Sala 1 Allegoria della Fama, della Nobiltà e della Vittoria

La decorazione di questa sala, posta a sera di quello che era il grande salone da ballo, coinvolge esclusivamente la volta a schifo efu eseguita tra il 1727 e il 1730 da Giacomo Antonio Boni.
Ad aiutarlo nei lavori fu probabilmente Giuseppe Orsoni, ritenuto l’autore dell’elaborata quadratura architettonica di gusto tardo barocco che occupa tutto il soffitto.Questo complesso trompe l’oeil termina al suo centro in un cielo aperto ove, in volo o seduti su nuvole, si stagliano la Fama, la Nobiltà e la Vittoria che porge una corona d’alloro a una figura maschile in abiti militari, probabilmente un componente della famiglia committente il cui stemma era forse visibile nello scudo tenuto da uno dei due putti poco più in basso. Completano l’affresco una coppia di amorini posti nelle immediate vicinanze della Nobiltà che reggono una cornucopia piena di frutta e altri quattro putti che, seduti sulla trabeazione della quadratura,arricchiscono il significato allegorico della decorazione mostrando vari oggetti simbolici quali una palma, una lancia, uno scudo e una corona d’alloro.

Edoardo Lo Cicero

Salone d’onore

Nel corpo centrale del palazzo, posto a mattina delle stanze inserite al posto della sala da ballo, si trova il grande salone d’onore che, come l’ambiente vicino, venne decorato tra il 1727 e il 1730 da Giacomo Antonio Boni, coadiuvato dal quadraturista Giuseppe Orsoni.

L’intera volta è dipinta con una complessa quadratura di gusto tardo barocco, che termina al centro con un grande oculo aperto verso il cielo. All’interno di questa finta architettura trovano posto, oltre ad alcuni putti e vasi di fiori, le allegorie dei quattro elementi impersonati da Nettuno, Giunone, Efesto e Cibele, collocati entro quattro nicchie abbellite da colonne tortili con capitelli dorati.
L’illuminazione della quadratura si accorda con due distinte fonti di luce, ripsettando i giochi di chiaro e scuro determinati dall’illuminazione naturale della sala provienente dalle tre finestre che si affacciano su via Trieste, e dall’immaginario bagliore proveniente direttamente da Apollo. Al centro della volta, infatti, è rappresentato il Trionfo del dio del Sole accompagnato da diverse divinità quali Saturno, Mercurio, Atena, Marte, Eosforo, Cupido, Venere e Giove. A questi si accompagnano poi alcuni putti, una vittoria alata e, poste sopra Apollo, quattro Muse danzanti.
La decorazione pittorica coinvolge anche le porzioni di parete poste attorno agli infissi delle tre finestre, ornate con finte decorazioni a stucco in gusto rococò che, nel parapetto, comprendono anche vedute paesaggistiche inserite entro cornici mistilinee. Ulteriori paesaggi bucolici popolati da figure impegnate in attività signorili quali passeggiate e battute di caccia sono dipinti in tondi posti entro soprapporta in pietra.

Edoardo Lo Cicero

Sala da ballo (ora solaio)

L’affresco che ricopre il soffitto dell’ampio solaio raggiungibile attraverso una scala di servizio è ciò che rimane della decorazione che in origine sovrastava il grande salone da ballo, un tempo collegato direttamente alla galleria. Nel 1905, la famiglia Bruni decise di ottimizzare lo spazio settecentesco, probabilmente troppo vasto per le esigenze dl tempo, abbassando il soffitto e creando sei spazi più piccoli, salvaguardando solo in parte il lavoro eseguito daGiacomo Antonio Boni in un momento compreso tra il 1727 e il 1730.
La decorazione, che versa purtroppo in un precario stato di conservazione, occupa l’intera superficie della volta. Al suo centro è rappresentato, entro un cielo carico di nuvole, l’episodio mitologico di Aurora che rapisce Cefalo, ove, oltre ai due amanti, sono raffigurati anche Titone bendato da Cupido (probabilmente ispirati al dipinto su tela che il maestro di Boni, Marcantonio Francheschini, eseguì tra il 1706 e il 1708 sul medesimo tema), diversi putti, alcuni dei quali impegnati a raccogliere la rugiada mattutina versata da due figure femminili e, infine, Eosforo che segnala l’inizio dell’alba.
A fare da diaframma tra lo spazio reale e il cielo ingombro di figure vi è un’elaborata quadratura architettonica di gusto tardo barocco, eseguita probabilmente da Giuseppe Orsoni. All’interno di questa finta architettura, immaginata come un’imponente balaustra sormontata da un grande oculo, trovano posto entro delle nicchie le raffigurazioni delle Quattro stagioni, rappresentate allegoricamente da Flora (primavera), Cerere (estate), Bacco (autunno) ed Eolo (inverno).

Edoardo Lo Cicero

Galleria

Posta sopra il portico del cortile interno e in asse con lo scalone,la galleria è stata decorata da Giacomo Antonio Boni tra il 1727 e il 1730.

La complessa quadratura del soffitto, forse opera di Giuseppe Orsoni, è organizzata su due livelli. Il primo raffigura una loggia continua sostenuta da colonne e arricchita, nei lati corti, da due piccole cupole con lanterna; il secondo, che s’imposta sull’architrave della galleria sottostante, è composto da finestroni, due archi e una grande apertura centrale attraverso la quale si scorge un cielo ingombro di nuvole.
Tra queste nubi sono raffigurati alcuni putti, Eosforo, Selene e, addormentato ai suoi piedi, Endimione assieme al fedele cane da caccia. A suggellare l’amore tra la figlia di Iperione e il re dell’Elide si trova, poco sotto i due, Cupido seduto su una delle traverse della quadratura architettonica, ritratto mentre prende la mira per scoccare una freccia in direzione dell’osservatore.
Similmente al dio dell’amore, nella balaustra della galleria si trovano alcuni putti seduti in varie pose;completano la decorazione frutti, armi, vasi con fiori e, al centro dei lati lunghi, due cornici dorate appese all’architettura entro cui sono raffigurati edifici in rovina. Vedute di rovine si trovano anche sotto le finestre verso il cortile interno, inserite incornici mistilinee poste all’interno di una finta architettura che simula un parapetto.

Edoardo Lo Cicero

Scalone

Nell’ala a sera del palazzo, posto in asse con il portico del cortile interno, si trova il grande scalone d’accesso al piano nobile, organizzato su due rampe con una massiccia balaustra in pietra.
La decorazione, che coinvolge esclusivamente la volta, fu eseguita da Giacomo Antonio Boni durante il suo primo soggiorno bresciano (Zanotti 1739, p.233) che dovette avvenire in un momento compreso tra il 1727, quando il pittore bolognese restaurò la Madonna col Bambino di Nicolò da Voltri nel santuario della Costa a Sanremo (Rotondi 1952, p. 68; Thieme-Becker 1978, p. 544), e il 1730, anno in cui l’artista iniziò i lavori nel palazzo Casareto De Mari a Genova (Thieme-Becker 1978, p.544). Per una datazione più tarda, posteriore al 1737, propende invece Camillo Boselli (Boselli 1974, p. 15), la cui ricostruzione non trova però riscontro in nessuna documentata permanenza bresciana di Boni attorno a quel periodo. Il pittore bolognese, infatti, ritornò a Brescia solo un’altra volta nel 1733 per attendere ai lavori della chiesa di Santa Maria della Carità, che concluse entro l’agosto dello stesso anno (Zanotti 1739, p. 233; Thieme-Becker 1978, p. 544; Frisoni 2013, p. 51).

La parte centrale dell’affresco,che occupa la maggior parte della volta, raffigura, entro un cielo ingombro di nuvole, la Sicurezza seduta a fianco della Verità mentre vienesvelata dal Tempo, i cui attributi, ovvero la clessidra e l’uroboru, sono portati da un putto nelle sue vicinanze. Al di sopra di questo gruppo, poi, si trovano le allegorie delle quattro stagioni, mentre al di sotto vi sono diverse figure alate e due divinità dei venti. Alle due estremità minori, si trovano due balconate sorrette da colonne e lesene, eseguite forse da Giuseppe Orsoni, quadraturista con il quale Boni ebbe un lungo sodalizio.
L’affresco è contenuto entro una cornice mistilinea in stucco, abbellita a sua volta da fasce e motivi vegetali.
Completano la decorazione di questo ambiente due grandi tele appese alle pareti, che narrano episodi della vita di Coriolano, le quali, stando a quanto afferma Fausto Lechi (Lechi 1977, p. 37), furono dipinte nel 1793, in origine per abbellire il salone.

Edoardo Lo Cicero

Salone d’onore

Al piano mezzanino si apre il salone da ballo caratterizzato da una decorazione che copre interamente ogni superficie della sala, dalle pareti al soffitto. Le prime sono decorate con una partitura architettonica costituita da lesene dal fusto scanalato e capitello ionico alternate a quadrature semplici contenenti lastre di marmi policromi, in particolare verdi e rossi, e stucchi bianchi. Sui lati lunghi della sala compaiono due specchiature contenenti capricci architettonici, disposte l’una di fronte all’altra e inserite in una cornice di marmo verde arricchita da decorazioni floreali. Sui lati corti, invece, medesime cornici sono adoperate per altre specchiature contenenti candelabre monocrome, i cui trofei, concepiti con attributi legati alle arti (la musica l’architettura, la pittura, il teatro e la poesia), sono composti da vasi e ghirlande di fiori, animali di fantasia, strumenti musicali e girali d’acanto. Al centro di essi, sono riprodotte delle figurine su fondo porpora: il primo è Ercole, riconoscibile per la clava, mentre gli altri due raffigurati con le armi (quali l’elmo e la lancia, lo scudo e la corazza) potrebbero certamente essere la dea Atena e il dio Marte.

Le pareti si concludono con un cornicione in finto marmo rosso, che segue l’intero perimetro della sala, sopra cui si apre la decorazione della volta. Su un alto basamento in finto marmo monocromo s’imposta il loggiato costituito da balconi ed edicole, arricchito da vasi di fiori e ghirlande. Particolari sono i due putti dipinti sulle balaustre dei lati corti della sala: l’uno sdraiato con accanto arco, frecce, aste e una maschera, l’altro seduto accanto ad un cimiero, elmo e aste, mentre indica verso l’alto.

Il finto loggiato si apre su un cielo luminoso, attraversato dal circolo dei segni zodiacali e solcato da nubi rosate che fuoriescono con controllata pacatezza dalla cornice architettonica, in un gioco costante tra realtà e finzione. Al centro sono raffigurati Flora e Zefiro, entrambi con un fiore fra le mani, accompagnati da una coppia di putti che sorreggono un cesto di fiori, mentre altri due in lontananza, spuntano da dietro una nuvola e osservano la scena.

In assenza di materiale documentario e sulla base unicamente di confronti stilistici, potremo ipotizzare che l’affresco sia stato realizzato tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta del Settecento, ad opera di un pittore vicino alle istanze di Francesco Zugno: il disegno fine e accurato, con attenzione alla mimica dei personaggi e i colori tenui e brillanti richiamano il modo in cui il pittore ha lavorato presso il Ridotto del Teatro Grande. Per quanto concerne le quadrature, supponiamo la partecipazione di Saverio Gandini, soprattutto per i capricci architettonici delle pareti e per alcuni dettagli delle quadrature del soffitto.

Mara Miele

Sala 2 Quadratura

Questa sala, probabilmente un tempo adibita ad alcova, è posta all’estremità sud-ovest del palazzo verso il cortile interno e fu decorata in stile tardo barocco nella seconda metà del XVIII secolo.
L’ornamentazione coinvolge solo il soffitto, dipinto da un ignoto quadraturista con un complesso trompe l’oeil che simula una complicata architettura in pietra, marmo e stucchi color pastello. Negli angoli della cimasa, trovano posto vasi e mazzi di fiori, mentre, a metà della lunghezza delle pareti, sono collocate delle cornici mistilinee ove sono raffigurati al loro interno quattro temi legati a celebri amori mitologici: il ratto d’Europa, Perseo e Andromeda, Polifemo, Aci e Galatea ed Ercole e Deianira.

Edoardo Lo Cicero

Sala 1 Minerva, Giunone, Venere e Cupido

Questa sala, posta verso il cortile nell’angolo sud-ovest del palazzo, fu decorata sul finire del XVIII secolo secondo il gusto neoclassico allora in voga.
La decorazione coinvolge principalmente il soffitto, nel quale un ignoto quadraturista ha dipinto una volta a padiglione al cui centro si apre un grande oculo delimitato da un parapetto. Nelle vele di questa finta architettura trovano posto diverse specchiature, decorate al loro interno da vasi, foglie d’acanto e motivi a candelabra, mentre al centro della volta, comodamente sedute su delle nuvole, sono raffigurate Minerva, Giunone, Venere e Cupido.
Altre due piccole decorazioni d’ispirazione vegetale sono dipinte su legno nella parte superiore degli infissi delle due finestre che guardano verso il cortile interno.

Edoardo Lo Cicero

Sala delle porte

All’interno diquest’ambiente, posto a sera della sala Maggi e suddiviso oggi in tre salette più piccole, sono conservate “sei bellissime porte” (Lechi 1977, p. 108) decorate nella seconda metà del XVIII secolo. Le ante e i piccoli soprapporta incastonati entro cornici in pietra dal timpano inflesso e spezzato sono dipinti paesaggi dai toni bucolici racchiusi all’interno di cornici mistilinei.

Edoardo Lo Cicero

Sala Gambara

Posta verso il cortile interno e dirimpetto alla sala Maggi, quest’ambiente si trova a mattina del ballatoio del grande scalone centrale e fu decorata da un ignoto quadraturista, tra il finire del XVIII secolo e l’inizio del XIX.
La decorazione è molto semplice e coinvolge il soffitto, nel quale si trova una sobria divisione in specchiature campite con colori pastello, e il parapetto di solamente una delle due finestre, anch’esso dipinto con specchiature e due semplici motivi d’ispirazione vegetale.

Edoardo Lo Cicero