La sala dei tondi mostra un articolato soffitto con una quadratura che interseca le specchiature con elementi fitomorfi, dorati e in finto stucco, ai tondi raffiguranti tre paesaggi bucolici, con laghi, montagne e piccole costruzioni architettoniche e una scena di naufragio.
Giulia Adami
Nell’ala sinistra dell’edificio, in corrispondenza dello scalone principale, si accede all’ultima sala decorata del piano terra, ornata con quadrature in finto stucco grigio e dorato; le specchiature rettangolari mostrano decorazioni vegetali e quattro medaglioni con ritratti di nobili, mentre, all’interno della cornice dorata centrale, una rosetta a finto stucco è racchiusa da un sottile cordone dorato ondulato intersecato da motivi a palmette. La specchiatura centrale è, a sua volta, incastonata in una cornice a finto stucco che imita una decorazione a cassettoni, al cui interno si scorge un ricco alternarsi di elementi decorativi, come i motivi alla greca e a palmette e immagini di cornucopie e anfore.
Giulia Adami
Secondo la planimetria, a sinistra dell’ingresso dell’edificio, si trova un’ampia sala rettangolare con decorazioni in stucco: ai quattro angoli sono innestati stemmi decorativi con fiori e arbusti, che si ripetono anche agli estremi della cornice mistilinea centrale, la quale si staglia su un fondale che finge una decorazione a piccoli cassettoni romboidali in stucco.
Giulia Adami
La sala azzurra, che chiude l’ala destra della struttura, mostra una serie di specchiature incastonate in cornici in finto stucco, quelle rettangolari caratterizzate da elementi vegetali, vasi e frutta in chiaroscuro e, quelle quadrate, da elementi dorati su fondo ceruleo: tra queste ultime, ai quattro angoli, si scorgono medaglie con rosoni e elementi vegetali, mentre al centro di ogni lato coppie di bambini con strumenti della vita quotidiana. Il grande ottagono centrale mostra una cornice a meandro e una decorazione vegetale in finto stucco in corrispondenza dell’attaccatura del lampadario.
Giulia Adami
La sala, situata alla fine del lato destro dell’edificio, presenta una decorazione ottocentesca purpurea su fondo giallo. La struttura dipinta prevede quattro cornici lineari concentriche, ornate con cordoni spezzati da motivi romboidali e fitomorfi che danno movimento all’impianto fortemente geometrico del soffitto. A metà di ognuno dei lati del soffitto spiccano quattro specchiature con grifoni che trasportano, sulle ali spiegate, due cornucopie ricche di fiori e frutti mentre, negli angoli, sono posti quattro tondi che raffigurano oggetti legati all’allegoria delle arti, come la lira e i pennelli con la tavolozza. Al centro un bouquet florale, racchiuso da una prima cornice sottile con motivi vegetali e da una seconda cornice, più spessa, che forma un ottagono centrale, realizzato con papaveri, ranuncoli e campanule.
Giulia Adami
La prima stanza decorata, come mostra la planimetria del palazzo, chiude il lato destro della facciata ed è caratterizzata da una quadratura a finto stucco in cui quattro candelabre a chiaroscuro spartiscono il soffitto in altrettante specchiature trapezoidali, ornate con piccole trabeazioni decorative, girali vegetali, putti e alzate con fiori e frutta, e in una più ampia centrale di forma rettangolare con angoli stondati, recante decorazioni fitomorfe che incorniciano i medaglioni.
Giulia Adami
Lo scalone, caratterizzato da una raffinata balaustra, è sovrastato da un grande soffitto raffigurante Giove che accoglie Venere nell’Olimpo, una pittura murale di imponenti dimensioni, inquadrata da una cornice mistilinea in finto stucco. Il padre degli dei viene raffigurato con lo scettro dorato e la corona in capo, mentre l’aquila, appollaiata su un ramo ai suoi piedi, stringe nel becco i fulmini. In alto un amorino trasporta una corona d’alloro e un folto ramo di ulivo mentre due colombe dipanano due nastri azzurri intrecciando i loro corpi in volo. Nella zona inferiore si scorgono tre donne discinte che offrono a Venere festoni di fiori mentre la dea, abbigliata con un abito lussuoso che le scopre il seno, ascende al cielo sul carro dorato di Marte. In primo piano, inginocchiato su una nuvola, Marte ha deposto le armi e l’elmo sulla nuvola che lo sostiene mentre mantiene, con la mano destra, lo scudo in posizione verticale, in modo da poter scorgere il profilo della raffinata effige in bronzo che ne decora la parte frontale. Sebbene l’attribuzione del soffitto risulti ancora incerta, alcuni caratteri della pittura sottolineano le peculiarità della maniera dell’autore, come i forti passaggi chiaroscurali che definiscono i corpi dei personaggi e le profonde orbite oculari nei volti raffigurati, che rendono l’opera particolarmente espressiva.
Giulia Adami
La quarta sala, dominata da un soffitto con decorazioni vegetali e floreali inscritte in cornici mistilinee ottocentesche, presenta, sulle pareti laterali, sette riquadri con scene legate alla mitologia greca e romana, tra cui si riconoscono il Ratto delle Sabine, Numa Pompilio e la ninfa Egeria, Le Parche, Il banchetto nuziale di Etra e Eretteo, Pitteo e l’oracolo della Pizia, e un Sacrificio. La decorazione era stata attribuita, in passato, a Giuseppe Teosa (Lechi 1974, p. 33), nonostante la modesta qualità pittorica dell’opera abbia più volte portato gli studiosi a mettere in dubbio la paternità delle pitture; alla luce del confronto di tali raffigurazioni con la pittura murale coeva bresciana, in particolare con l’intervento pittorico nella Sala dei veli di palazzo Martinengo Cesaresco, si ritiene più attinente un’attribuzione dei riquadri figurativi a Manfredini, in virtù dell’aspetto massiccio e turgido delle figure, della rigidità dei panneggi e della resa impersonale delle espressioni dei volti. A sostegno di questa tesi si pone inoltre il confronto con la composizione raffigurante il Ratto delle Sabine realizzata da Manfredini a Cremona presso palazzo Stanga, in occasione del matrimonio tra il marchese Vincenzo Stanga Trecco e Maria Giuseppa Manfredi della Costa, celebrato nel 1789 a Modena (Tanzi 1985, p. 78-79). Le figure di palazzo Maggi risultano decisamente più stereotipate e grossolane nella resa delle forme e del movimento dei personaggi, con una ripresa fedele, ma anche in questo caso semplificata, dell’imponente architettura romana eseguita con minuziosa perizia in palazzo Stanga. Questi riscontri stilistici porterebbero dunque a inquadrare l’esecuzione della pittura bresciana nel primo decennio dell’Ottocento, in un momento più tardo rispetto all’opera cremonese, datata alla fine del Settecento.
Giulia Adami
La terza sala presenta una decorazione prospettica attribuibile a Manfredini (Tanzi 1985, p. 88) caratterizzata da un finto colonnato ionico, con fusti scanalati, intervallato da nicchie che ospitano vasi etruschi, e coronata da un finto soffitto a cassettoni che mostra un oculo centrale, da cui è possibile scorgere uno stralcio di cielo. Il confronto con la sala decorata con ornamenti architettonici e rilievi a monocromo di palazzo Averoldi mette in evidenza i caratteri di affinità tra le due pitture: l’impianto dell’architettura dipinta, le ombre marcate dei grandi vasi antichi e i rilievi a monocromo all’antica che si snodano a intervalli regolari all’interno del colonnato confermano l’intervento dell’autore.
Giulia Adami
L’alcova presenta oggi decorazioni solamente nel soffitto, con l’affresco raffigurante il settecentesco Trionfo di Bacco e Arianna inserito all’interno di un medaglione, accompagnato da quattro tondi più piccoli databili alla metà del XIX secolo, raffiguranti paesaggi di gusto romantico, forse allusioni alle quattro stagioni. L’affresco principale, di matrice rococò, vede i due protagonisti adagiati su una nuvola, accerchiati da alcuni putti e una figura femminile alata recanti argenterie e vino.
Maddalena Oldrizzi