Salendo lo scalone d’onore fino all’ultimo piano si può ammirare la volta affrescata con il Trionfo di Apollo e Minerva, avvicinabile all’ambito di Carlo Innocenzo Carloni ed eseguito presumibilmente negli anni trenta del XVIII secolo (Loda in Massa 2003, pp. 40-42). Secondo quanto sostiene Loda, nel numero 266 della “Notta delli sbozzi” di mano del Carloni (Cani 1997, p. 71), in cui è riportato “il Scalone trionfo del Valore in 3 abbozzi Martinengo Brescia”, potrebbe ravvisarsi un riferimento alla volta dello scalone Bargnani. Più verosimile è però l’ipotesi di A. Quecchia, che non ritiene vi sia alcun collegamento tra quest’opera segnalata nella nota di abbozzo e la decorazione del nostro scalone (Quecchia 2015, p. 72). La scena principale è inserita in un lungo medaglione con cornice mistilinea in stucco bianco, attorno al quale si dispongono sei riquadri con putti dipinti (tre per parte in corrispondenza dei lati minori) e due teste di profilo in stucco all’interno di cartigli in corrispondenza dei lati maggiori, forse ritratti di due esponenti della Martinengo. La decorazione plastica che incornicia le zone affrescate è arricchita da elementi vegetali e floreali, da mascheroni e da cartigli in stucco sovrastati da maschere ai quattro angoli della volta, che non contengono alcuna rappresentazione o stemma. All’interno delle sei riquadrature laterali compaiono putti alati, da soli o in gruppo, che portano i simboli del potere e gli attributi degli dei protagonisti del Trionfo, o esaltano la famiglia committente: una coppia tiene una clava, una fiaccola e il mantello leonino di Ercole, un amorino alza un fascio di verghe, un altro tiene una statuetta d’oro. Un putto regge una cornice ovale che mostra la planimetria dell’ingresso del palazzo con le quattro colonne esterne e quelle binate dell’atrio, intervento voluto da Pietro Emanuele, che negli anni Trenta commissionò il rifacimento dell’androne e nel 1735 ottenne il permesso dal Comune di occupare il suolo pubblico per la costruzione delle colonne esterne. All’apice del medaglione principale è raffigurato l’araldo della Fama che suona la tromba, mentre sotto di lui si articola un’affollata scena in cui campeggiano Minerva e Apollo, che stanno per essere coronati con il lauro. Minerva siede sulle nubi, con i tradizionali attributi dell’asta con il serpente, dello scudo con la testa di Medusa e delle civette, mentre di fronte a lei siede su un trono Apollo, con raggi luminosi attorno al capo. Dietro le due divinità un putto sostiene uno scenografico drappo verde, un altro sorregge il manto di Minerva e un amorino è impegnato a suonare uno strumento a fiato mentre il compagno regge il libro presumibilmente con gli spartiti musicali. A sinistra, nella parte centrale, un genio alato seduto su un libro aperto si accompagna a due creature mitologiche che si beccano tra loro, animali dalla testa di rapace e dalla coda ferina che potrebbero essere identificabili come due grifoni. La luce irradiata da Apollo contrasta con i toni cupi della scena sottostante in cui la Ragione e la Virtù scacciano i Vizi, personificate da due figure femminili di cui la prima porta una veste celeste e l’elmo fiammante e la seconda un sole raggiante sul capo. Esse allontanano con l’asta una figura di spalle e la personificazione dell’Invidia, immaginata come una donna vecchia e avvizzita con i capelli di serpe e un serpente avvolto interno al braccio. Accanto è dipinto l’incorporeo Mercurio con il caduceo, simbolo di pace che sconfigge ogni discordia, e il destriero alato, allusione alla Fama chiara descritta da Cesare Ripa. La caduta verso la dimensione terrena è accompagnata da alcuni putti che reggono fiaccole e dai venti (zefiri) che soffiano verso il basso. All’estremità inferiore compare l’allegoria di un fiume, un uomo ricoperto di alghe con il remo sollevato, un otre da cui fuoriesce dell’acqua e due cigni, allegoria che potrebbe alludere a uno dei corsi d’acqua presenti nei territori posseduti dalla famiglia committente tra le province di Bergamo e Brescia (Oglio, Serio). A chiudere in basso la rappresentazione vi è un liuto su cui è appoggiato uno spartito musicale che giace abbandonato sul terreno.
Sara Parisio