dalla Società Ceramica Italiana di Laveno all’interno dello Stabilimento Lago. Il vaso venne realizzato in soli cinquanta esemplari e, secondo quanto riportato nelle schede tecniche della fabbrica, per la sua modellazione erano necessarie 10 ore di lavoro. Le forme asimmetriche e libere dell’oggetto, che può essere considerato un vaso-scultura, sono affini a molti progetti sviluppati in questi anni dall’artista per la manifattura lombarda. Più particolare e originale risulta invece la decorazione della superficie, animata da motivi graffiti in…
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vaso, per molto tempo ritenuto disperso e noto solo attraverso fotografie d’epoca, fa parte della serie di terraglie disegnate da Antonia Campi per lo Stabilimento Lago della Società Ceramica Italiana di Laveno. Le forme irregolari e l’asimmetria che determina la leggera pendenza in avanti del vaso sono caratteristiche tipiche delle invenzioni della designer, databili alla prima metà degli anni cinquanta. La volumetria monumentale e compatta del corpo del recipiente è ulteriormente sbilanciata dall’unica ansa laterale che crea una sorta di buco della struttura complessiva dell’oggetto e gioca con le proporzioni assottigliando la parte laterale dell’impugnatura. I due esemplari in esame…
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Il grande vaso dalle forme curvilinee e dalle anse laterali piatte e a onda fa parte di una serie limitata a soli dieci esemplari, disegnato da Antonia Campi per la Società Ceramica Italiana di Laveno. Oltre alle caratteristiche forme asimmetriche e fluide, ricorrenti nei progetti campiani, il vaso si distingue per il disegno graffito a mano dalla stessa artista, che sembra delineare sulla pancia del vaso un sole reso attraverso cerchi concentrici e una fitta serie di raggi aguzzi. Stefania Cretella
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Il Vaso C 5 fu il primo progetto documentato della Campi realizzato dalla Società Ceramica Italiana di Laveno e rappresenta uno dei modelli-simbolo frutto della collaborazione tra la creatività della designer e le possibilità tecniche della manifattura. Il vaso ha una forma asimmetrica e panciuta che si allunga nel collo stretto e aperto “a boccaglio”, definendo linee fluide e sempre diverse a seconda del punto di osservazione. Questo genere di invenzioni si rivelarono perfette per la produzione seriale a colaggio, dimostrando una rara capacità di coniugare le esigenze estetiche, frutto di una visione moderna e personale, con le necessità industriali….
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Il marchio argentino Verbano venne istituito nel 1953, ma dal 1995 fa parte dal gruppo portoghese Faiart, che ha continuato a utilizzarlo per produrre servizi da tavola seriali e di alta qualità, suddivisi in due linee principali a seconda del tipo di acquirente (privati o hotel). Antonia Campi ebbe modo di collaborare con l’azienda realizzando ad esempio i due vasi in esame. Si tratta di opere molto diverse rispetto alle forme libere e arrotondate che aveva sviluppato per la Società Ceramica Italiana di Laveno nel corso degli anni cinquanta. I due oggetti presentano infatti linee dritte e angoli taglienti che…
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In risposta alla vendita della storica manifattura Ginori di Doccia alla Società Richard di Milano, nel 1896 Galileo Chini fondò con Vittorio Giunti e Giovanni Montelatici la manifattura L’Arte della Ceramica, inizialmente dedita alla produzione di vasellame con decori neorinascimentali. Dopo il successo ottenuto all’Esposizione di Torino del 1898, la manifattura tentò con successo di ampliare il proprio repertorio mettendo a punto non solo nuove forme e nuovi decori, ma cercando anche di sviluppare nuove tecniche e di sperimentare differenti materiali, in modo da ottenere suggestioni sempre inedite e aggiornate ai cambiamenti del gusto internazionale. Tra le novità introdotte verso…
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Dopo aver frequentato la Scuola di disegno serale lavenese, Marco Costantini lavorò come cesellatore per diverse botteghe locali, iniziando parallelamente a sperimentare indipendentemente la tecnica dell’incisione su ceramica. Migliorò la propria abilità nell’incisione a bulino seguendo i corsi della scuola Umanitaria di Milano, che frequentò nel 1940, e studiando disegno presso diversi artisti. Tra il 1947 e il 1966, anno di chiusura degli stabilimenti di Verbano, Costantini mise a disposizione della Società Ceramica Italiana di Laveno le competenze e le abilità da incisore maturate negli anni precedenti, realizzando disegni di propria invenzione e progetti di Guido Andloviz, Antonia Campi e…
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Paolo De Poli studiò disegno e sbalzo a cesello su metallo presso la Scuola d’Arte Pietro Selvatico di Padova, per poi occuparsi di pittura frequentando lo studio veronese di Guido Trentini tra il 1925 e il 1927. La svolta nella sua carriera artistica avvenne nel 1933, quando De Poli riscoprì l’antica e ormai perduta tecnica dello smalto a gran fuoco su metallo, divenendo ben presto il massimo esperto e il più apprezzato artista italiano di questo particolare genere. Grazie alla perizia tecnica conquistata attraverso continui esperimenti sulla cottura e sull’applicazione degli smalti, De Poli riuscì a realizzare sia grandi pannelli…
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Grazie alle sue straordinarie abilità tecniche e alle continue sperimentazioni sugli smalti e sui lustri metallici, nel corso della sua lunga carriera Melandri ebbe la possibilità di lavorare insieme ai principali artisti del tempo e di creare opere originali e sempre diverse. Dalla collaborazione con lo scultore faentino Ercole Drei nacque il Vaso Pegaso, oggetto-scultura caratterizzato dalla presenta del cavallo alato della mitologia classica che sostiene tra le ali sollevate il recipiente a coppa. Il robusto modellato plastico, animato dalla nervosa torsione del collo, è esaltato da un eccezionale lustro metallico che rivela le doti tecniche e creative non comuni…
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La Società Anonima FACI (Fabbrica Artistica Ceramiche Italiane) venne fondata a Civita Castellana nel 1926 da Carlo Guerrieri, da Adolfo Brunelli e dalla Società Volpato, che mise a disposizione i suoi locali per allestire il laboratorio e i forni di cottura. Le ceramiche artistiche prodotte dalla manifattura si avvicinavano stilisticamente alle forme e ai decori di gusto déco e Novecento, mentre da un punto di vista tecnico dimostravano un approccio di tipo proto industriale, combinando la tornitura manuale con una decorazione ottenuta prevalentemente mediante l’uso di aerografi e mascherine che permettevano di riprodurre velocemente e in serie gli sfondi e…
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Grazie a una borsa di studio vinta a un concorso finanziato dal Consiglio dell’Economia Corporativa di Nuoro, nel 1930 Fancello si iscrisse all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, dove insegnavano figure di spicco della cultura artistica italiana, come Agnoldomenico Pica, Marcello Nizzoli, Edoardo Persico, Marino Marini e, per un breve periodo, Arturo Martini. Il giovane Fancello seguì il corso di specializzazione ceramica e il biennio di perfezionamento, concludendo gli studi con il diploma di Maestro d’Arte per la sezione ceramica. Durante la sua breve carriera, Fancello si dedicò con passione e costanza alla produzione ceramica, divenendo uno dei…
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Grazie alla sua innata creatività, Fegarotti diviene un artista poliedrico, capace di spaziare dall’illustazione all’argenteria, dai ricami al cuoio lavorato, dai mobili alla ceramica e al vetro, riuscendo a partecipare alle Triennali di Milano organizzate tra il 1930 e il 1936 in collaborazione con l’Ente Nazionale per l’Artigianato e le Piccole Industrie (ENAPI). In occasione della Sesta Triennale di Milano del 1936, Fegarotti espone il grande Vaso Giostra realizzato dalla SALIR di Murano in vetro fumé soffiato e inciso alla ruota. Si tratta di un vaso piriforme poggiante su un piede semisferico, sormontato da un coperchio conico con impugnatura a…
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Le sperimentazioni di Gambone nel campo della ceramica iniziarono dopo il trasferimento della famiglia a Salerno, periodo in cui il giovanissimo artista entrò in contatto con la fabbrica Avallone di Vietri sul Mare e con l’Industria Ceramica Salernitana, per le quali lavorò come pittore. Si trattava di un ambiente profondamente rinnovato dalla presenza di un nucleo di artisti provenienti dalla Germania e dal nord Europa, che determinarono un’apertura verso espressioni artistiche di maggior grafismo ed essenzialità, alleggerite da richiami al mondo della fiaba, del mito e del racconto popolare, una riscoperta del mondo primitivo che permetteva di allontanarsi dalle imposizioni…
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La serie di disegni firmati da Gariboldi furono realizzati nei primi anni trenta, quando l’artista rientrò a Milano dopo il servizio di leva e riprese la sua attività all’interno della sede S. Cristoforo della manifattura Richard-Ginori. I progetti, probabilmente destinati a un servizio di piatti o a pannelli decorativi, mostrano con evidenza la vicinanza del linguaggio maturato in questa fase giovanile con le modalità espressive tipiche del Ponti déco, con il quale condivide la definizione tornita e affusolata delle figure, il segno grafico semplificato, i richiami al mondo antico, soprattutto nella scelte delle forme dei vasi che arricchiscono le scenette,…
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La formazione artistica di Giovanni Gariboldi prese avvio nel 1922, quando il giovane quattordicenne decise di iscriversi alla Scuola degli Artefici dell’Accademia di Brera; conclusi gli studi nel 1926, Gariboldi iniziò un periodo di apprendistato come disegnatore presso lo stabilimento di terraglie S. Cristoforo, fabbrica milanese appartenente al gruppo della Società Ceramica Richard-Ginori. Grazie alla sua versatilità e intelligenza, Gariboldi conquistò la fiducia e la stima di Gio Ponti, per il quale si occupò di tradurre in disegni definitivi i diversi schizzi e progetti realizzati dall’architetto per manifesti e pagine pubblicitarie. In questa prima fase, Gariboldi creò anche semplici motivi…
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Il pannello, formato da quattro piastrelle divise su due livelli, raffigura un guerriero africano seduto all’interno di una tenda, circondato da armi e da alcuni vasi. In lontananza si intravede una capanna accanto a una palma. I singoli elementi che compongono la scena sono definiti attraverso un tratto ben definito, che evita di eccedere in dettagli conferendo all’insieme un tono fumettistico. I colori, privi di sfumature e passaggi tonali sono stesi per piatte campiture monocrome. Come evidenziato da Alice Zatti, anche se il tema rimanda all’Africa e alla guerra, riproponendo motivi sviluppati negli anni trenta da Gio Ponti per il…
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La coppia di piastrelle in esame fa parte di una serie di formelle decorative che raffigurano varie specie animali, singoli o in piccoli gruppi, caratterizzati da colori tenui e da linee di contorno fluide e sottili che concorrono a creare un’atmosfera leggera e ironica, adatta agli interni domestici del pubblico piccolo e medio borghese. Per i due esemplari in esame, Gariboldi illustra quadrupedi simili a puledri, cerbiatti e cammelli, con colli allungati e flessuosi, piccole code appuntite e criniere stilizzate, in piedi su terreni accidentati e avvolti in lunghi drappi azzurri. Le delicate campiture di colore, di una trasparenza che…
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Per raffigurare l’allegoria della primavera, Gariboldi elabora una testa di fanciulla con una ghirlanda di fiori appuntata tra i capelli, descritta attraverso un modellato raffinato e sintetico, valorizzato dalla particolare scelta cromatica basata sui toni del bruno e del verderame. L’essenzialità delle forme si coniuga con una lavorazione della superficie che determina solchi e incisioni più o meno profondi utilizzati per la definizione grafica dei capelli, dell’epidermide e del decoro presente alla base del collo. La frontalità iconica della fanciulla è accentuata dalla cavità vuota degli occhi a mandorla, secondo una modalità espressiva molto apprezzata dagli scultori del tempo, mutuata…
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Dopo la prima fase creativa fortemente influenzata dalla lezione pontiana, dalla quale derivavano sia le forme più vicine al gusto déco sia i decori caratterizzati da una leziosità e una preziosità di stampo settecentesco, Gariboldi dimostrò una più evidente propensione per i modelli di gusto Novecento, muovendosi a favore di una “maggiore virilità” e di una bellezza “che si rileva nella semplicità e purezza di forma”. Questo cambiamento matura intorno alla metà degli anni Trenta e trova definitiva conferma nell’autunno del 1936, quando, dopo aver visitato la mostra di ceramiche del Settecento esposte a Ca’ Rezzonico, invia un resoconto del…
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I due vasi dal corpo schiacciato e dall’imboccatura stretta ed estroflessa rappresentano due delle molteplici varianti cromatiche del modello 7410, caratterizzato dalla presenza di una raffinata e precisa scena in rilievo, eseguita a colaggio, raffigurante un cervo a riposo tra una fitta vegetazione. Il tema della caccia ricorre con una certa frequenza nell’immaginario figurativo di Gariboldi, come dimostrano alcuni disegni raffiguranti episodi di caccia al cervo conservati nella collezione privata della famiglia Gariboldi a Milano e nel fondo Quarti dell’Archivio Bertarelli, che custodisce anche il disegno preparatorio per questo specifico vaso (Archivio Bertarelli, Mario Quarti, dis. 2593). Non bisogna inoltre…
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Il modello di questa scultura non compare tra le ceramiche riprodotte nei documenti fotografici della manifattura, oggi depositati presso l’Archivio Storico della Città di Torino, ma fa parte della serie di opere per le quali si conserva ancora il prezioso prototipo in gesso del modello. Il puntuale lavoro di schedatura e riordino dell’Archivio dei gessi, in collezione privata, condotto da Daniele Sanguineti, ha infatti permesso di individuare circa trecento opere che non compaiono nelle immagini fotografiche d’epoca o in altre fonti e che risultano prive di numerazione, alcune effettivamente entrate in produzione, altre rimaste allo stadio di progetto. Appartiene alla…
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La scultura ritrae una giovane fanciulla dai capelli scuri, seduta sui talloni, con la mano destra appoggiata delicatamente a terra e con il braccio sinistro stretto intorno a una giara. La posizione instabile determina una leggera torsione del corpo che consente di donare alla composizione un senso di movimento sufficiente per rompere la schematicità dell’insieme e indurre l’osservatore a ruotare intorno alla scultura. La visione circolare della terraglia permette di apprezzare l’altissima qualità tecnica che è stata necessaria per la realizzazione della decorazione pittorica: se per la colorazione del lungo abito con maniche corte si è optato per un rosso…
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La scultura d’arredo, citata dalle fonti bibliografiche con il titolo La moglie del soldato, raffigura una donna seduta e vestita in abiti semplici e popolari, con il capo coperto da un fazzoletto legato sotto il mento, una maglia smanicata a righe incrociate indossata sopra una camicia candida con le maniche arrotolate fino al gomito e una gonna lunga che lascia intravedere gli zoccoli. Il volto delicato si caratterizza per le gote arrossate e per gli occhi azzurri, diversi dai grandi occhi di bambola solitamente adottati da Helen König Scavini, scelta che qui contribuisce a conferire alla figura un’espressione carica di…
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La Madonna dell’amore rientra nel vasto numero di sculture e placche legate alla raffigurazione della Vergine Maria, tema affrontato con continuità all’interno della manifattura, grazie alle sue infinite variabili iconografiche e al successo di pubblico e di vendita che ebbe fin dal momento della sua comparsa all’interno del catalogo della ditta. Come ricordato da Maria Mimita Lamberti, infatti, questo filone rispondeva alle richieste di un mercato privato, non ecclesiastico, che apprezzava oggetti di iconografia cattolica da esporre negli androni e nelle piccole edicole inserite nelle facciate dei palazzi, ma anche da donare in occasione di riti e ricorrenze religiose, dai…
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Il ceramista veneto Tarcisio Tosin si forma presso l’Istituto d’Arte di Nove e, dopo un periodo di apprendistato, inizia a lavorare per alcune ditte del territorio. Dopo una significativa attività come direttore artistico della manifattura “Borromeo” di Isola Bella, sul lago Maggiore, nel 1928 torna in Veneto per dirigere la fabbrica vicentina dei Fratelli Brotto, che quattro anni dopo Tosin acquista per dare vita alla manifattura di ceramiche artistiche “La Freccia”. Tosin, in collaborazione con diversi decoratori, definisce un campionario di ceramiche rivolto soprattutto alla produzione di sculture d’arredo di gusto popolare e caricaturale, che raffigurano animali, damine, sciatori, bambini…
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Negli anni ottanta Ugo La Pietra scoprì un particolare interesse per le arti decorative e iniziò a indirizzare i propri sforzi su questo versante, organizzando un gran numero di manifestazioni promozionali e creando centinaia di oggetti che riprendevano forme e decorazioni da differenti tradizioni locali, conferendovi nuovi significati e caricandoli molto spesso di allusioni ironiche e giocose. È il caso della Brocca culona prodotta per la prima volta dalla Bottega dei Vasai di Milano nel 1985, in seguito dal marchio Ceranima di Sesto Fiorentino e infine da artigiani di Vietri sul Mare, che adoperarono gli smalti dalle cromie tipiche della…
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Il problema della percezione dell’architettura come un riflesso sociale e la volontà di indagare il rapporto esistente tra l’uomo e l’ambiente circostante hanno interessato il pensiero progettuale e critico di Ugo La Pietra fina dalla metà degli anni sessanta. Come ricordato dallo stesso artista “per decenni (con fasi alterne e con diverse difficoltà) l’ambiente, non solo come spazio fisico ma soprattutto come luogo in cui si manifestano i comportamenti e dove si determinano le più complesse conflittualità tra gli individue, fu il mio territorio di ricerca e di espressione artistica” (Terre e territori. Ceramiche d’arte di Ugo La Pietra, catalogo…
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Il vaso con corpo globulare, piede circolare a gradini smussati e alto collo rigonfio fa parte della serie di opere del ciclo “La Cina è vicina”, avviato nel 2005 e composto da vasi che riprendono le forme e le decorazioni della cultura ceramica cinese. In questo caso, la superficie dell’oggetto è dipinta con fitti e brevi segni sui toni dell’azzurro e del blu che si muovono liberamente e vorticosamente, in armonia con il grafismo tipico del linguaggio di La Pietra. La stessa tipologia di vaso venne prodotta in associazione con altre decorazioni pittoriche e plastiche. Completano la serie vasi dal…
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Ugo La Pietra, artista, architetto, curatore di mostre e promotore di iniziative culturali, è una figura poliedrica presente nel panorama italiano e internazionale fin dai primi anni sessanta, mostrando un talento multiforme capace di esprimersi in diverse discipline e attività. Nel corso del tempo, La Pietra ebbe numerose occasioni per mettere in luce le sue doti creative e organizzative, unite a una particolare visione della società contemporanea e del suo rapporto con la produzione artigianale e industriale. Nel 1986, ad esempio, l’artista fondò a Cattolica l’Osservatorio di Cultura Balneare con l’obbiettivo di studiare e approfondire questa particolare cultura marginale e…
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Come sottolineato dallo stesso autore, l’arte ceramica ha avuto il merito di incarnare le differenti caratteristiche etniche e culturali delle varie comunità produttive, le quali, partendo da materie prime locali e ricorrendo a simboli e modalità espressive specifiche del proprio contesto storico, sociale, religioso e figurativo, hanno saputo creare prodotti tipici del territorio capaci di mantenersi pressoché inalterati nel corso del tempo (Terre e territori. Ceramiche d’arte di Ugo La Pietra, catalogo della mostra (Castellamonte, Palazzo Botton, 7 marzo – 30 marzo 2009), a cura di Simona Cesana, 2009, p. 12). La consapevolezza della frammentarietà territoriale tipica della storia italiana…
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Seguendo la sua naturale predisposizione per la produzione artigianale frutto delle singole realtà territoriali italiane, tra gli anni novanta e il primo decennio del XXI secolo, Ugo La Pietra ha rivisto alcune delle sue posizioni estetiche e critiche alla luce di una nuova concezione basata sull’idea di una società capace di riconoscere la “differenza” come “normalità”. All’interno di questo suo percorso sulla “nuova territorialità”, si inseriscono installazioni e alcuni piatti, intitolati Casa e giardino, caratterizzati dalla medesima tecnica esecutiva, che consiste nell’incidere la superficie degli oggetti in terracotta precedentemente ingobbiata, in modo da riportare alla luce la materia rossastra sottostante…
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“Ho sempre avuto una maggior confidenza con gli animali che con gli umani. Li ho osservati con affetto, mi hanno fatto compagnia nei momenti difficili, mi hanno rallegrato con i loro versi e i loro movimenti, hanno saputo darmi ‘segnali’ di come affrontare i problemi quotidiani” (Ugo La Pietra. Tracce. La mia territorialità, catalogo della mostra (Mondovì, Museo della Ceramica, 26 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014), a cura di Christiana Fissore, Riccardo Zelatore, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano), 2013, p. 46). La sua passione per il mondo animale si concretizza in una serie di “storie di animali” raccontate tracciando…
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Il problema del rapporto tra ciò che rientra nel campo della “normalità” e ciò che è parte della “diversità”, e di come essi vengano percepiti a livello sociale, è stato oggetto di lunghe riflessioni da parte di Ugo La Pietra, che ha affrontato questo argomento non solo a livello teorico, ma anche fattivamente attraverso opere di natura concettuale e dalla forte carica ironica, talvolta dissacrante. Il tema della “diversità contro globalizzazione” è stato ad esempio al centro della collezione di tazzine realizzate da Biesse di Brescia nel 1997, esposte l’anno successivo alla mostra organizzata alla Fortezza da Basso di Firenze….
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Proseguendo nel suo progetto di collaborazione con artisti-artigiani e manifatture interpreti delle tradizioni dei propri centri di appartenenza, nel 2010 Ugo La Pietra progetta una serie di ceramiche per la bottega di Nicolò Morales, artista di Caltagirone formatosi presso il locale Istituto Statale d’Arte e presso diverse botteghe di maestri ceramisti del suo territorio. Le opere della serie conservano i caratteri plastici e cromatici tipici della cultura mediterranea, ma applicati a progetti moderni capaci di restituire la sensazione delle assolate giornate siciliane, descrivendo piazze rivestite di piastrelle in miniatura e edifici senza tetto e pareti, animati da opulenti figurini nudi….
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Ugo La Pietra si autodefinisce un “ricercatore nelle arti visive” e il frutto più evidente di questa sua continua ricerca sperimentale può essere considerato l’enorme repertorio di oggetti/prototipi mai entrati in produzione, costituito da oltre duemila esemplari (Dialoghi con Ugo La Pietra, intervista di Marco Meneguzzo, in Ugo La Pietra. Il senso rabdomico. Opere e ricerche 1958/2016, a cura di Marco Meneguzzo, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano), 2016, p. 21). Il prototipo in esame riproduce una figura femminile inginocchiata e appoggiata sui gomiti, in modo da offrire la propria schiena come appoggio. Il corpo è completamente nascosto al di sotto…
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Claudio La Viola si affermò negli anni settanta come fashion-designer, creando collezioni maschili che rivisitavano lo stile classico nel rispetto dei tagli artigianali e delle proporzioni. A partire dagli anni novanta, il suo campo di interesse si spostò nel settore dell’arredamento e dell’architettura d’interni, collaborando con aziende come Agape, Richard-Ginori, Zani&Zani e Brix. La storica manifattura ceramica di Doccia ha prodotto alcuni servizi da tavola ideati dall’artista milanese, come il servizio da caffè comprendente la caffettiera in esame. Per la caffettiera, La Viola ha utilizzato la forma geometrica del cilindro, al quale ha innestato un rigido e lungo beccuccio e…
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Dopo un’iniziale formazione e attività nel campo cinematografico e teatrale, l’artista savonese si dedicò prevalentemente alla produzione artistica, trovando nella ceramica il mezzo tecnico più adatto per esprimere la propria creatività, sempre influenzata dal suo occhio da regista e appassionato cinefilo. La fase sperimentale può considerarsi conclusa nel 1984, quando presentò la serie Cineceramica, costituita da Fotogrammi in ceramica dedicati ai grandi film. Fin da questo primo gruppo di opere, che segnano l’inizio della sua produzione matura, lo stile e gli interessi di Laveri si orientano verso una personale interpretazione ironica e giocosa dei simboli della cultura occidentale del XX…
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Figlio di un professore di disegno, Leoncillo studiò all’Istituto d’arte di Perugia, per poi trasferirsi nel 1935 a Roma, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti ed entrò in contatto con Corrado Cagli e con gli altri membri della Scuola Romana, rimanendo fortemente influenzato dai loro modi espressivi e dalle loro scelte tematiche. Nel 1935, Leoncillo eseguì la sua prima scultura in ceramica e quattro anni dopo diviene direttore artistico della manifattura Rometti di Umbertide, occupandosi non della produzione seriale, bensì della modellazione di ceramiche artistiche e pezzi unici. La permanenza a Umbertide, conclusa nel 1942, gli permise di sperimentare e…
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Verso la fine degli anni cinquanta, lo stile di Leoncillo subisce una nuova trasformazione che lo porta ad allontanarsi dai temi zoomorfi e figurativi degli anni precedenti, influenzati da forme protocubiste di derivazione picassiana, per preferirvi composizioni astratte, lontane da ogni tentativo di raffigurazione descrittiva della realtà. Nel processo creativo di Leoncillo l’elemento materico risulta essere il perno intorno a cui ruota tutto il mondo espressivo dell’artista, che rivela caratteri spirituali e visivi prossimi alla tendenza informale. Il materiale ceramico utilizzato come medium principale per le sue sculture diviene una materia grezza da sbozzare, incidere, sovrapporre e corrodere, lasciandone in…
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Hans Stoltenberg Lerche, artista di origini norvegesi nato nel 1867 in Germania, a Düsseldorf, e stabilitosi in Italia nei primi anni del Novecento, con la sua opera mostra una via alternativa alla linea floreale e serpentina proposta dall’Art nouveau franco-belga e dal Liberty italiano. Le sue opere, risalenti al secondo decennio del XX secolo, rimandano infatti a miti e leggende nordici che si intrecciano ad interessi per i movimenti secessionisti mitteleuropei, per la pittura degli impressionisti e per la cultura islamica e dell’Estremo Oriente. La sua arte ha infatti una nota di sublime: il mondo che mette in campo è…
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Les Argonautes è un marchio fondato da Isabelle Ferlay e Frédérique Bourguet, appartenente al nutrito gruppo di manifatture nate nella regione di Vallauris a partire dalla fine del XIX secolo, sulla spinta di una consolidata tradizione locale ulteriormente rivitalizzata dall’arrivo, intorno alla metà del secolo, di Suzanne Ramié, Roger Capron, Robert Picault e Jean Derval e, poco tempo dopo, di Pablo Picasso, che qui iniziò a sperimentare con il materiale ceramico proprio in seguito alla conoscenza con i coniugi Ramié. Le opere di Les Argonautes sono prevalemtemente ceramiche in terracotta dipinta con smalti dai colori naturali, realizzate modellando e plasmando…
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Aldo Londi iniziò giovanissimo il suo apprendistato all’interno di un laboratorio di ceramica a Montelupo Fiorentino, sua città natale, per poi lavorare fino al 1935 per la manifattura montelupina “Ceramiche Artistiche F.lli Fanciullacci”. Conclusa l’esperienza con la Fanciullacci, Londi proseguì l’attività di ceramista presso la fabbrica “Bitossi Ceramiche”, dando vita a un sodalizio artistico che durò fino al 1976, anno del suo pensionamento, interrotto solo dalla pausa forzata dovuta al conflitto mondiale e al lungo periodo di prigionia trascorso in Sudafrica. Per la manifattura Bitossi, dagli anni settanta ribattezzata “Ceramiche Flavia”, Londi ideò, in qualità di direttore artistico, numerosi vasi,…
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Lajos Mack, dopo aver studiato scultura all’Accademia di Vienna, nel 1899 si recò presso la manifattura Zsolnay a Pècs, dove vi rimase fino al 1922. La sua collaborazione con l’azienda cominciò progettando una collezione per l’Expo mondiale di Parigi del 1900. In tale esposizione la manifattura vinse il primo premio, realizzando numerose ciotole, vasi e lampade in ceramica in stile modernista, tutti pezzi originali modellati e dipinti a mano (La nascita del Liberty a Torino 1902: le arti decorative internazionali nel nuovo secolo, a cura di Rossana Bossaglia, Ezio Godoli, Marco Rosci, Milano 1994, pp. 571-575, 584-604). Tra la fine del XIX…
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Intorno al 1927, Arturo Martini ideò la particolare composizione plastica intitolata Le collegiali, prodotta in più esemplari e lasciata prevalentemente priva di decorazione pittorica. Le diverse varianti in terracotta presentano una superficie grezza, accidentata e graffita che esalta il lirismo anti-monumentale e lo spirito arcaico che domina l’opera, rivelando anche nella scelta del materiale e della sua trattazione un legame con le culture primitive. Questi aspetti vengono attenuati nelle varianti policrome, delle quali il modello in esame ne è un esempio, in quanto la levigata lucentezza degli smalti riducono sensibilmente l’effetto di ruvida matericità tipico della terracotta e enfatizzano le…
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La piccola scultura in terracotta raffigura un toro con un drappo appoggiato sul dorso, particolare che ha permesso di riconoscere nell’animale la rappresentazione del “Giove senza Europa”, tema mitologico che allude alla solitudine, all’abbandono e al desiderio. L’interpretazione del tema in quest’ottica ha permesso anche di proporre una datazione compresa tra il 1942, anno in cui venne pubblicato il racconto Viaggio d’Europa di Massimo Bontempelli con illustrazioni di Martini, e il 1946, quando la scultura venne inserita nel catalogo della Galleria del Milione di Milano come pezzo unico identificato dal numero 11066. La definizione anatomica dell’animale non segue una volontà…
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In seguito ai buoni risultati ottenuti con le sue sculture in ceramica in occasione della Terza Biennale di Monza del 1927, Arturo Martini tornò a collaborare con Mario Labò, ideando una nuova serie di piccole plastiche di soggetto religioso e mitologico, realizzate nelle fornaci della manifattura La Fenice di Manlio Trucco con il marchio Savona nuova, creato dallo stesso Labò. Tra le opere di questa seconda serie compare anche la scultura Visitazione, presentata per la prima volta in occasione della mostra tenutasi nel novembre del 1927 presso la galleria Pesaro di Milano. Nel testo di presentazione inserito nel catalogo dell’esposizione,…
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Come dichiarato da Emanuele Gaudenzi nel certificato di autenticità compilato nel 2008, la scultura rappresenta un’eccezionale e inedita testimonianza della migliore produzione ceramica realizzata da Melandri tra la fine degli anni quaranta e i primi anni del decennio successivo. Per quest’opera, Melandri abbandona le forme arrotondate e morbide del periodo precedente, per preferirvi volumi compatti e squadrati che accentuano e consolidano la forza espressiva del soggetto, modellato lasciando una superficie accidentata, quasi con un effetto martellinato, che si addice perfettamente alla lucentezza argentea del lustro metallico, con riflessi che virano verso i toni più caldi dell’argento brunito e dell’oro antico….
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Le straordinarie doti di plastificatore sviluppate da Melandri a partire dall’inizio degli anni Trenta vennero impiegate dall’artista per creare un ampio repertorio di maschere, pannelli e gruppi plastici legati soprattutto a temi tratti dall’immaginario mitologico. Tra i soggetti prediletti vi è la figura di Orfeo, protagonista sia di pannelli ceramici sia di sculture, come testimoniano i due esemplari in esame. In entrambi i casi, il giovane presenta un corpo slanciato bloccato in una postura aggraziata ma allo stesso tempo irrigidita, con in mano la cetra, simbolo delle sue abilità musicali da incantatore di animali. Il terreno roccioso e le piante…
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Il gruppo di nove putti, colti in diverse pose e atteggiamenti che trasmettono un senso generale di festosa gaiezza, si configura come una serie omogenea caratterizzata dalla medesima concezione plastica e pittorica, quest’ultima resa attraverso un lustro metallico sulle tonalità dell’ocra dorato. Melandri modella le piccole e paffute figurine, dotate di cesti, foglie e grappoli d’uva di bacchica derivazione, descrivendone sommariamente le caratteristiche fisiche e ottenendo l’effetto di piccoli pupazzi. L’unica eccezione è probabilmente rappresentata dal putto su base semisferica, ornata da foglie cuoriformi, che stringe tra le mani attributi diversi e presenta differenze evidenti nella cangianza del lustro e…
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La balausta appartiene a una serie di opere di analoga forma e cromia realizzate da Melotti sul finire degli anni quaranta e utilizzate come sostegno per i tavoli di un negozio milanese del 1950, arredato da Guglielmo Ulrich (cfr. Guglielmo Ulrich, gli oggetti fatti ad arte, catalogo della mostra (Verona, settembre 1994), a cura di Ugo la Pietra, con scritti di G. Alfarano, R. Bossaglia, E.B. Gentili, I. Vercelloni, G. Ulrich, I. Parisi, L. Scacchetti, Electa, Milano 1994, p. 105, fig. 152). Per questi elementi, Melotti ripensò la tradizionale forma verticale della balaustra trasformandola in una sorta di magma incandescente,…
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La scultura (codice CE58 dell’Archivio Fausto Melotti) è costituita da quattordici cerchi in ceramica realizzati piegando lastre di argilla successivamente dipinte in modo irregolare con diverse gradazioni di grigio. I singoli elementi sono stati assemblati insieme creando una composizione apparentemente instabile e accentuando il senso di equilibrio precario grazie all’inserimento di piccole sfere in ceramica smaltata sospese all’interno della quasi totalità dei cerchi mediante sottili fili metallici. Il movimento oscillatorio delle palline e l’assenza di uno solo di questi elementi in uno dei cerchi esterni crea un’ulteriore percezione di fragilità, mentre l’asimmetrica e calibrata distribuzione dei vuoti rivela l’estrema sensibilità…
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Fausto Melotti entrò in contatto per la prima volta con Gio Ponti nel 1930 e venne ben presto invitato dal direttore artistico della manifattura Richard-Ginori a collaborare con lui come disegnatore e progettista. La prima occasione per mostrare al pubblico le nuove creazioni del giovane scultore fu la Quarta Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza del 1930, per la quale Melotti preparò un bassorilievo raffigurante una Madonna, esposto nella sezione d’arte sacra, e diverse statue in maiolica e porcellana presentate nella Galleria della Ceramica (Catalogo ufficiale della IV Esposizione Triennale Internazionale delle Arti Decorative ed Industriale Moderne maggio ottobre…
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Fausto Melotti inizia a plasmare opere in ceramica sul principio degli anni Trenta e prosegue fino agli anni Sessanta; si tratta dunque di un’esperienza che segna profondamente il percorso artistico dello scultore e svolge un ruolo centrale e continuo all’interno della propria attività. A partire dal secondo dopoguerra, Melotti si avvicina al gruppo degli artisti informali italiani e produce sia vasi e plastiche di dimensioni contenute, sia sculture in terracotta presentate alle Biennali di Venezia del 1948, 1950 e 1952. L’artista riesce a sfruttare la duttilità̀ propria del materiale ceramico per realizzare oggetti-sculture che riescono a incarnare appieno la poetica…
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Nel corso della sua lunga attività, Alessandro Mendini, designer interessato anche al campo della pittura e della scultura, ha collaborato con numerose industrie internazionali, realizzando oggetti, arredi e installazioni che sono divenuti delle icone del design contemporaneo. Tra le aziende con cui ha collaborato compare anche la manifattura Venini, per la quale ha disegnato lampade e oggetti di varie tipologie a partire dal 1987. Come riportato sul sito ufficiale della manifattura, il designer ha saputo cogliere la magia della fornace, tanto da descrivere le sue impressioni sull’ambiente muranese in termini di suggestiva fascinazione: “Nella mia memoria, sono da sempre depositati…
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Dopo il conseguimento del diploma all’Accademia Albertina di Torino e della laurea in Lettere moderne, Ugo Nespolo iniziò una brillante e multiforme carriera artistica che, a partire dagli anni sessanta, lo portò a sperimentare numerose tecniche e materiali, passando con disinvoltura dal cinema al teatro, dalla pittura alla grafica, dalla ceramica al vetro. Il suo rapporto con la ceramica iniziò negli anni ottanta, quando nel biennio 1985-1986 venne invitato a partecipare al laboratorio “Giocare con l’arte”, progetto ideato da Bruno Munari e organizzato presso il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, mentre le sue prime significative opere ceramiche, realizzate in…
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Ottaedro Laveno è il nome di un gruppo costituitosi negli anni ottanta con lo scopo di sperimentare e realizzare ceramiche recuperando la tradizione manifatturiera locale, iniziando a rivisitare il tema del Presepe proponendo numerose varianti che mostrano le infinite potenzialità espressive offerte dal mezzo ceramico. Il sistema preferito dagli artisti del gruppo è quello di rappresentare la realtà tridimensionale di paesaggi o scene figurate scomponendo lo spazio prospettico mediante frammenti bidimensionali e monocromi che scalano uno dietro l’altro secondo piani paralleli o linee di fuga oblique, ricomponendo la realtà come in un gioco per bambini o in un teatro per…
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Andrea Parini si diplomò in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, città in cui aprì il proprio studio per la realizzazione di sculture e di xilografie, per poi tornare nel 1928 a Caltagirone, sua città natale, dove insegnò alla Scuola d’avviamento. L’attività didattica proseguì anche nei decenni successivi, divenendo direttore della Regia Scuola d’Arte Ceramica “Giuseppe De Fabris” di Nove, compito che ricoprì senza interruzioni dal 1942 al 1963. È dunque durante il ventennio trascorso nel vicentino che Parini realizzò la scultura oggi in collezione privata, costituita da una colonna cava e aperta per contenere cinque colombe appollaiate…
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Durante una vacanza in Provenza nell’estate 1946, Picasso visitò l’esposizione annuale dei vasai di Vallauris e conobbe Suzanne e Georges Ramié, proprietari dell’atelier Madoura, nel quale l’artista ebbe modo di sperimentare per la prima volta la modellazione ceramica. Iniziò così un’amicizia decennale tra i coniugi Ramié e Picasso, il quale intraprese una nuova avventura creativa che continuò fino ai primi anni settanta. Trasferitosi nella piccola località della Francia del Sud e impiantatovi qui uno studio che mantenne fino alla metà degli anni cinquanta, Picasso ebbe modo di continuare le sue sperimentazioni, creando vasi, piatti, boccali e piccole sculture che denotano…
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Giuseppe Picone, nato a Napoli ma romano di adozione, non si considerava né artista, né stilista, né artigiano, né ceramista, volendo evitare di essere inquadrato in un ruolo ben definito. Elementi fondamentali del suo mondo creativo risultarono sempre essere il colore e il segno grafico, che dominavano le sue invenzioni per ceramiche, tessuti e illustrazioni. Il tema principale delle sue invenzioni, trasformato ben presto nel marchio distintivo della sua produzione artistica, divenne la figura del prete, introdotta negli anni cinquanta e nata proprio in concomitanza con l’inizio del suo interesse per la ceramica, come ricordato dallo stesso artista: “Quando ho…
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Il calamaio è composto da un corpo cilindrico in porcellana dipinta in policromia con piattino incorporato, chiuso da un caratteristico coperchio conico svasato terminante con un pomolo sferico, e dotato di contenitore interno per l’inchiostro. La forma, ideata tra il 1924 e il 1925, venne utilizzata dalla manifattura anche in combinazione con altri decori, come nel caso del calamaio Gli amanti. Il titolo attribuito all’oggetto descrive perfettamente il decoro ideato da Ponti, il quale immaginò una serie di edifici dalle cromie sgargianti, affacciate su piazze cittadine dalla pavimentazione a losanga che ricordano le piazze metafisiche dechirichiane. Il nome secondario, Quattro…
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Nel corso della seconda metà degli anni venti, la manifattura Richard Ginori fu impegnata nella realizzazione di Trionfi da tavola prodotti su commissione del Ministero degli Esteri, che affidò alla fabbrica di Doccia il compito di ideare e produrre centrotavola da inviare a tutte le ambasciate italiane all’estero, per ornare la tavola durante i pranzi ufficiali e mostrare agli ospiti una delle espressioni artistiche più rappresentative del patrimonio culturale e industriale della Nazione. Non è noto con precisione quando la manifattura ottenne questo prestigioso incarico, ma dal carteggio tra Ponti e Tazzini si evince che una precedente commissione per un…
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La collaborazione tra Ponti e la Cooperativa Ceramica di Imola iniziò nel 1946 e si protrasse in modo discontinuo e sporadico fino agli anni sessanta. Secondo il racconto di Domenico Minganti, modellatore e direttore della sezione artistica tra il 1957 e il 1974, Ponti giunse a Imola quasi per caso, durante una sosta nel viaggio tra Milano e Faenza, e nel corso della visita allo stabilimento rimase particolarmente colpito dalle invenzioni scultoree e dai primi prototipi di bottiglie a cui Minganti stava lavorando (Cari amici. Gio Ponti alla Cooperativa Ceramica d’Imola, Itaca, Castel Bolognese (RA) 2002, p. 9). Dopo quella…
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Tra il 1966 e il 1967 Gio Ponti fornì i disegni per un servizio da tavola composto da piatti piani e fondi e da vassoi ellittici disegnati da Ambrogio Pozzi per il catalogo della Ceramica Franco Pozzi, fondata nel 1942 a Bolladello di Tradate e undici anni dopo trasferita a Gallarate. La manifattura del varesotto presentava una organizzazione interna a conduzione familiare, con Ambrogio incaricato della direzione tecnica e artistica, e il fratello Carlo responsabile della parte amministrativa ed economica. La visione progettuale maturata da Ponti in questi anni rispecchiava perfettamente le esigenze di un’azienda volta a una produzione di…
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Le tre placchette in terraglia dura a gran fuoco, dipinte nella sede milanese della manifattura, furono realizzate da Ponti per il bar della motonave Saturnia, varata nel 1927 e inizialmente destinata alla rotta per l’America del Sud. Ispirandosi al motto “Bacco, Tabacco e Venere riducono l’uomo in cenere”, Ponti rielabora il tema con il suo caratteristico spirito ironico e dissacrante, che finisce per rendere le opere uno scherzo divertente piuttosto che un monito nei confronti dei comportamenti dissoluti. La continuità tra i tre riquadri è garantita dalla gamma cromatica comune, che si ripete anche nella cornice giocata sui toni brillanti…
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Nel catalogo della mostra del 1983, il bolo in porcellana dipinto in blu e oro, noto anche con il titolo Minerva, viene inserito all’interno della famiglia denominata L’amore dell’antichità, vicino alle altre opere della serie per l’esplicito riferimento al mondo classico. Per la definizione della dea romana, riprodotta più volte scandendo ritmicamente la superficie del contenitore, Ponti non si rivolse direttamente a una fonte classica, né ideò un’immagine ex-novo, ma mutuò il soggetto dagli affreschi realizzati da Baldassarre Peruzzi nel 1527 all’interno del castello senese di Belcaro, così come riportato anche nell’iscrizione presente sotto la base. In effetti, la figura…
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Come ipotizzato da Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa Giovannini e Oliva Rucellai, il particolare motivo disegnato da Ponti sarebbe da collegare con la nascita del gruppo Il Labirinto, fondato per volontà di Tomaso Buzzi, Emilio Lancia, Pietro Chiesa, Paolo Venini, Michele Marelli e dello stesso Ponti, con lo scopo di disegnare e produrre mobili di lusso, vasi, lampadari, tessuti e complementi d’arredo, venduti nel negozio della Venini & C. aperto in via Montenapoleone e destinati a un pubblico raffinato, in grado di comprendere e apprezzare la direzione moderna e allo stesso tempo neoclassica scelta dai maggiori interpreti del Déco milanese….
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In una lettera giunta alla manifattura toscana il 10 luglio 1927, Ponti descrive e disegna i bozzetti per un nuovo motivo decorativo pensato per essere applicato su barattoli cilindrici e su calamai: “Mi è stato suggerito un delizioso decoro per codesto barattolo: gli amanti cioè due figurette legate con una catena attorno al barattolo. Prego quindi mandarmi lo sviluppo del barattolo affinché io possa fare il disegno. Un disegno del genere può maliziosamente ornare anche i calamai / mandatemi lo sviluppo anche di questi. Queste invenzioncelle che non comportano modellazione e se mai solo un minuscolo impianto e s’adattano a…
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Il calamaio prodotto nello stabilimento S. Cristoforo di Milano è uno straordinario esempio della capacità inventiva di Gio Ponti, direttore artistico della manifattura Richard-Ginori a partire dal 1922, in quanto le forme tradizionali di un oggetto d’uso comune e quotidiano vengono convertite con sapienza ed eleganza per ottenere un oggetto d’arte decorativa funzionale ed esteticamente accattivante, fortemente legato a una particolare sensibilità estetica capace di coniugare influenze classiche con il moderno orientamento déco. Basandosi su una moderna interpretazione della classicità, il cui riferimento è palesato anche dal titolo scelto per identificare l’oggetto, Ponti trasforma il contenitore per l’inchiostro in un…
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Come indicato nel catalogo merceologico databile ai primi anni trenta, il piccolo contenitore troncoconico era venduto per essere utilizzato come cache-pot per piante grasse e faceva parte di una serie di vasi completi di sottovaso coordinato, dipinti con diversi decori. Il tema dei Castelli, anche detto Archi e paesi, si sviluppa senza soluzione di continuità su tutta la superficie esterna, impaginando una sequenza di colline stilizzate ad arco tra le quali si inseriscono edifici di varie forme e colori, che descrivono un paesaggio vivace e allegro, quasi infantile, ma sempre raffinato ed elegante. Lo schema compositivo, la selezione cromatica e…
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Il nucleo di opere in porcellana e in maiolica, pur apparentemente molto diverse tra loro, rientra all’interno della grande famiglia denominata Conversazione classica, che rappresenta il tema più noto tra quelli ideati da Ponti. Il soggetto si caratterizza per la presenza di numerosi personaggi vestiti all’antica e dotati di specifici attributi iconografici che li trasformano nella personificazione delle cosiddette “attività gentili” e dei mestieri, applicati con sapienza su una ricca varietà̀ di ceramiche, sebbene la forma più preziosa e articolata sia certamente da identificare con quella della cista, il cui progetto originario risale al 1924-1925, come attestano le date riportate…
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Per il decoro della coppa con bordo leggermente estroflesso e piede troncoconico, Ponti disegnò un ironico angelo – giocatore di golf inserito in un paesaggio roccioso con alberi in lontananza, coppia di colombe in volo e sole tra nubi. Il soggetto, trattato con la solita attenzione grafica per i dettagli e la consueta fisicità piena e tornita, è realizzato in oro inciso e lucidato a punta d’agata, che testimonia ancora una volta l’abilità delle maestranze impiegate all’interno della Pittoria di Doccia. Il tema, in occasione della mostra del 1983 compreso all’interno del gruppo denominato Figure alate (Gio Ponti. Ceramiche 1923-1930….
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La piccola coppetta a fiore sostenuta da un piedistallo con piedini ricurvi, probabilmente utilizzabile come piccolo recipiente da tavola, è nota soprattutto nella versione in porcellana in blu a gran fuoco e oro a punta d’agata, secondo una combinazione cromatica che si ritrova anche in un’ampia serie di piccoli oggetti di forme differenti e nelle più complesse ciste e urne con decori ispirati ai Trionfi (Ceramiche moderne d’arte Richard-Ginori, Soc. Anon. Stab. Arti Grafiche Alfieri e Lacroix, Milano s.d. [1930 circa], p. 22). La versione in esame della coppetta modello 567 è invece dipinta con un particolare smalto giallo a…
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Il blocco in ceramica presenta volumi pieni e massicci, ormai di gusto Novecento, che ben si adattavano alla funzione di reggilibri; attraverso un marcato segno inciso nella maiolica il blocco prende forma e mostra una serrata coppia di elefanti in posa speculare, circondati da alti ciuffi d’erba. Come si evince dal catalogo a stampa, la coppia di reggilibri era prodotta in tre diverse grandezze e in tre varianti cromatiche, comprendenti, oltre alle versioni in grigio e in bruno qui esemplificate, ceramiche a “gran rosso” (Ceramiche moderne d’arte Richard-Ginori, Soc. Anon. Stab. Arti Grafiche Alfieri e Lacroix, Milano s.d. [1930 circa],…
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L’erma fermacarte fa parte di una serie di piccoli oggetti plastici, comprendenti anche modelli maschili ed erme bifronte portamenù e segnaposto, riferibili alla serie L’amore dell’antichità. Se i portamenù e seganposto furono disegnati da Ponti nel 1924 e modellati da Zambini, l’ideazione del fermacarte avvenne l’anno seguente (Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Maretti editore, 2015, p. 218). In questo caso, Pontì creò prima il modello maschile con la barba, poi quello senza barba e la variante femminile, come dimostrerebbe la presenza alla Seconda Mostra Internazionale delle…
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L’elemento caratteristico di questa porcellana risulta essere il particolare coperchio con presa modellata plasticamente che raddoppia l’altezza totale dell’oggetto e raffigura una coppia di ballerini in abiti da contadini che sollevano le estremità di un drappo posto dietro le loro spalle. Il soggetto rientra dunque nel genere delle tematiche popolaresche, che fanno parte del vasto repertorio di disegni e suggestioni che popolano l’eterogeneo immaginario pontiano. Le due figure si trovano davanti a un complesso intreccio vegetale, fortemente stilizzato, che quasi sicuramente influenzò il ceramista Giuseppe Piombanti Ammannati nel momento in cui modellò la composizione di rami, perle e putti posti…
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Secondo la suddivisione in famiglie proposta nel catalogo edito in occasione della mostra sulle opere del museo di Doccia, organizzata a Firenze, il tema I pellegrini rientrerebbe all’interno della vasta Serie policroma , caratterizzata dal ricorso a smalti dai colori brillanti e da soggetti legati alla modernità (Gio Ponti. Ceramiche 1983, p. 131). Il bolo è decorato con un caratteristico motivo costituito da agili pellegrini con sacco e bastone che camminano in un paesaggio collinare, diretti verso la chiesetta sulla cima del Monte Santo. Il soggetto fu ideato da Ponti nel 1924 e fu inizialmente pensato per essere prodotto sul…
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Il grande piatto in porcellana con La Lettura raffigura un gruppo di due uomini e due donne radunatisi all’aria aperta per leggere un libro ad alta voce. La presenza di una figura femminile nuda seduta per terra accanto a due uomini vestiti ha portato a ipotizzare l’esistenza di un rapporto tra l’opera pontiana ed esempi della produzione pittorica ottocentesca, con un richiamo esplicito al dipinto Déjeuner sur l’herbe di Édouard Manet (Frescobaldi Malenchini, Giovannini, Rucellai 2015, p. 162). Il piatto ha un pendant nel modello intitolato Il concerto, accomunato dalla medesima tecnica esecutiva, da uno stile similare, da un’impostazione di…
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La grande piattella in porcellana Le attività gentili: i Progenitori è il modello di partenza da cui è stata in seguito sviluppata la nutrita serie intitolata Le attività gentili, caratterizzata dalla presenza di allegorie, singole o in gruppo, legate alle diverse attività umane. Nel grande piatto da parata, il centro è occupato dall’immagine del nucleo familiare, mentre nei diciotto scomparti circostanti, delimitati da cornici in oro lucidato a punta d’agata per creare motivi geometrici e colonne tornite, si trovano altrettante figure rappresentanti nudi maschili e silhouette femminili vestite con il peplo associati ad attributi iconografici tradizionalmente legati alle diverse attività artistiche…
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Il vaso Le mie terre venne progettato da Ponti nello stesso periodo del vaso Mappamondo figurato, con il quale condivide la tematica e l’originale forma circolare con anello centrale, che trasforma il tradizionale vaso sferico in una sorta di globo terrestre. Ponti prosegue pertanto la politica di diversificazione della produzione sostenuta dall’architetto fin dal suo arrivo nel 1923, che permetteva di adattare e di combinare insieme forme e modelli diversi, aumentando la varietà e la quantità di modelli presenti nel campionario della manifattura ceramica. La differenza principale tra i due esemplari consiste nella scelta di sostituire le immagini caratteristiche di…
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Il tema delle Stagioni ha sempre avuto una notevole fortuna artistica, prestandosi per essere interpretato attraverso un’infinita varietà di allegorie e combinazioni. Lo stesso Ponti, in qualità di direttore artistico della manifattura Richard-Ginori, si avvicinò a tale soggetto traducendolo prima attraverso la sequenza di sirene che ornano piatti, piastrelle e vasi, poi mediante coppie di giovani contadini che trasportano i simboli della relativa stagione appesi ad aste, come nel caso della serie di piatti in esame. Questa iconografia, databile al 1927-1928, rispetta le medesime caratteristiche stilistiche della serie Vendemmia e rielabora la composizione già sviluppata nella scena con Il trasporto,…
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La produzione di piastrelle decorative, immaginate come piccoli quadretti ad uso domestico, rappresentava una parte significativa del campionario fin dalla nascita della manifattura e continuò ad essere sviluppata anche durante il periodo pontiano nella sede milanese S. Cristoforo, adattando disegni creati per le diverse famiglie o sviluppandone di autonomi. La serie di opere in esame esemplifica la varietà di stili, soggetti e atmosfere ideata da Ponti nel corso della sua collaborazione con la Richard-Ginori, permettendo alla manifattura di accontentare le richieste di una clientela dalle esigenze più diverse. Soggetti come La canzone e Il cocomero, costituiti da figure sedute con…
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Il tema dei tarocchi venne sviluppato da Ponti fin dal 1923, applicandolo esclusivamente su piattelle in porcellana dipinta in policromia o in bicromia (blu e oro, porpora e oro). Oltre ai piatti con figure tratte dalle carte, il cui legame con il tema dei tarocchi appare più evidente, la serie prevedeva esemplari come quello in esame, ornato con una reinterpretazione della Ruota della Fortuna, formata da balaustrini torniti disposti a raggiera su cerchi concentrici. La Ruota della Fortuna poteva essere eseguita in policromia, con fiore centrale, o in oro con al centro un angelo centrale (Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa…
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Tra le novità introdotte da Ponti nel catalogo della manifattura sul finire degli anni venti e presentate in occasione della Quarta Triennale di Monza del 1930 compare la serie “gran rosso” prodotta nello stabilimento di Doccia. Si trattava di oggetti in “maiolica grossa” (Anticipazione alla Triennale di Monza, in “Domus”, n. 29, maggio 1930), rivestiti con uno smalto rosso omogeneo e piuttosto cupo, che permetteva di far risaltare le forme solide e compatte dei vasi, dei recipienti e dei piatti che facevano parte della famiglia. Non erano previste decorazioni pittoriche, ma il valore artistico dell’oggetto doveva essere ricercato nella purezza…
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Il grande piatto da parete, forgiato senza distinzione tra cavetto e tesa, è dipinto con una scena galante raffigurante una fanciulla seduta su una elaborata panca, intenta a conversare con un giovane dal sorriso beffardo, ritratto in piedi di fronte a lei. Lo spazio intorno ai due personaggi risulta inesistente, fatta eccezione per la macchia rossastra che suggerisce la presenza di un pavimento e per le due farfalle in volo intorno al capo della donna. La parte superiore è infine occupata da un cartiglio svolazzante, recante il sarcastico avvertimento “Se donna ti parla sorridile e non ascoltarla”. Nonostante la datazione…
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La figura femminile, stante al centro del cavetto con un canestro di frutta in equilibrio sulla testa, mostra i tipici tratti delle fanciulle pontiane: profilo greco, occhi a mandorla privi di pupille, braccia e gambe tornite e allungate, il tutto reso attraverso un tratto pulito, semplice e sintetico che riusciva ad interpretare perfettamente il gusto déco ricercato dall’architetto, rivelando stringenti affinità con le contemporanee sperimentazioni di Guido Andloviz per la Società Ceramica Italiana di Laveno e con la produzione mittleuropea, in particolare legata alla Wiener Werkstaette di Powolny e Peche. Il titolo del piatto, inserito nel cartiglio che fluttua nella…
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Il piatto è la rielaborazione semplificata della serie Conversazione classica, la famiglia più importante tra quelle ideate da Ponti, caratterizzata dalla presenza di numerosi personaggi maschili e femminili vestiti all’antica e dotati di specifici attributi iconografici che li trasformano nella personificazione delle cosiddette “attività gentili” e dei mestieri. Rispetto al tema originario, la Passeggiata archeologica si distingue per il minor numero di figure, quasi tutte dotate del bastone da passeggio, e per l’assenza degli elementi secondari come le coppie di puttini o levrieri; si conservano invece l’uso dello sfondo ripartito geometricamente in senso diagonale per suggerire la presenza di una…
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La particolare forma del portafiammiferi in porcellana, caratterizzata dalla presenza di due ali da utilizzare come impugnature laterali, venne ideata da Ponti tra il 1927 e il 1928 e fu impiegata in combinazione con diversi decori, come Labirintesca o soggetti della serie blu a gran fuoco e oro (Cfr. Ceramiche moderne d’arte Richard-Ginori, Soc. Anon. Stab. Arti Grafiche Alfieri e Lacroix, Milano s.d. [1930 circa], p. 26; Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Maretti editore, 2015, p. 291, cat. 200; p. 418, cat. 326). In questo caso,…
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Il decoro 1925 venne ideato da Ponti per essere applicato su portagioie con piedini, di forma ovale o circolare, inseriti nel catalogo della manifattura nel 1924 e immaginati per essere ornati con piccoli ma eleganti motivi in blu e oro, associati a un decoro “a pavimento” posto lungo il bordo del contenitore. Ponti e Tazzini decisero che tale motivo poteva essere facilmente applicato su piccoli piattini in porcellana, sempre di forma ovale o rotonda, già prodotti dalla manifattura e utilizzabili come posacenere o portagioielli. L’esemplare in esame appartiene a questa seconda tipologia di oggetti e, sebbene parzialmente rovinato, mostra ancora…
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La forma dei piccoli portagioie con piedini venne introdotta all’interno del catalogo della manifattura nel 1924 e venne utilizzata per molti anni in associazione con numerosi decori di ridotte dimensioni, ideati appositamente per queste forme o ripresi da famiglie già esistenti (cfr. Ceramiche moderne d’arte Richard-Ginori, Soc. Anon. Stab. Arti Grafiche Alfieri e Lacroix, Milano s.d. [1930 circa], 50, 52-56). La serie in esame si caratterizza per la presenza di elementi di chiara ispirazione classica, resi attraverso una particolare bicromia che trasforma gli oggetti in silhouette nere che si stagliano su un uniforme sfondo corallo. L’accostamento cromatico accentua ulteriormente il…
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I due piccoli oggetti in porcellana fanno parte di una serie di elementi decorativi per la tavola, comprendenti alberelli portafiori, piccoli cache-pot per piante grasse, fermacarte a forma di tartaruga, saliere e portagioie, che potevano essere ornati con motivi ornamentali di ispirazione geometrica e architettonica. Il motivo “a bugne”, ideato nel 1924, si ispira ai paramenti murari rivestiti con pietre tagliate a punta e spigoli vivi, particolarmente diffusi in epoca rinascimentale, ed è reso ancora più insolito dall’elegante contrasto cromatico ottenuto dall’abbinamento del verde, del porpora e dell’oro. Il progetto del portamenù, utilizzabile anche come segna posto, risale al 1924…
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Le due sculture in maiolica policroma, disegnate da Gio Ponti, sono state modellate da Salvatore Saponaro, che secondo Roberto Papini è riuscito con intelligente abilità a tradurre in plastica il sentimento romantico e l’eleganza ricercata tipici del linguaggio pontiano (Roberto Papini, Le arti d’oggi: architettura e arti decorative in Europa, Casa Editrice d’Arte Bestetti e Tumminelli, Milano 1930, Tav. CCXLIV, fig. 430). Il particolare soggetto pontiano, prodotto in diversi esemplari, riproduce una figura maschile con la testa reclinata e appoggiata sulla mano sinistra, seduta a gambe incrociate su una base dipinta con il titolo dell’opera. Un modello del Pellegrino stanco…
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I tre esemplari appartengono a una serie di piatti ornamentali in porcellana dipinta in viola, grigio e oro con il tema delle Allegorie, interpretate mediante diverse figure femminili all’antica dotate di specifici attributi desunti dalla tradizione iconografica, che permettono di riconoscere agevolmente il soggetto rappresentato, comunque esplicitato dall’iscrizione riportata nella parte superiore del piatto. L’Ospitalità è la prima allegoria in ordine di tempo ideata da Ponti, così come testimoniano le lettere conservate nell’archivio del Museo di Doccia (Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Maretti editore, 2015, p….
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I quattro esemplari in porcellana, ideati da Gio Ponti tra il 1924 e il 1925, appartengono alla serie di piatti in blu e oro decorati con soggetti di ispirazione classica. Il primo tema, intitolato L’amore dell’antichità, presenta al centro una figura femminile in abiti all’antica posta accanto a un’erma, mentre lo spazio circostante è suddiviso in sezioni regolari da erme maschili e femminili alternate, legate le une alle altre attraverso un drappeggio. Uno schema compositivo analogo si ritrova anche negli altri tre piatti, sebbene in questi casi la superficie interna sia scandita da colonne disposte a raggiera che si raccordano a una…
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I soggetti raffiguranti momenti legati alla vendemmia vennero ideati da Ponti nel 1927 per decorare, “con quell’arguto scanzonato spirito che gli è proprio” (Carlo A. Felice, Bacco e la pittura murale, in “Domus”, n. 10, ottobre 1928, p. 28), il locale milanese Alla Penna d’Oca, arredato e ornato da Ponti e dagli altri architetti del gruppo Il Labirinto e descritto da Giolli come “la taverna dei giornalisti, degli scrittori e degli artisti, e pur senza bohème pericolosa” (Raffaello Giolli, Cronache milanesi. Case nuove – Alla “Penna d’oca”, in Emporium”, Vol. LXVI, n. 392, agosto 1927, p. 116). Sembra che solo…
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I piatti in maiolica appartengono alla fortunata famiglia conosciuta con il titolo Le mie donne (Gio Ponti. Ceramiche 1923-1930. Le opere nel Museo Ginori di Doccia, catalogo della mostra a cura di F. Abboni, S. Salvi, G. Pampaloni, P. C. Santini (Firenze, 19 marzo – 30 aprile 1983), Electa, Milano 1983, pp. 110-112), un tema di evocazione rinascimentale che recupera la tradizione iconografica delle Belle donne, ovvero quel particolare genere affermatosi a Faenza verso l’ultimo quarto del Quattrocento, caratterizzato dalla presenza di ritratti femminili, spesso associati al cartiglio riportante il nome della donna, dipinti su piatti, coppe e brocche. L’idea…
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Le Sirene delle quattro stagioni rientrano nel variegato gruppo di piatti, ciste e vasi appartenenti alla serie intitolata La migrazione delle sirene. A differenza di altre famiglie tipologiche, composte da soggetti derivati da un disegno principale, La migrazione delle sirene presenta composizioni molto diverse tra loro, accomunate dalla costante presenza della figura mitologica metà donna e metà pesce. L’interesse di Ponti per tale iconografia è dovuto principalmente alla possibilità di riflettere contemporaneamente sul problema della rappresentazione della figura femminile e della creatura fantastica, affrontato con la sua consueta ironia, mista a eleganza e raffinatezza. Nella sequenza di piastrelle dipinte in…
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La famiglia di oggetti denominata “nero e oro”, in riferimento alla caratteristica e raffinata combinazione cromatica, venne prodotta all’interno dello stabilimento milanese S. Cristoforo della Richard-Ginori. La serie venne prodotta entro il 1930, come testimonia la presenza di alcuni di questi oggetti nella sala allestita dalla manifattura in occasione della Quarta Triennale di Monza (Fotografia della sala, Archivio Fotografico della Triennale di Milano). Si trattava prevalentemente di piccoli vasi e oggetti d’uso dalle forme semplici, decorate con diversi motivi figurativi o geometrici che rispecchiavano perfettamente lo stile tipico messo a punto dal direttore artistico della manifattura fin dal 1922. Nella…
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Le due porcellane in esame, decorate con un tema appartenente alla Serie policroma descritta nel catalogo edito in occasione della mostra sulle opere del museo di Doccia (Gio Ponti. Ceramiche 1983, p. 131), illustrano il magico mondo del circo, legato al divertimento e alla vita quotidiana contemporanea. Il particolare motivo iconografico viene affrontato da Ponti attraverso una straordinaria leggerezza inventiva, perfettamente interpretata attraverso un segno delicato e sottile che definisce esili pagliacci, sollevatori di pesi, giocolieri, addomesticatori di animali e trapezisti liberamente distribuiti sulla superficie bianca della porcellana. La coppa in esame rappresenta la raffinata variante del tema realizzato in…
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Secondo la suddivisione in famiglie proposta nel catalogo edito in occasione della mostra sulle opere del museo di Doccia, organizzata a Firenze nel 1983, sotto il titolo di Serie policroma si raccolgono una straordinaria varietà di soggetti ispirati al mondo contemporaneo, sviluppati da Ponti attraverso una selezione cromatica vivace e brillante, che ben si adattava allo spirito allegro e leggero del tema. Nella maggior parte dei casi, i soggetti venivano realizzati su coppe in porcellana bianca con piede estroflesso o su piccoli boli (Gio Ponti. Ceramiche 1983, p. 131). Velesca e I Fantini rientrano nella ricca sezione dedicata agli sport,…
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Le opere in esame fanno parte di una serie di ceramiche ornate con scene ispirate al tema dei Trionfi, all’interno della quale Ponti inserisce il Trionfo della Fortuna, il Trionfo dell’Amore, il Trionfo della Morte e il Carro trionfale. Si tratta di un argomento di ispirazione classica, legato alle scene dei trionfi militari dell’antica Roma durante i quali si celebravano le gesta degli eroi e dei comandanti che sfilavano alla guida di una biga di fronte al popolo e al Senato romano. Il legame con la classicità è ribadito anche dal titolo e dall’iscrizione in latino inserita all’interno dei cartigli…
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Sul finire degli anni venti, Gio Ponti inventa una rilevante serie di decori da applicare su vasi sferici con collo stretto e leggermente estroflesso prodotti nello stabilimento S. Cristoforo a Milano e dotati di un piccolo foro nella parte inferiore del corpo sferico che permetteva il passaggio del cavo elettrico necessario per convertire il vaso in un portalampada. Limitando la gamma cromatica a pochissimi smalti, Ponti è comunque riuscito a realizzare interessanti e articolati decori di soggetti differenti che si distribuiscono su sfondi a bande orizzontali o a intreccio, che mostrano la sapiente maestria dei decoratori nel saper modulare le…
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Come già riscontrato da Salvi (Gio Ponti. Ceramiche 1923-1930. Le opere nel Museo Ginori di Doccia, catalogo della mostra a cura di F. Abboni, S. Salvi, G. Pampaloni, P. C. Santini (Firenze, 19 marzo-30 aprile 1983), Electa, Milano 1983, p. 120) e da Terraroli (Rossana Bossaglia, Valerio Terraroli (a cura di), Milano déco. La fisionomia della città negli anni Venti. Guida, Skira, Milano 1999, p. 62, n. 45), il tema della caccia, legato alle figure mitologiche di Artemide e delle ninfe dei boschi, è stato uno dei soggetti più studiati da Ponti, come testimoniato dai numerosi disegni e schizzi preliminari,…
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Il servizio da tè per sei persone presenta una caratteristica forma sferica, denominata Barbara nel catalogo della manifattura pubblicato verosimilmente intorno al 1930. Grazie ai volumi puri della sfera, utilizzata sia come presa dei coperchi che come forma per il corpo principale dei diversi elementi del servizio, Ponti riesce a rendere estremamente moderno un manufatto tradizionale come il servizio da tavola, che in questo caso presenta anche diretti legami con il repertorio classico della manifattura. Il beccuccio applicato al corpo sferico della teiera è infatti una diretta citazione dei beccucci già utilizzati dalla manifattura Ginori di Doccia in alcuni servizi…
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Il servizio da tè e da caffè progettato da Ponti per la manifattura di Doccia presenta linee pulite e rigorose, determinate dal ricorso a forme geometriche ben riconoscibili, applicate non solo alla struttura portante di ciascun oggetto, pensato come un tronco di cono rovesciato, ma anche ai dettagli funzionali del beccuccio a triangolo e delle anse e delle impugnature, trasformate in semicerchi. Nel servizio in esame, l’essenzialità delle forme è accompagnata da una decorazione in vivaci smalti blu e rosso carminio che tracciano linee concentriche e ortogonali ispirate ai tessuti tartan delle Highland scozzesi. Come ricostruito nel catalogo dedicato alle ceramiche…
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Per la piastrella in porcellana bianca e oro, elegantemente graffito e lucidato, Ponti riprende un motivo iconografico già sperimentato nel piatto L’amor novo, eliminando alcuni elementi di contorno e trasformando la figura femminile con abiti all’antica in un angelo dalle grandi ali, vestito con una corta e ampia gonna. Anche in questo caso, il protagonista si appoggia con il braccio sinistro al capitello di una bassa colonna, tenendo con la mano opposta la penna d’oca che ha utilizzato per scrivere sul fusto “α tutto passa ω”. Ponti conserva il medesimo stile grafico e una propensione per le forme morbide e tornite,…
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Il doppio ruolo di Ponti come direttore artistico della Società Ceramica Richard-Ginori e di fondatore e direttore della rivista “Domus” permise all’architetto di ricorrere con una certa frequenza alle pagine della rivista per pubblicizzare, attraverso articoli e immagini fotografiche, le ultime novità create per la manifattura, secondo una modalità che continuò anche dopo la fine della sua attività per la società ceramica. Ciò accadde anche per la linea a “disegni unici” di cui fa parte il piccolo vasetto con figurina dalle mani a foglia, in volo accanto a una scala, che venne presentata nella versione a fondo chiaro sul numero…
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Come già accaduto per altri vasi progettati da Gio Ponti per la Società Ceramica Richard-Ginori, la forma impiegata dal direttore artistico risulta essere una libera interpretazione di forme tratte dall’arte vascolare antica, che non viene citata in modo diretto, ma sfruttata per recuperare e adattare in chiave moderna alcuni elementi caratteristici, come le anse corte e lievemente oblique ampiamente adoperate in recipienti come crateri e kalpis. Sul corpo ovoidale del contenitore si innesta poi un originale collo dal profilo globulare che si apre in una bocca a calice, raddoppiando l’altezza totale del vaso e determinando un rapporto proporzionale tra le…
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In previsione dell’imminente Triennale di arti decorative del 1930, Ponti chiese ad Alfred Brown e ai chimici del laboratorio di Sesto Fiorentino di inventare una nuova tecnica esecutiva che potesse costituire una nuova famiglia e divenire l’elemento di novità del campionario della manifattura da esporre a Monza. Nacque così la porcellana tenera, dal colore grigiastro, che poteva essere prodotta nella versione in biscuit con lumeggiature dorate e nella variante con rivestimento in smalto celadon (Livia Frescobaldi Malenchini, Maria Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Maretti editore, 2015, p. 450). Come ricordato…
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Per lo stabilimento S. Cristoforo di Milano, nel 1925 Gio Ponti progettò un vaso con coperchio in terraglia dipinta con un paramento architettonico in smalto rosso corallo. La forma cilindrica del contenitore è resa più particolare e interessante dal coperchio alto e affusolato terminante con un nido contenente una colomba. Si tratta di una forma elegante, utilizzata anche nelle urne in porcellana prodotte a Doccia a partire dal 1923, che trova ispirazione in modelli precedenti, come la zuccheriera in stile impero presente nel catalogo di Doccia tra il 1790 e il 1825. Il decoro è invece un omaggio a Sebastiano…
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Il vaso monumentale fa parte della serie dei grandi vasi in grés prodotti nello stabilimento di S. Cristoforo, pensati principalmente come elementi ornamentali da giardino. Le forme del vaso rielaborano in chiave moderna quelle dei crateri greci, semplificandone la sagoma grazie all’eliminazione delle anse laterali. La superficie è rivestita da una smaltatura omogenea ed è ornata sul fronte principale da una piccola decorazione in rilievo formata da armi incrociate. Alcuni dei vasi da giardino della serie, con forme e decori diversi rispetto a quello in esame, furono esposti nell’atrio del secondo piano nobile della villa Reale di Monza in occasione…
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L’iconografia della figura femminile inserita all’interno di grandi corolle dai petali increspati faceva parte dell’ampia e complessa famiglia detta Le mie donne, sviluppata da Ponti a partire dal 1923 e utilizzata inizialmente solo per decorare grandi piatti da parata. Successivamente il motivo ornamentale, rigorosamente dipinto a mano dalle abili maestranze della Pittoria di Doccia, iniziò a essere applicato anche su ciotole e vasi, giungendo alla realizzazione di alcuni otri di grandi dimensioni che combinano insieme le varie figure su sfondi più articolati. Il primo esempio risulta essere il grande vaso globulare in maiolica, simile a un cratere antico, dipinto in…
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Il Vaso Mappamondo figurato fa parte dei pezzi ceramici ideati durante gli ultimi anni di collaborazione tra Gio Ponti e la Manifattura Richard-Ginori. Rispetto all’algida poetica neoclassica delle porcellane del periodo iniziale, le maioliche progettate tra il 1928 e il 1930 presentano strutture più solide e decorazioni pittoriche dalle tinte brillanti e dai disegni semplificati. Nel Mappamondo figurato il corpo sferico del vaso viene trasformato in un originale globo terrestre circondato da un anello a sezione triangolare, che indica la linea dell’equatore e segnala il passaggio dei meridiani. I confini dei continenti sono sommariamente delimitati da una linea continua marcata…
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Le due opere in terraglia prodotte dalla S. Cristoforo di Milano sono accomunate dalla decorazione pittorica che adatta alle diverse superfici il medesimo motivo ornamentale, costituito da agili e snelle figurine legate al mondo del circo, della musica e della danza, ciascuna accompagnata da un’iscrizione a lettere capitali che riporta il nome del personaggio. Il dato probabilmente più interessante va individuato nel marchio, nella firma e nella data (1922) riportati sotto la base del vaso, in quanto permettono di provare in modo definitivo il momento di inizio dei rapporti di collaborazione tra il giovane architetto e la nota manifattura tosco-lombarda….
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Riprendendo un’idea già sviluppata nella serie di soggetti inizialmente disegnati per la motonave Saturnia, Ponti applicò la figura della Venere stracciona a piattelle databili tra il 1927 e il 1929, caratterizzate dalla presenza della medesima figura tra diverse vedute architettoniche (due varianti con rovine ed edifici in costruzione e una versione con maestose quinte architettoniche, sempre in stile classicheggiante). Se il modello iniziale della dea era ispirato alla Nascita di Venere di Botticelli, la postura assunta dalla Venere delle piattelle circolari riprende l’iconografia della Venere pudica esemplificata sul modello della Venere de’ Medici, statua ellenistica conservata presso la Galleria degli…
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Il servizio completo Forma 900 era formato da tazzine con piattino, caffettiera, teiera, lattiera, zuccheriere con o senza manici, ed era prodotto in associazione con diverse tipologie di decoro. Gli oggetti avevano volumi semplici ed essenziali, dai profili lisci e dalle linee pulite, secondo il gusto 900 che dava il titolo al servizio. Il motivo esemplificato dalla zuccheriera in esame era intitolato Bonaventura e illustrava un uomo sdraiato su un prato intento a leggere, tracciato mediante forme semplici e curvilinee dipinte con colori primari sfumati. Come indicato dal titolo del decoro, il soggetto è una rivisitazione in chiave pontiana del…
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La collaborazione tra Gio Ponti e Paolo Venini iniziò negli anni venti in occasione della straordinaria avventura del gruppo Il Labirito, creato nel 1927 insieme a Emilio Lancia, Michele Marelli, Pietro Chiesa e Tomaso Buzzi, con lo scopo di fornire alla ricca borghesia italiana arredi e oggetti decorativi che riuscissero a coniugare semplicità, eleganza, modernità e praticità. Il rapporto tra l’architetto e l’imprenditore milanese continuò anche nei decenni successivi e portò alla nascita di nuove linee di oggetti per la casa progettate da Ponti per i laboratori vetrari della Venini. Nel 1946, Ponti ideò, ad esempio, una serie di bottiglie…
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Nel corso della sua lunga carriera di designer e architetto, Ponti si trovò più volte a collaborare con la manifattura Venini, fornendo disegni e progetti per oggetti d’uso e opere decorative. Tra i modelli pontiani si inserisce anche la specchiera dal profilo quadrilobato, chiusa entro una cornice in vetro trasparente con complesso motivo a torchon. L’opera è completata da due portalampadine a forma di cornucopia stilizzata, disposte specularmente e con le estremità affusolate sovrapposte. La cornucopia è ancora un ricordo della precedente fase Déco, ampiamente utilizzata da Ponti e dal suo amico e sodale Tomaso Buzzi come elemento decorativo ricorrente…
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Come indicato nelle etichette presenti sui vari pezzi, le terraglie in esame sono prototipi per la celeberrima serie di prodotti da tavola progettati da Ambrogio Pozzi e Joe Colombo su commissione dell’Alitalia. Le richieste della committenza erano piuttosto precise e vincolanti, in quanto erano interessati a una serie di servizi e di contenitori destinati ad usi differenti, da produrre in ceramica a doppio spessore o in plastica usa e getta a seconda della classe di volo. Dato che il servizio doveva essere utilizzato durante i vari voli di linea, i singoli pezzi dovevano essere stabili, compatti, impilabili e combinabili tra…
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Tra il 1968 e il 1970, il sodalizio tra il marchio Pierre Cardin e la creatività di Ambrogio Pozzi diede vita a due progetti basati sul concetto di assemblaggio e impilabilità, divenuti ben presto icone del moderno design: si trattava del progetto Ensemble, in terraglia smaltata in vari colori, e del successivo Set Cono. Quest’ultimo era costituito da tredici pezzi in ceramica, impilabili uno sull’altro per costituire un cono privo di sporgenze o altri elementi che potessero interrompere la perfezione della forma geometrica. Per impedire la creazione di differenze nella colorazione o nella dimensione, i pezzi di ciascun set venivano…
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Le forme squadrate addolcite dagli angoli smussati, il beccuccio appena accennato, il coperchio con impugnatura facilitata grazie alle quattro rientranze che creano al contempo un vago motivo decorativo e la smaltatura bianca e uniforme rientrano negli standard del moderno design internazionale, basato su concetti quali la stabilità, la compattezza e il rigore formale, l’assenza di decorazione, la praticità e la funzionalità. Si tratta dunque di un oggetto che, rielaborando e semplificando ulteriormente esempi precedenti come la teiera Exagon in porcellana celadon, anticipa le esperienze progettuali degli anni sessanta e settanta e che mostra una vicinanza con il design nordico e…
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Il Raku è un’antica tecnica di lavorazione e cottura della ceramica tipica della tradizione giapponese, che l’ha utilizzata soprattutto per la produzione di ciotole e tazze da impiegare in occasione della cerimonia del tè. Si tratta dunque di una tecnica antica, carica di significati rituali e mistici, che si basano sul rispetto e sull’esaltazione della bellezza derivata dalla semplicità e dalla naturalezza delle forme e dei colori, che in quanto tali possono contenere imperfezioni che non vengono percepiti come difetti ma come valori aggiunti. La tecnica iniziò poi a diffondersi al di fuori del territorio giapponese a partire dal Settecento,…
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La cristalleria Collevilca, attiva dal 1960, si trova nel cuore della Toscana, tra Firenze, Siena e Pisa, area da secoli interessata alla produzione di oggetti artistici e d’uso comune in vetro e cristallo. L’azienda ha saputo coniugare le tecniche tradizionali con le nuove tecnologie industriali, affidandosi ad architetti e designer per la progettazione di forme e decori inediti e originali. In questo programma di dialogo e scambio tra creatività artistica e abilità tecnica si inserisce il rapporto di collaborazione tra la ditta senese e il designer Ambrogio Pozzi, che in questa occasione si allontana dall’abituale materiale ceramico per cimentarsi nuovamente…
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La serie di opere in terracotta ingobbiata o in maiolica fu prodotta nel corso del 2001 ed è frutto della collaborazione tra Ambrogio Pozzi e le Ceramiche CSM. Nonostante l’apparente diversità del nucleo di ceramiche, è possibile individuare alcuni elementi ricorrenti che permettono di evidenziare i differenti indirizzi e interessi portati parallelamente avanti del designer varesino. Dal punto di vista tecnico, Ambrogio Pozzi ama sperimentare con le differenti potenzialità espressive offerte dal materiale ceramico, spaziando dalla più arcaica terracotta ingobbiata e graffita, alla classica maiolica smaltata con colori accesi e vivaci, tipici della più nota tradizione italiana, non rinunciando ad…
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I volti idealizzati e semplificati, sempre ritratti di profilo, sono un leitmotiv dell’immaginario figurativo dell’artista, che li applica su oggetti, sculture, dipinti e cromotarsie. Nei dipinti, i volti dai particolari occhi a pesce si ripetono pressoché identici e con un ritmo quasi ossessivo, e interpretano, in chiavi diverse, il problema dei rapporti umani basati sul confronto e sul dialogo, evidenziando anche i casi in cui le chiacchiere diventano malignità. Per la serie dei Teatrini del 2006, Ambrogio Pozzi sperimenta la particolare tecnica della cromotarsia, realizzando dei veri e propri puzzle di legno ottenuti assemblando a incastro profili in legno ritagliati…
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I due grandi piatti in terracotta realizzati nel 2007 sono stati dipinti con una leggera velatura in nero o in bianco, in modo da mettere ulteriormente in risalto i segni graffiti sulla superficie ancora cruda dell’argilla. La scelta di limitare la gamma cromatica ai soli bianco e nero, ai quali si aggiunge il colore naturale della materia prima, rispecchia l’interesse preponderante per la forma, che l’artista ha da sempre posto in primo piano a discapito dell’elemento pittorico e coloristico. I fitti disegni che incidono la superficie dei piatti riflettono pienamente l’immaginario figurativo di Ambrogio Pozzi, che nel corso della sua…
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I temi legati all’immaginario esoterico, mistico e trascendentale sono sempre stati particolarmente amati da Ambrogio Pozzi, che nel corso della sua attività li ha saputi interpretare attraverso diverse tecniche e con spunti creativi e iconografici differenti. Un caso particolare è rappresentato dalla scultura Maga, realizzata in bisquit l’anno prima della morte, immaginata come una porzione di piramide sulla quale si staglia un volto enigmatico e iconico, che denuncia tratti esotici che accentuano e fortificano il richiamo alle piramidi e alle sfingi dell’antico Egitto. Stefania Cretella
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Il vaso in maiolica, rivestito in smalto bianco opaco, fa parte della serie Jazz, formata da tre vasi che, attraverso linee sinuose e zigzaganti, interpretano diversi strumenti musicali. Il gruppo completo prevede anche un vaso di altezza intermedia ispirato al clarino e un vaso più allungato dedicato al sassofono. Le forme non sembrano essere una citazione dell’aspetto reale dei diversi strumenti, quanto piuttosto la sintesi delle diverse onde sonore emesse dagli strumenti a fiato. La serie è prodotta tutt’oggi, e si può trovare anche nelle varianti in smalto nero opaco o lucido. Stefania Cretella
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Nel corso del tempo, la collaborazione tra Ambrogio Pozzi e la ditta tedesca Ritzenhoff ha dato vita a diversi oggetti d’uso, in particolare bicchieri e tazze, caratterizzati da disegni in smalti colorati che rispecchiano i soggetti e lo stile allegro e colorato tipico dell’artista. In questo caso, il bicchiere per il latte, sostenuto da un basamento in vetro opaco, è decorato con due teste stilizzate, definite attraverso spesse linee nere riempite con piatte campiture in rosso e blu, che prendono ulteriore forza nel contrasto ottenuto versando il latte all’interno del contenitore. Un motivo analogo a quello in esame verrà riutilizzato…
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Per onorare la memoria di Philip Rosenthal, scomparso nel 2001, la manifattura tedesca invitò diciassette artisti internazionali a lui vicini e legati da rapporti di amicizia a creare un’opera ciascuno da inserire all’interno di una serie limitata. Per l’occasione, Ambrogio Pozzi realizzò il grande piatto da parete Confronti, che mostra due teste identiche, una bianca, l’altra nera, poste l’una di fronte all’altra davanti a un disco rosso, che si staglia a sua volta su un quadrato blu inscritto in un cerchio nero. Come indicato nel catalogo dell’azienda, l’artista voleva rappresentare la modalità di rapportarsi di Philip con gli artisti: sempre…
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Tra le creazioni ideate da Ambrogio Pozzi per la manifattura tedesca Rosenthal si inserisce la Tazza da tè d’autore, eseguita nell’ambito di un progetto voluto dall’azienda tedesca, che vide coinvolti trenta designer impegnati nella progettazione di altrettante tazze da caffè. L’esemplare ideato da Pozzi, qui nella versione per il tè, si caratterizza per la particolare impugnatura a doppia ala stilizzata, lontana da ogni volontà di ricerca ergonomica, ma, al contrario, studiata per rendere difficile la presa tradizionale e obbligando l’ospite a ricercare soluzioni alternative per sollevare la tazza. Il modello poteva essere prodotto in diverse varianti pittoriche, pensate per esaltare…
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Il vaso scultura è costituito da una base cilindrica che sostiene un volume semicircolare attraversato da scanalature che seguono un disegno triangolare e si ispirano alle pieghe degli origami; l’opera è dunque il risultato dell’assemblaggio di volumi puri e forme geometriche, esaltati dal candore opaco del bisquit. Si tratta di un oggetto che, nell’essenzialità dei colori e nella pulizia delle linee, rispecchia perfettamente l’idea formale portata avanti in questo periodo dall’artista, che si muoveva, secondo quanto evidenziato da Gillo Dorfles nel 1987, verso “il rifiuto della decorazione” (Ambrogio Pozzi, catalogo della mostra (Faenza, Palazzo Esposizioni, 18 luglio – 4 ottobre…
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Il pesce in terracotta dipinta fa parte del gruppo di sculture zoomorfe e antropomorfe realizzate dal giovane Ambrogio Pozzi del 1953. In questo esemplare, il riferimento agli stilemi aspri, taglienti e accidentati della plastica e della cromia informale caratteristici delle invenzioni ceramiche di Leoncillo appare evidente e sembra risentire dell’influenza diretta del maestro, che l’anno precedente aveva esposto alla Prima Mostra della Ceramica d’Arte Italiana a Messina, rassegna alla quale aveva avuto modo di partecipare anche Pozzi. Per realizzare le trasparenti tonalità celesti, le cavità dell’animale sono state riempite con del vetro di grosso spessore, sovrapposto a fili di rame,…
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La manifattura Ceramica Franco Pozzi fu fondata nel 1942 a Bolladello con l’intento di confrontarsi con le principali aziende internazionali del settore. Dopo il trasferimento degli impianti a Gallarate, avvenuti tra il 1952 e il 1953, la direzione tecnica e artistica venne affidata ad Ambrogio, figlio minore del fondatore, che si formò presso l’Istituto d’arte di Faenza, senza però interrompere i suoi studi universitari in chimica. Il grande merito dell’azienda di famiglia fu quello di essere riuscita a coniugare un grande sapere tecnico, di qualità artigianale, con una produzione seriale e industriale, muovendosi sia sul fronte del design internazionale, ispirato…
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Nel corso della sua lunga carriera artistica, Ambrogio Pozzi è tornato più volte ad affrontare il tema del presepe e della natività, ricorrendo a forme e composizioni di una essenzialità quasi astratta, capaci al contempo di condensare in pochi elementi l’atmosfera sacra e sublime della scena religiosa. L’essenzialità del mistero divino viene interpretata attraverso colori limitati a una scala cromatica estremamente ridotta (bianco, nero, rosso e oro) e attraverso forme geometriche pure, di un’eleganza straordinaria, come il cono, la sfera e il triangolo, che si discostano dalla tradizione, pur senza rinnegarla. La forma conica, in particolare, non ha solo un…
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Il rapporto tra Ambrogio Pozzi e il cristallo, iniziato nel 1986 e concretizzatosi nella serie dei Lunoidi datati all’anno seguente, non ha dato esiti continui e costanti come quello instaurato con il materiale ceramico, ma ha comunque permesso all’artista di esprimere la propria creatività attraverso tecniche ed effetti materici differenti rispetto a quelli offerti da altri mezzi artistici. Il cristallo, grazie a una maggior concentrazione di piombo rispetto al vetro muranese, risulta essere più lucente e compatto, adattandosi perfettamente alle figure piene e massicce ideate da Ambrogio Pozzi nel corso del tempo. Nel 2005, ad esempio, realizza una serie intitolata…
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L’idea di costruire delle brevi frasi incentrate sul tema del colore era già stata sviluppata da Ambrogio Pozzi nel piatto quadrato edito nel 2004 dalla manifattura di porcellane Rosenthal. Il piatto, intitolato Celebrity Art, recava quattro teste femminili ritratte di profilo in colori differenti, ognuna delle quali associate a una frase ispirata al colore dominante del volto: “Il mio nero parla”; “Il mio rosso brucia”; “Il mio blue vola” e “Il mio giallo sogna”. Queste frasi vennero in seguito replicate in una serie di piatti circolari prodotti a partire dal 2006, nei quali la parola scritta, graffita sulla superficie del…
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Ambrogio Pozzi iniziò a lavorare con la storica manifattura Rometti di Umbertide negli anni novanta e continuò a mantenere vivo il suo rapporto di amicizia e di collaborazione fino al 2012, anno della sua morte. A dimostrazione di questo duraturo e costante rapporto di fiducia tra il creativo e l’azienda vi sono i disegni per progetti a cui Pozzi stava lavorando nei mesi precedenti la sua scomparsa, successivamente consegnati alla Rometti dalla moglie. Tra le opere realizzate postume sulla base di questi progetti si inserisce la scultura in edizione limitata Presenza sciamana, tutt’ora presente nella sezione Arte del catalogo della…
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Le tre opere in esame furono realizzate nel 2006 e, nonostante il ricorso a tecniche molto differenti, possono essere considerate il risultato di ricerche e di processi creativi basati su una visione comune e su linguaggi espressivi affini. Si tratta infatti di sculture d’arredo che insistono sul tema del volto umano riprodotto di profilo, secondo una definizione stilizzata e semplificata che determina la perdita di ogni possibile connotazione specifica, riducendo l’immagine umana a una sorta di icona, riconoscibile come cifra distintiva dello stile dell’artista lombardo. Inoltre la scelta di ritrarre idealmente personaggi come Cassandra e Giovanni Battista si lega a…
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Nella scultura in legno dipinto intitolata Profili italiani, il tema dei volti umani tracciati di profilo, tanto caro all’artista che lo ha più volte affrontato, viene qui interpretato attraverso la ripetizione di tre volti che si incastrano perfettamente l’uno nell’altro, rimandando all’italianità espressa nel titolo per mezzo del colore verde, rosso e bianco usato per dipingere lo spessore delle tre sagome. I tre profili con i colori della bandiera italiana vennero ripresi dall’artista per essere dipinti sul piatto celebrativo Profili italiani, realizzato nel 2008 ed invitato ad essere esposto alla mostra “Repubblica e Costituzione”, organizzata per celebrare il sessantesimo anniversario…
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Il gruppo di oggetti per la tavola in esame, alcuni dei quali appartenenti al servizio forma Compact (segnalata al Compasso d’Oro), presenta volumi solidi ed essenziali, che limitano il più possibile la presenza di elementi accessori. Ad esempio, Pozzi rinuncia al pomolo del coperchio e alle tradizionali anse della zuccheriera forma Compact, preferendo ricorrere a una mole semplice e funzionale, che permetteva al contempo di impilare e stoccare facilmente e in un minor spazio possibile i diversi elementi. Anche la base della tazza, più stretta rispetto al corpo principale, aveva la funzione di elemento a incastro, sia per ancorarsi al…
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Gli esemplari della Serie Tubi Tubi furono realizzati da Ambrogio Pozzi all’interno della manifattura di famiglia a Gallarate nel 1972, pochi anni dopo rispetto ai noti progetti di servizi da tavola per Pierre Cardin e Alitalia, che rappresentano il vertice di quel particolare design volto a una progettualità funzionale, essenziale e raffinata. Sebbene pensata per essere prodotta in pochi pezzi limitati, la serie Tubi Tubi conserva il medesimo approccio rigoroso e originale riscontrabile nei servizi da tavola, ricorrendo sempre a forme geometriche primarie accostate a pochi e selezionati colori. Questi oggetti-sculture, utilizzabili per contenere fiori, matite, biglietti o altri piccoli…
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L’opera è costituita da un vaso in terraglia bianca e da una serie di dischi in legno di differenti forme e dimensioni, laccate in bianco o a colori, che si inseriscono all’interno del lungo collo cilndrico del vaso. Il senso e il funzionamento del vaso-giocattolo è rivelato dal sottotitolo: “Guarda… se è bianco parla, se colorato taci”. In base alla sistemazione degli anelli in legno sul collo del vaso si poteva quindi rendere noto il proprio stato d’animo e la disponibilità o meno al dialogo e alla socializzazione. Se la funzione primaria dell’opera rivelava intenti ludici e un approccio giocoso…
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Il piccolo vaso in terracotta è composto da due identici blocchi cilindrici estroflessi all’estremità, in modo da creare una leggera cordonatura nel punto di giunzione. La forma particolare, che reinterpreta con originalità il motivo del contenitore cilindrico, si lega a una decorazione pittorica di tipo segnico, ottenuta stendendo pennellate lineari (nero) e puntiformi (rosso) su fondo bianco, che definiscono un motivo astratto di forme impatto decorativo. Stefania Cretella
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Nel 2001, Ambrogio Pozzi fu invitato insieme a un gruppo ristretto di designers di fama mondiale alla “World Ceramic Expoxition 2001 Korea” (Corea del Sud, 10 agosto – 28 ottobre); due anni dopo, l’artista fece ritorno in Corea per partecipare al workshop organizzato in occasione della WOCEX – “World Ceramic Exposition Foundation Biennale”. Tra le opere ideate e prodotte in Corea compaiono anche i due vasi in bisquit intagliati a mano sul pezzo crudo con i classici profili maschili e femminili che ritornano ripetutamente nel corso della lunga carriera artistica del designer lombardo. In questo caso, l’essenzialità delle forme del…
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Il piccolo vaso dalla forma irregolare è dipinto da Ambrogio Pozzi con un particolare effetto marmorizzato ottenuto smaltando la superficie con colori sui toni del verde e del marrone che sembrano imitare il turchese. Stefania Cretella
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Federico Quattrini, artista di origini milanesi, si forma come pittore e nel 1948 si trasferisce ad Albissola Marina, entrando in contatto con la cerchia di artisti attivi nel piccolo ma vivace centro ligure. Quattrini abbandona così la pittura e inizia a lavorare per la fabbrica di Lia Poggi Assalini, fondatrice insieme a Pietro Rosso, Pietro Mantero e Angelo Platino, della manifattura CE.AS (Ceramisti Associati), nata nel 1945 e specializzata nella produzione di ceramiche in smalto lucido policromo e “granulato mat”. Quattrini abbandona l’ambito pittorico per realizzare sculture e pannelli in ceramica a gran fuoco. L’opera in esame si caratterizza per…
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Il ceramista e scultore Oreste Giorgio Quattrini, di origini toscane, si diplomò in Scultura all’Istituto d’Arte di Lucca e al Magistero dell’Istituto d’Arte di Firenze. Conclusi gli studi, iniziò una lunga attività artistica che lo portò a lavorare per diverse società ceramiche, come la manifattura Zaccagnini e la fornace Bucherelli, Mendes & C., entrambe a Sesto Fiorentino, e successivamente per la bottega Gatti di Faenza. Dagli anni cinquanta ricoprì il ruolo di direttore artistico della manifattura Ceramiche Artistiche di Campione d’Italia e della ditta Forlani di Laveno Mombello, collaborando occasionalmente anche con la Società Ceramica Italiana di Laveno. Le opere…
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Nel corso della sua lunga attività di ceramista indipendente, Reggiori tornò più volte sul tema della Natività, affrontando un soggetto tradizionale e carico di evidenti connotazioni spirituali e religiose attraverso un linguaggio sempre diverso, ma perfettamente in linea con la sua personale visione artistica. Tra le opere in esame, la più antica risulta essere l’Omaggio a Angelo Biancini, per la quale adotta un espediente che verrà poi ampliamente sviluppato molti anni dopo nei piatti e nei pannelli della serie degli Omaggi. A differenza dei futuri esemplari, tutti risolti attraverso rilievi da parete, l’Omaggio a Angelo Biancini è una sorta di…
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La serie degli Omaggi si sviluppa in un arco cronologico limitato (2000-2002), il cui inizio coincise con la fine di un periodo di sperimentazione tecnica che aveva portato Reggiori a utilizzare un nuovo materiale adatto ad una monocottura a 1350 gradi. La serie, presentata per la prima volta in occasione di una mostra personale organizzata presso la Galleria “a.t. arte” di Gemonio, è composta da piatti e pannelli quadrati o rettangolari lavorati a rilievo che raffigurano ritratti, vedute e composizioni ispirati alle opere dei più significativi artisti del Novecento, come Picasso, Braque, Mirò, Modigliani, Picasso, Carrà e Leoncillo. In casi…
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Albino Reggiori nacque a Laveno Mombello nel 1933 e giovanissimo iniziò a lavorare come decoratore ceramista per la Società Ceramica Italiana, collaborando con questa per quasi un ventennio. Parallelamente all’attività lavorativa, Reggiori approfondì la propria formazione artistica frequentando i corsi delle Scuole Serali di Disegno e diplomandosi come decoratore ceramista presso l’Istituto Professionale di Stato della sua città natale, dove poi insegnò tecnica pittorica su ceramica. L’esordio ufficiale come artista nel mondo della ceramica si colloca intorno alla metà degli anni cinquanta, come dimostra la sua presenza al XII Concorso Nazionale della Ceramica d’Arte di Faenza, al quale prese parte…
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James Rizzi studiò Belle arti nella sede di Gainesville dell’Università della Florida, raggiungendo ottimi risultati nei corsi di pittura, incisione e scultura. Si specializzò nella realizzazione di quadri tridimensionali e grafiche di grandi dimensioni rappresentanti coloratissimi paesaggi urbani o naturali, affollati da animali, oggetti e personaggi disegnati con minuzia e in tono fumettistico. È questo lo spirito che anima anche la superficie della brocca dalle linee cubiste creata per Rosenthal, che diviene la superficie ideale per rappresentare le profondità marine, popolate da pesci, sommozzatori e palombari, mentre in cielo campeggiano un sole e una falce di luna sorridenti, circondati da…
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Nel 1908, Jean Born fondò la Robj, con l’intenzione di produrre lampade, candelieri e bruciaprofumi elettrici, utilizzando i brevetti da lui stesso depositati sulla scorta del nuovo accenditore elettrico. Alla morte del fondatore, nel 1922, Lucien Willemetz venne nominato nuovo direttore della ditta e divenne responsabile della svolta della manifattura, che iniziò ad assumere scultori, modellatori e tecnici esperti nella lavorazione della ceramica e del vetro. L’affermazione internazionale della manifattura avvenne in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1925, in occasione della quale la compagnia venne premiata con una medaglia di bronzo. Due anni dopo venne indetto il primo di…
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Il modello della Danseuse Espagnole, ideato da Madame Guerbe, venne acquisito dalla Maison Robj in occasione del terzo concorso “de bibelots d’arts” organizzato nel 1929 per individuare nuovi progetti da mettere in produzione. La scultura della danzatrice, dotata di un analogo pendant di soggetto maschile progettato da Margerie, divenne ben presto uno dei soggetti più noti e moderni di tutto il repertorio della manifattura, grazie soprattutto al ritmo asimmetrico della composizione, alle linee avvolgenti disegnate dal corpo contratto nel passo di danza e alla modellazione compatta e asciutta, che schiaccia bidimensionalmente la figura e la riduce a una silhouette di…
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Il gruppo in porcellana composto da quattro scatenati musicisti di colore, intenti a suonare con energia i propri strumenti musicali: il trombettista è l’unico personaggio in piedi, con la schiena inarcata e la testa reclinata all’indietro, disegnando una scattante linea curva che ne allunga la silhouette; il suonatore di fisarmonica serra le ginocchia e allarga i piedi, definendo uno schema a X; il percussionista stringe la grancassa tra le gambe, piegando il busto di lato per movimentare il blocco compatto costituito dalla parte inferiore; infine, il suonatore di benjo tiene il ritmo con il piede sinistro, mentre solleva l’altra gamba…
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La produzione vetraria della Maison Robj, fondata a Parigi nel 1908 e diretta da Lucien Willemetz a partire dal 1922, consta di un numero limitato di pezzi, sia dal punto di vista quantitativo che dal punto di vista dei modelli inseriti nel catalogo. Si trattava prevalentemente di lampade e di vasi, impreziositi da decorazioni all’acido o a smalto. Il Vaso con ippocampo è un esempio della raffinata e pregiata lavorazione a smalto affidata ad abili maestranze, capaci di riprodurre sulla superficie vitrea graziosi soggetti zoomorfi o geometrici di gusto pienamente déco. Nel caso specifico, attraverso l’uso di una gamma limitata…
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Il portaombrelli realizzato nel laboratorio della manifattura Rometti è costituito da un corpo cilindrico movimentato in corrispondenza dell’imboccatura mediante una leggera svasatura con andamento a onda e si caratterizza per la presenza di tre nudi femminili raffiguranti le Arti, tema già sperimentato dalla stessa ditta nel Vaso Le Arti di Dante Baldelli. In entrambi i casi, le allegorie, accompagnate dai simboli distintivi di ciascuna disciplina, sono inserite all’interno di nicchie architettoniche che si aprono in un finto paramento murario, ma, a differenza della ceramica di Baldelli, nel portaombrelli gli elementi sono modellati plasticamente, conferendo all’insieme un maggior effetto scultoreo, accentuato…
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Attraverso la sue opere, la manifattura Rometti si fece promotrice dell’ideologia fascista, inserendo nel proprio catalogo oggetti d’uso e decorativi dalle forme innovative e dai decori ispirati alle più celebri tematiche diffuse dal regime, come ad esempio i motivi legati all’esaltazione del lavoro, dello sport, della famiglia, della vittoria e della lotta. In questa serie di opere rientrano anche le numerose varianti di sculture che ritraggono il Duce, databili tra il 1930 e il 1932, anno in cui Mussolini fece visita allo stabilimento di Umbertide. La testa in esame, prodotta in diversi esemplari, si innesta su un collo massiccio e…
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Dopo aver concluso gli studi presso la Scuola d’Arte di Gargnano, l’artista bresciano si avvicinò al mondo della ceramica frequentando un corso a Faenza (1988-1989) e iscrivendosi successivamente ai corsi del dipartimento Maiolica della Scuola nazionale d’arte ceramica Ballardini di Faenza. Come ricordato dallo stesso Salvi in alcune interviste, il suo primo interesse nei confronti del materiale ceramico fu di tipo pittorico, lavorando sull’ingobbio con la punta del pennello. Successivamente, sviluppò un interesse preminente per la forma, spostando i suoi esperimenti verso la modellazione e la foggiatura della materia prima, individuando nel colombino la tecnica a lui più congeniale (“Costruire…
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Timo Sarpaneva compì i propri studi presso l’Istituto di Arti Industriali di Helsinki, sua città natale, e nel 1950 iniziò a lavorare come designer per la vetreria Iittala, marchio finlandese produttore di articoli per la casa, per il quale progettò oggetti iconici più volte esposti e premiati in occasione di mostre internazionali. Nel corso della sua lunga attività, Sarpaneva collaborò con numerose aziende, cimentandosi anche nel campo dei tessuti, della porcellana, del legno e dei metalli, infondendo alle proprie opere il carattere tipico del moderno design scandinavo. Il materiale più congeniale al designer fu certamente il vetro, con il quale…
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L’architetto Carlo Scarpa iniziò a lavorare per la manifattura muranese a partire dal 1932, per poi ricoprire il ruolo di direttore fino al 1946. Durante questa lunga fase di collaborazione l’artista fornì numerosi disegni per lampade e oggetti di varia tipologia, portando parallelamente avanti intense ricerche volte a sviluppare nuove tecniche esecutive che potessero esaltare e interpretare al meglio le forme originali introdotte da Scarpa. L’opera in esame appartiene, ad esempio, alla produzione dei battuti, esposta insieme ad altre novità in occasione della Biennale di Venezia del 1940. Si trattava di vetri che, dopo la soffiatura e la lavorazione manuale…
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Šípek studiò design d’interni alla School for arts and crafts di Praga; dopo il trasferimento in Germania, si laureò in architettura alla Kunsthochschule di Amburgo, mentre all’università di Stoccarda studiò estetica e filosofia. Il suo primo contatto con l’arte vetraria avvenne nel 1982, quando, come raccontato dallo stesso artista nel corso di una recente intervista (https://www.youtube.com/watch?v=qP1xOFH4zuQ), fece ritorno a Praga e, entrato in una fornace, rimase affascinato dalla lavorazione artigianale del vetro. Iniziò quindi a collaborare con abili maestranze locali con lo scopo di promuovere la lavorazione e la diffusione del Cristallo di Boemia. Nel 1983, aprì ad Amsterdam il…
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La piccola fontana raffigurante un nudo femminile che sostiene tra le mani un vaso, circondata da flutti d’acqua, pur non presentando marchi di fabbrica visibili, può essere attribuita alla Società Ceramica Italiana di Laveno in base a considerazioni tecniche e stilistiche. La materia utilizzata per la modellazione e il caratteristico smalto screziato in tonalità pastello sono infatti affini ai materiali comunemente adoperati dalla manifattura lombarda fin dagli anni trenta. Stefania Cretella
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I servizi di piatti, di varie forme, dimensioni e tipologie, sono da sempre stati un settore produttivo fondamentale per la Società Ceramica Italiana di Laveno, che si orientò sia verso una produzione seriale su ampia scala di servizi da tavola in terraglia d’uso comune, sia verso servizi in serie ridotte, decorati con motivi differenti e di gusto diversificato, destinati a un pubblico piccolo e medio borghese. Oltre ai noti servizi ideati da Guido Andloviz, caratterizzati dal sapiente equilibrio tra forma e decorazione, nel corso dei decenni la manifattura lombarda ha prodotto un nutrito campionario di piatti dalle forme tradizionali, dal…
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La piccola scultura raffigurante la testa di un fanciullo con occhi chiusi e labbra socchiuse, pur non presentando marchi di fabbrica visibili, può essere attribuita alla Società Ceramica Italiana di Laveno in base a considerazioni tecniche e stilistiche. La materia utilizzata per la modellazione e il caratteristico smalto screziato in tonalità pastello sono infatti affini ai materiali comunemente adoperati dalla manifattura lombarda fin dagli anni trenta. Il modellato plastico mostra invece una certa vicinanza con le modalità espressive introdotte da Angelo Biancini durante il suo periodo di collaborazione con la manifattura di Laveno (1937-1940), per la quale aveva ideato anche…
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Il vaso ad anfora con prese a testa leonina è un modello ottocentesco, in stile eclettico, che venne replicato dalla Società Ceramica Italiana di Laveno in momenti storici differenti, associandolo di volta in volta a motivi pittorici in linea con il gusto del tempo. In questo caso, la decorazione floreale dominata dal grande iris con striature dorate rivela un gusto tardo liberty, databile indicativamente verso la fine del primo decennio del Novecento. Stefania Cretella
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Il vaso in esame appartiene alla stagione tardoliberty e ripropone il modello del celebre vaso con montatura in metallo dorato, realizzato nel 1903 da Giorgio Spertini in collaborazione con Giorgio Ceragioli. Si tratta di un semplice recipiente in terraglia monocroma, prodotto industrialmente nelle varianti porpora, blu o verde, costituito da forme sinuose ed essenziali derivate da suggestioni orientali. La decorazione pittorica composta da una vaporosa e asimmetrica composizione floreale che si distribuisce nella parte superiore del vaso è un ulteriore elemento di gusto tardoliberty, in cui la spinta per il gusto floreale di stampo art nouveau è mitigata dalla resa…
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Per celebrare il bicentenario dalla fondazione della manifattura, la Società Ceramica Richard-Ginori ha realizzato un posacenere dal profilo lineare, caratterizzato da un decoro in tricromia che evidenzia e ripercorre idealmente la lunga storia della Richard-Ginori. Il lato sinistro, dominato dal colore blu, è dedicato alla fondazione della manifattura Ginori e ne riporta l’anno di istituzione, il marchio con la caratteristica corona a cinque punte e il profilo di un vaso settecentesco con anse serpentiformi. Il lato opposto, in rosso, mostra invece l’evoluzione in chiave moderna della manifattura, rappresentata da un vaso dalle forme novecentiste, il marchio con la sirena ideato…
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La coppia di candelabri rientra in una serie di opere di soggetto zoomorfo realizzate a partire dalla metà degli anni Trenta, quando Mario Sturani, di ritorno dal soggiorno a Parigi, iniziò a dedicarsi a studi naturalistici. Secondo quanto affermato da Silvana Pettenati, gli animali disegnati da Sturani si distinguono dalle opere di Felice Tosalli, scultore animalier collaboratore della manifattura torinese a partire dal 1928, per una minore precisione calligrafica e per una maggior vicinanza alle miniature di gusto tardo-manierista, realizzate tra il Cinquecento e il Seicento, e considerate alle origini dell’illustrazione scientifica (Silvana Pettenati, Le ceramiche: dal progetto all’oggetto, in…
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Le bottiglie a canne sono state ideate negli anni cinquanta da Paolo Venini, proprietario dell’omonima manifattura vetraria, e sono ben presto divenute uno dei prodotti più rappresentativi della collezione moderna dell’azienda muranese. Si tratta di bottiglie con tappo di varie forme e dimensioni, caratterizzate dalla medesima tecnica esecutiva, che consiste nel fondere una accanto all’altra canne di diversi colori soffiate da abili maestri vetrai. Il successo di queste bottiglie fu tale da essere riproposte nel catalogo Venini per moltissimi anni, come testimoniano questi tre esemplari in collezione privata, prodotti tra gli anni settanta e gli anni novanta. Alcune delle bottiglie…
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Riprendendo i modelli degli antichi albarelli, la manifattura Venini ha ideato una serie di vasi di diverse forme, realizzati in vetro soffiato trasparente, ricorrendo solitamente a colori differenti per il corpo del recipiente e per il coperchio terminante a punta. La serie è inserita all’interno del Catalogo rosso, utilizzato dalla manifattura tra la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni sessanta. La forma dell’esemplare in esame corrisponde ai modelli 4741/34; 4741/22 e 4741/17. Stefania Cretella
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Nel corso del Novecento, la manifattura di porcellane fondata nel 1879 da Philipp Rosenthal ha saputo ampliare il proprio catalogo con opere prodotte dai principali artisti e designer internazionali, mostrando una straordinaria apertura nei confronti delle istanze artistiche più moderne e aggiornate. Tra le figure coinvolte in questi progetti compare anche Tom Wesselmann, uno dei protagonisti assoluti della Pop Art americana. Come molti artisti vicini alla corrente pop, Wesselmann è sempre stato attratto da immagini derivanti dalla vita quotidiana e dal mondo dei mass media, concentrando le sue ricerche sulla rappresentazione di paesaggi, nature morte e grandi nudi femminili, la…
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Dopo aver terminato gli studi in grafica al Landeskunstschule ad Amburgo (1947-1951), Wunderlich si dedicò all’insegnamento della grafica e delle tecniche di incisione e litografia presso vari istituti di Amburgo, affiancando ad esso un’importante attività nel campo della grafica, della pittura e, successivamente, della scultura. Considerato uno tra i principali esponenti del Realismo Magico di seconda generazione, Wunderlich trae spesso ispirazione dalla mitologia classica, ponendo al centro delle sue riflessioni la figura umana e creando atmosfere sospese tra un erotismo surreale e un simbolismo ascetico, ricorrendo a una visione analitica non scevra da connotazioni ironiche. Per la manifattura Rosenthal, Wunderlich…
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Silvia Zotta seguì il corso di scultura presso l’Accademia di Belle Arti e studiò ceramica alla Scuola nazionale di ceramica e all’Istituto superiore nazionale di ceramica artistica di Buenos Aires. La vocazione artistica della Zotta si orientò quindi precocemente verso la lavorazione ceramica, passione che consolidò in seguito al trasferimento nel 1993 a Faenza, dove si iscrisse all’Istituto per la Ceramica d’Arte “Gaetano Ballardini”. Per l’artista, la ceramica ha rappresentato il medium ideale per poter condensare in un’unica tecnica le componenti principali della sua concezione artistica, in quanto le permetteva di lavorare con la forma, il colore, la pittura e…
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