Sala di Don Chisciotte

All’interno di un ambiente nella porzione di edificio con facciata porticata sull’attuale via Andreini, una singolare decorazione, databile al 1765-1770, mostra episodi tratti dal romanzo di Cervantes con protagonista Don Chisciotte: Don Chisciotte armato cavaliere, Caccia al cinghiale, Incontro di Don Chisciotte con la duchessa, Entrata di Amore e della Ricchezza alle nozze di Camaccio, Entrata delle pastorelle alle nozze di Camaccio, Mastro Pietro e il suo teatrino, Avventura di don Chisciotte con i leoni, Sancio Panza viene fatto saltare sulla coperta. Il ciclo si presenta realizzato con un gusto narrativo e caricaturale, e prende a modello iconografico (almeno per 5 delle 8 scene raffigurate) una serie di stampe, edita tra il 1723 e il 1734, che riproduce un ciclo trasportato anche in arazzi del francese Charles-Antoine Coypel (Longo 1992, pp. 49-64).

In apparente contrasto con la natura caricaturale e narrativa del ciclo parietale, sul soffitto campeggia un affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine attribuito ad un artista nell’ambito di Chiarottini (Tosato 2018, p. 303), che rispecchia probabilmente la primitiva destinazione della sala a cappella privata.

Emanuele Principi

Sala delle Cineserie

Il ciclo di affreschi presente nella Sala detta delle Cineserie, situata al Piano nobile del complesso, narra la Storia di Quanina e del re Zonton, tema deducibile dalle iscrizioni sui cartigli alla base delle scene parietali. Il ciclo è stato reso noto da Giuliana Ericani (1976, p. 35), e dalla stessa datato al 1765-1770.

Emanuele Principi

Salone

Il Salone, ubicato al piano nobile, presenta grandi tele con vedute prospettiche alle pareti, databili alla seconda metà del Settecento e dipinte da un quadraturista e da un figurista vicino ai modi di Francesco Fontebasso (cfr. Tosato 2018, p. 301).

Sulla parete sud, colonne ioniche con funzione di quinte architettoniche si alternano alle scene, mentre sulla parete opposta la scansione avviene mediante finestre affacciate sul cortile interno. Sopra la parete d’ingresso si stagliano le allegorie affrescate di Fama e Gloria che reggono un drappo ornamentale con lo stemma della famiglia Sambonifacio. Più in basso ai lati, tra finti trofei militari, due medaglie mostrano l’effigie di illustri antenati della famiglia, cui alludono anche gli episodi storici celebrativi delle due targhe agli angoli; il medesimo schema decorativo, di poco variato, viene replicato anche sulla parete opposta.

Il soffitto, voltato a botte, presenta nel comparto centrale un disco con i simboli dei segni zodiacali e teste personificanti i venti, mentre ai lati presentano figure umane da cui dipartono tralci vegetali a grottesca, motivo decorativo caratterizzante le porzioni perimetrali degli affreschi di soffitto e pareti.

Emanuele Principi

Scalone

Lesene ioniche ripartiscono le pareti dello scalone in comparti rettangolari decorati da trofei a stucco e finte finestre alle quali si affacciano figure affrescate a trompe l’oeil, colte in differenti attitudini, realizzate da un pittore veneto della seconda metà del XVIII secolo, non ancora identificato. Come ipotizza Tosato (2018, p. 301) contestualmente venne realizzata la tela soffittale con Apollo sul carro e le Stagioni, cinta da un’elegante cornice in stucco.

Nello scalone è adottato un modello ricorrente nel panorama veneto, riscontrabile ad esempio nel padovano Palazzo Maldura (con gli affreschi di Costantino Cedini) o nel veneziano palazzo Grassi (con gli affreschi di Michelangelo Morlaiter).

Emanuele Principi

Salone

Nella stanza, di formato quadrangolare, la decorazione si presenta difforme da parete a parete. Essa è fondata su una quadratura architettonica che articola le superfici tramite la successione di colonne e lesene corinzie e la reiterazione del motivo ad arco a tutto sesto presente nell’architettura dipinta sia in quella reale. Alla sommità di tutti gli archi compaiono raffigurazioni di Vittorie alate. Nelle pareti est e ovest l’arco accoglie al suo interno una porta inquadrata da una mensola e da un timpano dipinti; nella parete nord l’arco accoglie un portale lapideo, e sopra di esso un’iscrizione commemorativa, mentre in quella sud il finto arco incornicia la scena di Marco Curzio. Ai lati dell’arco di questa parete e di quella a fronte compaiono quattro vedute paesaggistiche, interpretabili quali raffigurazioni delle Stagioni. Accanto al riquadro con Marco Curzio sono visibili, a sinistra la Primavera e a destra l’Estate; sulla parete opposta l’Inverno e l’Autunno. In tutte le vedute compaiono contadini o cacciatori intenti in attività agricole e venatorie sullo sfondo di casolari e tenute rurali; fa eccezione la rappresentazione della Primavera dove una coppia di giovani nobili innamorati, ammira un giardino con esedre, ninfei e fontane.

Al di sotto di questi paesaggi compaiono, sopra le porte che si aprono ai lati delle pareti nord e sud, coppie di putti alati su mensole, reggenti vasi. Sulla parete est nella porzione inferiore tra le lesene sono collocate due nicchie con altrettante personificazioni: da una parte la Pace, con una torcia capovolta sopra un mucchio di armi, e dall’altra, forse, come interpretato da Patrone, l’Allegoria del Valore guerresco o più semplicemente Marte, che si presenta con i suoi classici attributi. Al di sopra di queste figure e delle finestre della parete ovest compaiono, raccolte entro cartouches, le imprese allegoriche di formato ovale. Nell’impresa contrassegnata dal motto ‹‹ET IN ADVERSSA››, al di sopra della raffigurazione della Pace, sono visibili due barche, la prima sorpresa da un maroso e travolta dai venti, la seconda al riparo nelle acque tranquille di un golfo; nell’impresa con la scritta ‹‹SUPERIS OBLECTOR››, al di sopra di Marte, è un Sole che con i suoi raggi piega e quasi abbatte le spire di un fuoco; nella parete opposta. di fronte alla Pace, sono raffigurati dei velieri in acque tranquille, ma il motto risulta illeggibile; accanto ad esso, accompagnato dalla scritta ‹‹EX UBERTATE››, un grande albero. Sopra queste imprese e i paesaggi delle altre pareti sono poste delle targhe a monocromo, con delle figurine chiare su sfondo scuro, che rappresentano episodi mitologici: Apollo e Marsia, il Ratto d’Europa, Diana e Atteone, Giunone consegna la ninfa Io ad Argo, l’Uccisione di Argo e Nesso e Deianira. Al di sopra del cornicione illusionisticamente retto dalle colonne e dalle lesene delle pareti, compaiono invece, entro cartigli, alternati a piccole finestre vere o dipinte, i busti dei dodici Cesari.

Andrea Chiocca

Galleria

La galleria è decorata ad affresco: una semplice quadratura prospettica si articola sulle pareti insieme a specchiature marmoree e un fitto timpano sorretto da mensole incorniciano le porte d’ingresso, mentre uno zoccolo, anch’esso ornato da finte lastre di marmo, figura di sostenere quattro colonne ioniche. Nell’intercolumnio così immaginato trovano posto , sopra mensole, le allegorie delle Quattro Complessioni, due per ogni lato lungo, raffigurate secondo le indicazioni di Cesare Ripa: da una parte il Sanguigno per l’aria, e il Collerico per il fuoco, l’uno dipinto con una chitarra in mano, accompagnato da un agnello con grappolo d’uva, e l’altro rappresentato, come da precetto, mentre brandisce una spada, con un leone e uno scudo su cui compare una fiamma; dall’altra il Flemmatico per l’acqua, e il Malenconico per la terra, il primo che tiene le mani raccolte sul petto, con una tartaruga accanto, e il secondo con una borsa e un libro, il piede posato su un cubo.  Sopra le finestre e le porte finestre, certamente successive alla decorazione ad affresco descritta, sono stati aggiunti dei cartouches rosati contenenti dei piccoli paesaggi, probabilmente frutto di un intervento ottocentesco. Le lunette sopra le porte dei lati corti sono occupate da una decorazione a grottesche su fondo bianco, comprendente figure stilizzate di satiri reggenti medaglioni a fondo scuro, erme alate, putti inseguiti da fiere, e sottili racemi intricati in volute, decorazione che si ritrova anche nelle porzioni delle volte risparmiate dagli oculi e nella crociera al centro. Nel soffitto voltato a botte ma interrotto dalla sopracitata crociera, sono rappresentati gli episodi del Volo e della Caduta di Icaro, affreschi gravemente compromessi recuperati dopo le ridipinture ottocentesche e ormai a uno stato pressoché larvale. Essi sono visibili in due tondi con finte balaustre posti al principio e al termine della galleria che illusionisticamente suggeriscono un’apertura di cielo.

La committenza delle pitture, come quella dell’intervento architettonico spetterebbe a Lorenzo Abriani. È evidente che la decorazione a grottesca della volta palesa una cultura ancora cinquecentesca; di altra mano, invece, le parti figurali che mostrano un sensibile accostamento ai modi di Pietro Damini.

Andrea Chiocca

Sala delle Edicole

L’unico ambiente che conserva parte della decorazione di primo Seicento è la Sala delle Udienze oggi “Sala delle Edicole”. Lungo le pareti della stretta sala si appoggiano edicole di pietra che racchiudono una serie di figure allegoriche e divinità alcune difficilmente identificabili a causa delle condizioni di degrado. Negli spazi delimitati dai semipilastri si riconoscono le personificazioni di Giustizia, Fortezza, Carità, Abbondanza, Magnificenza, Prudenza o Scienza e delle divinità Mercurio e Atlante allineate a creare un discorso simbolico riassunto nel motto riportato nello stemma al centro della parete lunga, il baconiano ‹‹HOMO TANTO POTEST QVANTO SCIT››. Nell’attico si susseguono esagoni affrescati con monocromi a terrette colorate. Autore del ciclo pittorico è Gaspare Giona e le pitture della Sala dell’Udienza rappresentano un’opera della prima maturità.

La documentazione relativa ai mandati di pagamento a tagliapietre e murari tra 1606-1607 attesta l’attività durante il mandato di Gerolamo Malipiero (Bresciani Alvarez 1977, pp. 148-149). La conclusione dei lavori è celebrata dalla lapide fatta collocare dallo stesso rettore nel 1607, che recita ‹‹HVIVS AVGVSTALIS, HVMILIS ANTEA NIMIS, ET IAM OBSOLETI / IOANNES MARIPETRO PRAEFECTVS / AVXIT VESTIBVLVM, ORNAVIT OSTVM, ILLVSTRAVIT AVLAM / VT RESPODEAT / REIPVBLICAE, PREFECTVRAE, VRBIS DIGNITATI, ET / ILLIVS ERGA PATAVINOS BENEVOLENTIAE / ANNO HVMANAE SALVTIS M.DC.VII››.

Andrea Chiocca

Stanza del Trionfo Romano

Il salone rettangolare al piano nobile, presenta un fregio inscenante un Trionfo Romano. La parata dei personaggi all’antica si snoda lungo una fascia sottocornice a sviluppo continuo senza scansioni quadraturistiche, le uniche interruzioni sono rappresentate da sei cartouches in finto stucco contenenti allegorie che si trovano sotto piccole finestre, vere o dipinte, sui lati brevi della sala. Le allegorie che sono visibili sulla parete est, sono connesse al tema trionfale e sono la personificazione della Gloria, rappresentata da una donna con un piatto su cui poggiano varie corone, della Fortuna, effigiata come una figura muliebre alata con in mano una cornucopia e un ramo di palma, e della Prudenza con gli attributi consueti quali lo specchio e il serpente avvinghiato al braccio (Patrone 1998-1999, pp. 42-43; Id. 2003b, pp. 142-145). Queste pitture sono di mano di Gaspare Giona e sono databili, anche in questo caso, al primo quarto del XVII secolo. Questo comporterebbe che il committente potesse essere Galeazzo Dondi dall’Orologio, morto all’inizio del 1643, e in quegli anni impegnato nella ristrutturazione del palazzo.

Andrea Chiocca

Stanza dei Dodici Cesari

La Stanza dei Dodici Cesari, attigua alla precedente, è decorata con un fregio costituito da una quadratura con trabeazione decorata con piccole mensole e rosoni con bocciolo. La finta trabeazione sembra retta da elaborate mensole intervallate da finte nicchie, rivestite da tessere musive, con all’interno i Dodici Cesari e da emblemi a monocromo a essi relativi. Sulla parete est è raffigurato l’imperatore Vitellio, nell’emblema a sinistra è raffigurato un cippo con la scritta ‹‹PAX AGVSTVS››. Sulla parete nord si vedono un emblema con una figura allegorica e la scritta ‹‹PAX ORBIS›› di seguito il busto dell’imperatore Ottone e un emblema con la Fama e la scritta ‹‹VICTORIA OTHONIS››. Sulla stessa parete sono visibili ancora due busti di Cesari, il primo raffigurante Galba e il secondo irriconoscibile in quanto l’iscrizione con il nome è andata perduta. Sulla parete ovest, separati da una cornice in stucco, sono raffigurati due Cesari non identificabili.

La decorazione è da attribuire alla bottega di Gaspare Giona e databile al primo quarto del XVII secolo.

Andrea Chiocca

 

Stanza delle Allegorie

La stanza detta “delle Allegorie” è ornata con un fregio ad affresco che corre lungo la parte alta delle pareti. Il fregio realizzato in trompe-l’oeil simula un’elaborata trabeazione decorata con incrostazioni marmoree e rosoni con bocciolo da alcuni dei quali pendono mazzi di verdura e frutta. Sotto la finta trabeazione il fregio continua con paraste alternate a nicchie contenenti panoplie, cartelle con allegorie rette da genietti, il cui significato è esplicato da iscrizioni sottostanti e putti sorreggenti scudi con stemmi nobiliari di famiglie imparentate con i Dondi dall’Orologio. Lo stato conservativo non perfetto impedisce di descrivere tutte e sette le allegorie. Sulla parete ovest le allegorie riconoscibili rappresentano: la Sincerità, raffigurata come una donna dal seno scoperto e un caduceo, che però ha l’iscrizione mutilata e la Prontezza impersonata da una donna nuda alata con uno scoiattolo nella mano sinistra e una fiamma nella mano destra, come indicato da Cesare Ripa, e precisata dall’iscrizione ‹‹INGENIJ ALACRITAS›› Sulla parete a nord è riconoscibile l’allegoria del Dominio, accompagnata dall’iscrizione ‹‹ANIMI DOMITOR››. Sulla stessa sono dipinti anche i blasoni dei Dondi dell’Orologio e dei Sambonifacio, quest’ultimo allusivo probabilmente a Samaritana Sambonifacio sposata nell’anno 1600 da Galeazzo Dondi. Sulla parete est è raffigurata una Donna con corona vegetale e sfera armillare con l’iscrizione mutila ‹‹INTEL[…]››. Sempre sulla stessa parete, retto da un putto, è presente lo stemma dei Dotto de’ Dauli, aggiunto probabilmente dopo il matrimonio di Gio. Galeazzo Dondi con Ludovica Dotto nel 1708. Infine sulla parte sud si intravede una figura con compasso e l’iscrizione ‹‹LIBERTAS MODERATA›› probabilmente si tratta della Parsimonia, che ha tra i suoi attributi proprio un compasso. L’intero ciclo è opera di Giovanni Battista Bissoni ed è databile al primo quarto del XVII secolo.

Andrea Chiocca