Questa sala, posizionata nel corpo centrale della fabbrica tra la Galleria e la sala 4, è stata interessata nel corso del tempo da diversi interventi di trasformazione (testimoniati soprattutto dalle porte di forme e dimensioni differenti, in qualche caso anche tamponate) che hanno minato l’integrità delle decorazioni.
I danni subiti dagli affreschi rendono difficoltoso risolvere i problemi attributivi laddove neppure gli archivi appaiono chiarificatori a riguardo: se infatti nel Libro Fabbrica in Brescia a Sta Croce (Brescia, Archivio di Stato [=ASBs], P.L. Casa di Dio, b.318) una nota riferita a dei pagamenti a favore di Tellaroli potrebbe essere collegata a questa decorazione, all’interno di documenti ottocenteschi si rintraccia anche l’intervento di un ignoto pittore Pivetti. Fausto Lechi propone invece che la sala possa esser stata decorata da Saverio Gandini (Lechi, p. 324).
Nella parte bassa delle pareti si trova uno zoccolo dipinto a finto marmo sul quale poggiano otto lesene con motivi a candelabra che sorreggono un fregio, dipinto a monocromo con foglie d’acanto, vasi apodi ed anfore circondate da corone di foglie di quercia.
Nelle campiture tra una lesena e l’altra sono collocati nella parte superiore delle pareti dei drappi, che sostengono cesti di frutta, animali, fiori,insegne romane, strumenti musicali e da cui pendono gioielli stile impero. Il colore di fondo della parete in corrispondenza del festone si presenta più chiara rispetto al resto della parete, cui unica altra decorazione sono alcuni fiori posti sopra la zoccolatura che vanno a sovrapporsi a precedenti composizioni vegetali in monocromo verde; questi dettagli sembrerebbero indicare una ridipintura della porzione sottostante delle pareti.
Completano la decorazione delle pareti due sopraporta raffiguranti una natura morta con piante e animali.
La volta è dipinta come fosse un pergolato con travi ricoperte da festoni di fiori e foglie che sostengono veli trasparenti, e dove cime di varie specie di piante si lasciano intravedere sul cornicione.
Edoardo Lo Cicero
Questa sala, collocata nel lato est del corpo centrale del palazzo, venne probabilmente affrescata da Tellaroli tra il 1788 ed il 1791.
La decorazione coinvolge solo il soffitto dove, sopra ad un tenue sfondo verde, si svolge una serie di riquadri contenenti motivi in stile pompeiano.
Le pareti, oggi spoglie, erano rivestite in origine da tappezzerie in seta e, su quella ad est, si conserva ancora una caminiera ed una specchiera con cornice, in legno intagliato e dorato, di gusto neoclassico.
Edoardo Lo Cicero
Questa stanza, che è oggi un piccolo gabinetto annesso alla sala con Venere e cupido, conserva nella parte superiore delle pareti e nel soffitto una decorazione ad affresco ascrivibile alla mano di Teosa, databile tra il 1788 ed il 1791
Purtroppo l’integrità degli ornamenti pittorici risulta gravemente deteriorata sulla parete ad est, dove l’apertura di una finestra in epoca successiva ha interrotto la leggibilità e la simmetria della decorazione.
Sopra ad un basamento continuo poggiano otto cariatidi (oggi ne sono visibili solo sette) e quattro lesene con decoro a candelabra (distribuite due per ogni lato maggiore, e delle quali oggi visibili solo tre).
Il basamento è arricchito da maschere femminili e bassorilievi decorati con putti in atteggiamenti concitati.
La scelta di ritrarre gli amorini in tal maniera richiama i soggetti dei tre riquadri superstiti alle pareti collocati tra le cariatidi entro ad una semplice cornice dorata, in essi si svolgono le scene di Venere e Cupido in atto di scagliare le sue frecce, Musa colpita da una freccia di Cupido e Cupido punito e disarmato.
Il tema del dio dell’Amore battuto conosceva, tra XVII e XVIII secolo, una discreta fortuna letteraria come ad esempio nel Trionfo d’Amore di Metastasio (1765).
Il centro del soffitto piano è ornato da un medaglione ovale con cornice di alloro raffigurante Mercurio e Aurora tra amorini.
Il medaglione si inserisce all’interno di una specchiatura che nei lati minori lascia spazio ad un ampia cornice, dove trovano posto due fregi con girali d’acanto e teste interrotti dall’ inserimento, al centro, di due piccoli riquadri esagonali dipinti a grisaille, in cui viene richiamato nuovamente il tema di Venere e Cupido.
Edoardo Lo Cicero
Tra gli ambienti della zona a mattina del corpo centrale, la sala posta nell’angolo nord-est è quella che conserva meglio le decorazioni pittoriche eseguite tra il 1788 e il 1791 in concomitanza con il rinnovamento in chiave neoclassico di questa parte del palazzo.
Uniche tracce superstiti della decorazione parietale sono alcune tracce di affresco sotto l’intonaco, la cui leggibilità è però nulla, e quattro sopraporta, dipinti da Teosa, raffiguranti menadi di ispirazione classica entro una cornice ovale dorata, incastonata in una quadratura architettonica scandita da una modanatura semplice.
Meglio conservata è la decorazione del soffitto, al centro del quale si trovano Venere e Cupido entro una cornice dorata ovale racchiusa da una doppia modanatura, dove tra l’una e l’altra Tellaroli inserisce un motivo vegetale in finto stucco policromo sopra ad un tenue sfondo rosa.
Negli angoli sono inseriti quattro grandi riquadri a spicchio dove si svolge un motivo di lire e girali d’acanto in finto stucco dorato su sfondo blu, anch’essi racchiusi entro una cornice dorata ed una doppia modanatura.
Completano la decorazione quattro specchiature, arricchite da un motivo vegetale policromo, il cui profilo segue le ellissi formate dell’intersezione della modanatura dell’ovale centrale con quella dei riquadri angolari.
Edoardo Lo Cicero
La sala, in passato adibita “ad uso Libreria”, venne affrescata tra il 1788 ed il 1791 probabilmente da Tellaroli, anche se non si esclude l’intervento di Saverio Gandini, il quale, secondo il libro dei conti della famiglia Chizzola, venne pagato per “dipingere la camera verde superiore”.
La decorazione, che interessa solo la volta ed una piccola porzione delle pareti, mostra fregi dipinti in grisaille su fondo verde chiaro: quello collocato nella parte superiore delle pareti è scandito dalla ripetizione regolare di girali d’acanto, gufi e palmette; l’altro, collocato nella fascia perimetrale del soffitto, presenta candelabri, arpie, foglie d’acanto e otto riquadri, due per lato, in cui vengono rappresentati strumenti musicali e armi.
Al centro della volta si trova un rosone con motivo a palmette, circondato da un tema a grisaille di girali d’acanto e candelabri.
Edoardo Lo Cicero
La “Sala Cinese”, così chiamata per via del tema iconografico che vi si svolge, venne interessata da due interventi decorativi diversi: il primo si svolse intorno al 1788 per opera di Saverio Gandini, il secondo fu invece affidato dalla famiglia Chizzola a Giuseppe Teosa, che vi lavorò nel 1796.
Questo ambiente rappresenta un unicum all’interno della tradizione pittorica bresciana, pur collocandosi all’interno del fenomeno orientaleggiante che interessò la cultura europea già dal finire del XVII secolo
La parte inferiore delle pareti è dipinta in grisaille con riquadri a grottesche realizzati intorno al 1788 da Saverio Gandini, responsabile anche del fregio superiore e dei riquadri in monocromo del soffitto, dipinti con girali d’acanto e figure tratte dal repertorio delle grottesche. L’intervento neoclassico venne successivamente modificato con l’inserimento dei pannelli lignei ad imitazione della lacca animati da figure ed animali in stile orientale, resi in oro su sfondo verde, che rivestono le pareti e si inseriscono con equilibrio negli spazi tra le porte,le finestre e le specchiature. Questi pannelli, ritenuti da Lechi come originali (Lechi 1974, p.321), furono verosimilmente realizzati da manifatture veneziane o milanesi, dove motivi cinesi venivano già riprodotti ad esempio nelle maioliche settecentesche di Pasquale Rubati o Felice Clerici (Cretella 2016, p.142).
Quattro sopraporta, dipinti su tela da Giuseppe Teosa, mostrano le vicende di una giovane coppia orientale: un corteo nuziale, un rito religioso, un banchetto ed una cerimonia del tè ambientata in un giardino.
Il racconto prosegue anche nel soffitto piano, occupato da un telero, sempre opera del Teosa, raffigurante ilcorte nuziale. Lo spazio circostante ospita, oltre ai già citati riquadri del Gandini, sei pannelli imitanti lacche cinesi dipinti con gli stessi motivi delle pareti.
Edoardo Lo Cicero
La “Sala dei quadri”, così chiamata perché probabilmente un tempo adibita ad ospitare una parte importante della collezione della famiglia Averoldi, si trova nel corpo centrale della fabbrica tra il Salone d’onore e la “Sala cinese”.
L’aggiornamento della sala al gusto neoclassico avvenne nel 1796, in concomitanza con la terza campagna decorativa voluta dalla famiglia Chizzola.
La decorazione si configura come una composta quadratura architettonica che interessa unicamente la volta. La parte inferiore presenta una cornice composta da una modanatura semplice a kyma e da un fregio con motivo a girali d’acanto e vasi, reso tramite un tenue monocromo grigio su sfondo scuro, interrotto da riquadri con figure a cammeo dipinto ( quelle sui lati maggiori rappresentano delle generiche figure distese,mentre quelle sui lati minori mostrano ad est Mercurio e ad ovest una figura alata con in mano una tavola dove è riportato. “IOSEPH TEOSAS FEC.”)
Negli angoli della volta si trovano piccole composizioni in grisaille con cigni nell’atto di beccare della frutta in un grande vaso, posti al di sotto di specchiature decorate con un motivo a grottesche vivacemente colorato. Al centro dei lati maggiore e minore si trovano medaglioni raffiguranti Amore, Psiche, Venere e Adone, racchiusi entro cornici mistilinee in finto stucco dorato, circondate da motivi vegetali e maschere grottesche.
Al centro del soffitto si trova il riquadro principale con Amore e Psiche racchiuso entro una doppia cornice ottagonale, la prima di ispirazione vegetale e la seconda impostata su di un modulo geometrico.
Edoardo Lo Cicero
Il salone d’onore, posto nel corpo centrale del palazzo e rivolto verso il cortile, è la prima stanza che si incontra nella galleria provenendo dallo scalone d’onore.
La sala è impostata su una pianta rettangolare coperta da una volta a schifo ed è riccamente decorata in stile neoclassico. Gli affreschi vennero realizzati nel 1796, in concomitanza con la terza campagna decorativa finanziata dalla famiglia Chizzola, che interessò il lato a sera del corpo principale del palazzo.
La decorazione delle pareti venne affidata a Giuseppe Manfredini, il quale immaginò una complessa quadratura achitettonica articolata su un doppio ordine di loggiati, che hanno lo scopo di regolare lo sviluppo in altezza della sala e di dilatare lo spazio attraverso finti emicicli che si aprono nelle pareti maggiori. A causa della presenza di porte e finestre che limitano la superficie a disposizione, le pareti minori sono organizzate con rientranze a pianta rettangolare di dimensioni inferiori. Le rientranze di tutte e quattro le pareti presentano delle nicchie sormontate da bassorilievi in porfido raffiguranti gruppi di uomini togati; entro le nicchie sono collocate statue all’antica la cui scelta dei soggetti non sembra seguire un preciso programma iconografico: alcune figure rimandano ad allegorie o divinità classiche, altre, prive di attributi, non sono identificabili.
L’unità delle pareti è garantita da un fregio con putti e festoni di fiori che corre lungo tutto il perimetro della sala, inframmezzato da lesene con capitello corinzio.
Completano la decorazione del primo livello cinque sopraporta raffiguranti vasi all’interno di nicchie, le cui ombre sono perfettamente integrate con la fonte di luce reale proveniente dalle due finestre della parete nord.
Il secondo livello è immaginato come un loggiato con copertura a lacunari, sorretto da una sequenza regolare di colonne e pilastri e delimitato da un parapetto con balaustrini dorati.
Sulla trabeazione sostenuta dalle colonne del secondo livello si imposta una balaustra, al di sopra della quale viene raffigurato un cielo aperto come se la stanza fosse un cavedio antico. La visione del cielo è però preclusa da un finto arazzo raffigurante, entro un bordo con un festone di fiori e frutti di impostazione raffaellesca, La gloria militare di Giovan Battista Chizzola dove durante un concitato assalto a delle mura si scorge librarsi sopra la battaglia l’allegoria della Fama, che oltre agli attributi classici della corona d’alloro e la tromba porta con sé lo stemma araldico dei Chizzola.
Le imprese eroiche dell’antenato vengono richiamate anche nelle due iscrizioni dipinte negli architravi tra pian terreno e primo piano del lato occidentale ed orientale.
Se la decorazione delle pareti è senza ombra di dubbio opera di Manfredini, come prova l’iscrizione “IOSEPH MANFREDINI PINCSIT A.D. 1796” collocata nello scudo di una delle statue della parete minore sud, risulta essere più complessa l’attribuzione dell’episodio narrato nella volta; se Lechi assegna l’intera stanza a Manfredini (Lechi 1974, p.321), Merlo sostiene che la decorazione della volta sia stata eseguita molti anni prima rispetto alle pareti da Saverio Gandini, basando il suo ragionamento su un pagamento a favore del pittore avvenuto nel 1789 (Merlo 2012, p.59).
Tuttavia la perfetta integrazione tra pittura della volta e delle pareti, le perplessità riguardo al fatto che la famiglia Chizzola richiedesse due interventi diversi nello stesso ambiente in un lasso di tempo così breve, ed un saldo a favore di Giuseppe Teosa per una “medaglia fatta nella sala superiore” datato 1796, farebbero pensare che Manfredini e Teosa abbiano lavorato in concerto alla decorazione del salone d’onore, il primo occupandosi delle pareti, il secondo della volta (Cretella 2016, p.138).
Edoardo Lo Cicero
Il piccolo Andito (sala 19) collegato al gabinetto a mattina è coperto da una volta a botte con volta a monocromo, dipinta con rose e foglie a croce entro cornici circolari sovrapposte e intervallate da roselline dipinte in bronzo.
L’enfilade di sale dell’appartamento orientale termina in un piccolo Gabinetto a mattina (Sala 18) che immette in un andito e nella galleria coperta che passa dietro la terrazza e permette di accedere all’ala occidentale. La volta di questo spazio è decorata con minute decorazioni policrome di ispirazione vegetale, con grappoli d’uva e spighe di grano, mentre i pennacchi sono dipinti con aquile entro corone d’alloro, in oro su fondo grigio-verde. Lo stesso accostamento cromatico si trova nel fregio a palmette alla base delle lunette.