Salone

Il soffitto del salone, voltato a schifo, presenta tre ovali polilobati dipinti a fresco, opera di Antonio Buttafogo, come si evince chiaramente dai pagamenti documentati al maggio 1777 (Padova, Archivio di Stato, Archivi Privati, Selvatico, b. 473).

Al centro del grande ovale si riconoscono Ercole e Onfale, assisi su nuvole e circondati da putti alati, recanti in alcuni casi il fuso per filare. Va segnalato che l’affresco ha subito estese cadute di intonaco nella porzione laterale destra, che risultava completamente perduta negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale: pertanto i putti alati raffigurati sul lato sono dovuti ad una ridipintura successiva. Nei due ovali minori si trovano il Centauro Nesso e un Genio alato con trofei, mentre sopra una delle porte d’accesso campeggia lo stemma delle famiglie Frigimelica e Selvatico.

Emanuele Principi

Stanza delle Prospettive Architettoniche

Di diretto accesso dalla Stanza delle Stagioni, la Stanza delle Prospettive Architettoniche viene identificata nei documenti pervenutici come “tinello” verso il giardino.

Ampie arcate con mascheroni racchiudono sulle pareti finte aperture, all’interno di una complessa organizzazione a quadratura architettonica comprensiva in aggiunta di alto zoccolo con finte specchiature marmoree. Quattro di esse, disposte sui lati lunghi, offrono vedute prospettiche di ville, propilei, loggiati, ponti e porte di città concepite come vedute percorse da vivaci comparse. Su alcuni degli edifici rappresentati, è possibile riconoscere con sicurezza lo stemma dei Frigimelica, allusivo a fantastiche proprietà della famiglia. Agli angoli, tali aperture sono occupate da un largo piedistallo in pietra su cui sono posti vasi di fiori. Le cornici delle aperture, realizzate in finta pietra, si intrecciano l’una con l’altra formando motivi a conchiglia, mentre le fasce gialle che le separano sono percorse da motivi rocaille con uccelli, rami, vasi di vimini pendenti e candelabre. Sulla sommità compaiono, su fondo giallo, elementi allusivi alle arti raccolti entro motivi a conchiglia: vi si riconoscono gli strumenti dell’Architettura, della Pittura, della Poesia e della Scultura, oltre ad altri gruppi di trofei riferiti a varie divinità: il caduceo di Mercurio, la lira di Apollo, la clava di Ercole e le colombe, accompagnate da una freccia e da una fiaccola rovesciata, che forse alludono a Venere. Inoltre, maestose aquile in finto bronzo sormontano le porte d’ingresso alla Stanza.

Sul soffitto, decorato nella sua fascia più esterna dai medesimi intrecci rococò di riccioli e conchiglie su fondo giallo, si apre al centro il Crepuscolo del mattino, alato, accompagnato da due putti, nel momento in cui la notte, raffigurata poco più in basso, è stata già scacciata. L’affresco si mostra come ripresa precisa dell’opera di Giambattista Tiepolo, già a Monaco, collocata da Gemin e Pedrocco (1993, p. 402, cat. 408) nel 1750 (per un approfondimento si veda Ton 2018, pp. 329-330).

Come conferma la firma presente in basso a destra nella veduta parietale con ponte e porta di città, lo specialista attivo nella sala è l’ornatista e quadraturista vicentino Paolo Guidolini, e sempre la data presente accanto alla firma data con certezza il ciclo al 1778. Per quanto concerne le figure invece, i documenti pervenutici attestano la mano di Antonio Buttafogo nelle vedute e nella grande allegoria soffittale.

Emanuele Principi

Stanza delle Stagioni

Al centro delle tre sovrapporte, nella fascia alta delle pareti, sono rappresentate tre stagioni, a monocromo chiaro su fondo nero: Autunno, Primavera ed Estate. Ai lati di esse, su fondo verdino, fantasiose figure per metà donne alate reggono serpenti o nastri a cui sono legati uccelli.

Mentre la fascia sottosoffitto è decorata da un fregio a meandro con metope (raffiguranti animali in lotta, putti e trofei), la fascia più esterna del soffitto presenta girali intervallati da cammei con divinità e figure intente a sacrifici. Agli angoli emergono spicchi di un soffitto cassettonato, mentre al centro della volta la quadratura immagina un tendone che ne ricopra l’apertura ovale a mo’ di ombrello mentre tutt’attorno un’ulteriore fascia in finta pietra è percorsa da aquile, girali, dragoni e putti che cavalcano cavalli marini.

Nell’impianto decorativo si può riconoscere, come nella Stanza delle Vedute Romane, la mano del vicentino Paolo Guidolini, fondamentale interprete del rinnovamento del gusto decorativo in chiave classicista (si veda Chignola 2004, p. 66). Rispetto agli interventi dell’ornatista negli altri ambienti del palazzo, la decorazione di questa stanza presenta caratteri più marcatamente orientati verso il gusto neoclassico, con l’assenza di sfondati e aperture e l’ostentata citazione di elementi antichi nei dettagli del fregio.

Emanuele Principi

Stanza delle Vedute Romane

Alle pareti della stanza tre sovrapporte presentano un medaglione ovale a monocromo accompagnato da un’incorniciatura sormontata da un’aquila e tralci vegetali: attorno all’ovale si trovano comparti, in basso con simboli allusivi alle figure principali, in alto con foglie e fiori su fondo crema. Sugli ovali sopra citati si riconoscono Marte, Giove e Vesta, mentre all’interno dell’analoga decorazione situata sopra il camino (tra le finestre) sono rappresentati Venere e Cupido. La scansione parietale avviene per via di fasce, con candelabre di festoni trattenuti da mascheroni realizzati con racemi, fiocchi, faretre. All’interno di tale decorazione compaiono tondi lignei con testine di profilo incastonate entro la parete.

Incorniciate a finto stucco e sormontate da trofei militari sono le vedute che danno il nome alla stanza: vi si riconosce San Giovanni in Laterano; la Piramide di Caio Cestio; la Colonna Traiana con la chiesa del Santissimo Nome di Maria; Piazza del Pantheon: proprio in quest’ultima veduta si può notare come sia stato aggiunto, in ombra, nell’estrema sinistra in primo piano, un alto edificio con altana. Probabilmente questa inesattezza è da ricondursi all’ornatista Guidolini (si veda più avanti), che evidentemente mai aveva soggiornato a Roma e che necessitò di tale modello per conferire credibilità topografica alle immagini. Sopra le vedute si situa un fregio a monocromo, riportante figurine componenti scene di vita militare.

Il soffitto presenta agli angoli finti cupolini a monocromo color crema, con trofei militari. Sulla fascia esterna una targa con putti e dragoni in monocromo verde scuro si accompagna a comparti in verde chiaro con girali e fiaccole, mentre al centro campeggia un finto cassettone con medaglioni crema e fregi in verde.

Per via stilistica e documentaria, la decorazione di questo ambiente, nonché della Stanza delle Stagioni, va attribuita a Paolo Guidolini. La scelta di raffigurare Vedute di Roma è sintomo di un interesse in costante crescita verso l’Urbe, benché, come nota Ton (2018, p. 323), sia essa conosciuta tramite traduzioni incisorie, rimandabili con ragione a quelle di Giambattista Piranesi (pubblicate solo nel 1775). La rappresentazione di vedute prospettiche è verosimilmente frutto di una scelta dei committenti, essendo questo un repertorio solitamente estraneo al Guidolini. Per la parte figurale non si può escludere inoltre un intervento da parte di Antonio Buttafogo (Ivi, p. 324)

Emanuele Principi

Stanza dei Paesaggi

La decorazione è eseguita, nella stanza dei paesaggi al piano nobile, in tempera su tela. Al centro, entro finti riquadri a stucco e fasce verdi, sono realizzati paesaggi campiti su fondo bianco: vi si riconoscono vedute di castelli, rovine, statue, boschi e folte vegetazioni di varia natura. Attorno, una serie di finte specchiature su fondo bianco presentano uccelli, racemi floreali, cornucopie. Nella fascia centrale, su fondo rosa, altre finte specchiature in finto stucco presentano gruppi di oggetti emblematici allusivi con tutta probabilità a varie divinità mitologiche.

Tre sovrapporte presentano sfondati illusionistici sagomati, aperti su altre finte architetture, che ampliano idealmente le dimensioni della stanza. Sul soffitto, lungo la fascia più esterna, prosegue la fascia di specchiature di cui sopra, alternativamente bianche e rosa. In queste ultime, al centro di ogni lato, alcune scenette monocromo alludono alle quattro parti del mondo: Europa, Asia, Africa e America, mentre agli angoli del soffitto, entro medaglioni verdi, delle teste monocrome rimandano alle stagioni.

Anche nella sala dei Paesaggi, in assenza di evidenze documentali, Ton (2018, p. 322) ipotizza un intervento di Andrea Urbani da far risalire all’ottavo decennio del Settecento, con scelte alternativamente vicine al gusto neoclassico (come i paesaggi isolati, senza spazio per sviluppi ulteriori in profondità o vedute di cielo) e invece ancora inserite nella tipologia decorativa rocaille (come i ricordati sfondati prospettici, vicini ad analoghe soluzioni dell’Urbani).

Emanuele Principi

Stanza del Fregio

Le pareti della stanza del fregio, ubicata al pianterreno, sono scandite da finti pilastri corinzi: sul fusto vi si riconoscono tondi e semicerchi con episodi di ambientazione orientale.

Di particolare rilievo è il largo fregio sottosoffitto, realizzato a spesse volute con motivi vegetali intervallate a mensoloni con vasi ricolmi di fiori. Agli angoli della sala, entro girali, si trovano putti ed aquile che reggono cartouches in finta pietra. Qui l’anonimo ornatista emiliano (la decorazione è databile tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo) ha rappresentato monocromi con episodi mitologici legati al mito di Apollo: vi si riconoscono Apollo e Marsia, Apollo e Dafne, Clizia trasformata in girasole.

Sui quattro lati dell’ambiente, un analogo apparato decorativo ricompare al centro del fregio con carri trionfali, tra cui il Trionfo della Fama, raffigurato con elefanti. Sopra l’ingresso laterale, coppie di finte statue rappresentanti sirene alate sono poste accanto ad un tripode, su cui poggia un vaso ricolmo di fiori. Sopra l’altra porta, un fastigio a volute e conchiglia regge un altro vaso con motivi cinesi.

Il soffitto, realizzato in tempera su tela, venne aggiunto successivamente all’epoca della ristrutturazione tardo settecentesca del palazzo. In assenza di menzioni precise nei documenti, Ton avvicina questa tipologia decorativa ad una cultura ancora rococò prossima ad Andrea Urbani, a cui con riserva attribuisce questo soffitto, rilevando tuttavia un raggelamento simmetrico “con modanature di forte risalto plastico”. (cfr. Ton 2018, p. 319).

Emanuele Principi

Salone dei ricevimenti

L’ambiente è costituito da un vano quadrangolare sormontato da una volta ed è interamente affrescato alternando quadratura e scene figurative.

Nella parte inferiore del salone, le porte sono rese monumentali con delle quadrature affrescate che fingono stipiti e sovrapporte lapidee. Negli spazi tra le porte, delimitati da finte lesene, personaggi in vesti contemporanee si affacciano dalle balaustre con alle loro spalle eleganti palazzi classicheggianti. Generalmente queste scene prendono il titolo di: Danza, Fidanzamento, Matrimonio, Senilità e sono riferibili al pennello di Costantino Cedini.

Nelle sovrapporte sono incastonati cammei dipinti con busti maschili e femminili di personaggi antichi difficilmente identificabili, probabilmente frutto di fantasia. Sopra le sovrapporte sono dipinte coppie di putti che giocano con vasi di fiori, attribuibili a Cedini. Una finta trabeazione aggettante divide pareti e volta, ospitando armi, satiri e vasi con fiori. Nei pennacchi angolari della volta si vedono quattro clipei ovali raffiguranti le Stagioni, sempre di Costantino Cedini.

Il foro centrale della volta mostra una scena mitologica ambientata nell’Olimpo, dove sono presenti diverse divinità assise tra le nubi, ancora del Cedini. In alto svetta la figura dell’Apollo Febo, seduto sul cocchio trainato da quattro cavalli bianchi e il sole caricato dietro. Scendendo si scorge Vulcano insieme ad un aiutante nella sua fucina. Accanto al Dio forgiatore, a seguire, figurano Mercurio con il caduceo, Cerere coronata di spighe e Diana con la falce di luna sulla fronte e un levriero bianco. Vulcano guida con il gesto del braccio la vista dello spettatore più in basso dove Venere e Marte impegnati in effusioni vengono coperti da una rete ad opera di due piccoli cupidi. Ci troviamo di fronte all’episodio narrato nel libro VIII dell’Odissea (vv. 266-366): Vulcano stanco di subire tradimenti, sorprendendo Venere amoreggiare ancora una volta con Marte, cattura gli amanti con una rete metallica da lui creata, così leggera e sottile da poter essere confusa con una ragnatela.

Andrea Chiocca

Salone

Il ciclo decorativo, dipinto in olio su tela, riveste l’ambiente del salone senza soluzione di continuità. Finte cornici architettoniche ripartiscono le scene alle pareti con nastri e inserti vegetali, formando nicchie ed arcate sulla cui sommità si trovano busti di profilo su fondo blu.

Nei riquadri principali l’artista, un anonimo pittore veneto dell’ultimo quarto del XVIII secolo, ha fatto spazio alle allegorie delle quattro parti del mondo: Europa, Asia, Africa e America. Le allegorie sono state desunte, secondo Tosato (2018, p. 308), da una serie di stampe incise da Giovanni Volpato su invenzione di Jacopo Amigoni, con un’adesione fedele ai modelli, seppur semplificati.

Due porte per parete intervallano le scene, assieme a riquadri raffiguranti un grande vaso su un piedistallo centrale, attorno al quale alcuni putti giocano con tralci di fiori. Le sovrapporte sono invece sormontate da figure allegoriche a monocromo grigio: di facile identificazione risulta la Fedeltà, per la presenza del cane e delle chiavi, mentre solo ipotesi si possono avanzare per quanto concerne le altre. Tosato (2018, p. 309) interpreta la figura con la corona turrita, lo scettro e l’anello come Fedeltà coniugale o come personificazione di Padova; la figura con corona, scettro e l’aquila come possibile personificazione della Vittoria (guardando a Cartari 1556, ed. 1996, p. 357, tav. 64); mentre l’ultima, reggente uno scettro, una tromba, un medaglione e un cartiglio rimane di difficile identificazione.

Sul soffitto campeggia, secondo un modello compositivo simile a quello utilizzato nello Scalone (con la balaustra delimitante il riquadro principale), un Giudizio di Paride circondato da un festone di frutta e fiori e da scomparti con elementi vegetali e piccoli draghi. Quattro cartouches sono dipinti a monocromi rosati, con putti reggenti attributi riconducibili alle stagioni.

Emanuele Principi

Scalone

Le pareti si mostrano scandite da lesene ioniche in specchiature marmoree estese fino al soffitto. Una grande tela, raffigurante l’Allegoria della Giustizia, campeggia sulla volta: dalla finta balaustra in basso, decorata con canestri di frutta in pietra, si sporge una graziosa dama affiancata da un pappagallo, che osserva chi ha varcato la soglia dello scalone. Al centro, nel cielo, due amorini appaiono tra le nubi: quello di sinistra regge la bilancia e la spada (attributi della Giustizia), mentre il secondo regge un ramoscello d’alloro tra le mani, stessa pianta che gli decora il capo.

Emanuele Principi

Salone “a portego”

Il salone presenta sui lati corti tre finestre arcuate sormontate da “oci” ottagonali, visibili anche nei prospetti esterni. Questi elementi fungono da modulo per la decorazione architettonica del salone nei lati lunghi, gli archi diventano porte e gli ottagoni modanati sovrapporte. Entro le sovrapporte sono poste delle composizioni a stucco che mostrano armi deposte. Ogni modulo arco/ottagono è separato da lesene scanalate con capitelli d’ordine composito che incorniciano due riquadri figurati per ciascun lato lungo, che mostrano affreschi di Gaspare Diziani raffiguranti quattro episodi di storia romana: Muzio scevola davanti a Porsenna, Suicidio di Lucrezia, Marco Curzio al precipizio, e Suicidio di Arria Peto. Il salone è coperto da una volta impostata su un architrave e riccamente suddivisa in comparti mistilinei da cornici a stucco. Entro le tre porzioni centrali si presentano delle scene figurate: mentre quella centrale mostra solo uno squarcio di cielo affrescato, andando forse perduta la pittura originale, nelle altre due laterali si notano le personificazioni del Valore e del Decoro assisi tra le nubi.

Andrea Chiocca