La volta della prima sala (Sala 1) è decorata con una quadratura architettonica composta da un doppio cornicione con mensoloni, volute in stucco, conchiglie, decori dorati e festoni di foglie, uva e mele cotogne. Il cornicione dal perimetro mistilineo si apre su una finta cupola suddivisa in riquadri decorati alternativamente con cartouche e motivi rocaille a monocromo; l’oculo centrale inquadra due putti in volo reggenti lo stemma di Angelo Maria Querini, cappello cardinalizio e pastorale vescovile.
Atrio dello Scalone
Le pareti sono rivestite da decorazioni in stucco bianco con cartouche, mascheroni, teste, elementi vegetali, conchiglie e stemma di Querini, realizzate dalla bottega di Antonio Ferretti (Terraroli 2000, p. 64). All’interno della decorazione plastica si inseriscono venti medaglioni a monocromo (il ventunesimo è stato distrutto duranti i lavori di apertura di una porta), disposti su due registri, raffiguranti cartine geografiche ed episodi della vita di Querini (dalla parete settentrionale, procedendo in senso orario e dall’alto in basso: Angelo Maria Querini infante offerto a Venezia dalla Nobiltà assistita da Religione, Libertà e Dottrina; studio per sette anni presso il collegio bresciano di Sant’Antonio Viennese; vestizione con l’abito benedettino nel monastero fiorentino della Badia; discussione in teologia nel monastero di San Pietro a Perugia; viaggio compiuto in Olanda attraversando la Germania; viaggio in Gran Bretagna; soggiorno nei Paesi Bassi; viaggio in Belgio e Francia; Ritorno in Italia e trasferimento a Roma, dove si impegna a redigere una storia monastica d’Italia; nomina da parte di Clemente XI nella commissione per la riforma dei testi dell’officiatura greca; designazione ad arcivescovo di Corfù da parte di Innocenzo XIII; arrivo a Corfù, nomina da parte di Benedetto XIII a vescovo di Brescia; elevazione alla porpora cardinalizia; fabbriche promosse a Brescia – seminario vescovile, completamento del Duomo Nuovo, monastero delle Salesiane a Darfo e la Biblioteca – la chiesa di Sant’Edvige a Berlino e erezione del monumento funebre a Benedetto XIII, le quattro chiese romane per le quali commissionò interventi di restauro o ricostruzione – San Marco, San Gregorio al Celio, Sant’Alessio e Santa Prassede; fondazione di un seminario nell’abbazia della Vangadizza; viaggio in Svizzera, Svevia e Baviera; Donazione da parte di Benedetto XII dei propri scritti al cardinal Querini; catafalco eretto per la morte del cardinale in Duomo nuovo). Nei cartigli in stucco si trovano iscrizioni in latino che chiariscono i soggetti raffigurati nei singoli medaglioni. Tutti i medaglioni furono commissionati dai pubblici deputati della città e furono eseguiti entro il 1753, fatta eccezione per gli ultimi quattro della parete meridionale, realizzati dopo la morte del cardinale (1755) e caratterizzati da stucchi di diversa tipologia. Secondo il Carboni, le opere sono state eseguite da Bortolo Scotti, mentre per il Tassi l’autore è da identificarsi con Enrico Albrici; secondo altre interpretazioni, si potrebbe trattare di un’opera di collaborazione tra i due artisti (Baroncelli 1975, p. 198). L’angolo sinistro della parete orientale è stato affrescato da Albrici con una finta nicchia contenente una figura femminile all’antica rappresentante l’Allegoria della Sapienza del Querini (anche detta Letteratura di Querini), circondata da libri scritti dal cardinale entro il 1753. Al centro della parete settentrionale si trova invece una lapide commissionata dagli amministratori della città, sopra la quale è posto un busto del cardinale, ritenuto dalla storiografia opera di Antonio Calegari, sormontato da un cappello cardinalizio in stucco.
Il soffitto è affrescato da Tegazzi con una complessa quadratura architettonica, con cornici aggettanti, mensoloni, volute, mascheroni a monocromo e tralci di fiori. Nelle strombature angolari sono dipinte finte finestre che riprendono forma e dimensioni delle finestre reali, rivolte verso il giardino interno. La superficie posta sopra le finestre, sia finte che reali, è occupata da angeli in monocromo azzurro su un fondo dorato con rami fogliati, rose, motivi a scacchi e a grata. I quattro putti sostengono cornucopie, fronde di quercia e corone di alloro. Tra le strombature angolari, sono poste finte balconate aperte verso il cielo, caratterizzate da balaustre a pilastrino e dalla presenza di morbidi tendaggi; dalle balconate poste sui due lati maggiori si affacciato diverse figure: sul lato settentrionale una figura in armatura con lancia ed elmo, forse Minerva, sta parlando con due donne, mentre sul lato opposto si trovano una donna e un uomo con turbante e abiti orientali. I due gruppi e i putti in volo sono opera di Pietro Gatti, autore anche del medaglione centrale raffigurante l’Allegoria della Sapienza, impersonata da una figura femminile con in mano un libro aperto, seduta su una nuvola tra putti alati con libro e cartiglio. Davanti al gruppo allegorico è ritratto un sovrano con l’armatura, da alcune fonti identificato come Salomone, che si allontana dal proprio trono, circondato da armigeri, dimostrando di non essere interessato alle ricchezze che lo circondano (diversi oggetti preziosi ai piedi della scalinata, la coppa d’oro contenente gioielli tenuta in mano da una donna e la corona retta da un paggio).
Sala 5
L’ultima sala dell’enfilade (Sala 5) ha avuto una storia analoga a quella della sala precedente: è stata inizialmente utilizzata come sala museale, nel 1747 venne annessa all’appartamento del giardino, per divenire sala di lettura della biblioteca. La parte inferiore delle pareti, parzialmente coperte dalle librerie, è dipinta con finte zoccolature a monocromo, dalle linee mosse e ondulate, di chiara ispirazione rococò. Il fregio superiore è composto da volute in finto stucco che lasciano intravedere tende e nappe rosse, cime di alberi mosse dal vento, uccelli in volo e un cielo con nuvole bianche; al centro di ogni lato, stemmi privi di simboli araldici. Lo stemma della famiglia Querini si trova invece nei timpani in finto stucco dipinti sopra le finestre. La copertura, in legno e travi a vista, è dipinta con una quadratura architettonica in finto stucco, con motivi a foglia d’acanto, volute, campiture in oro-ocra, festoni di foglie e fiori.
La decorazione pittorica è stata realizzata da Antonio Tegazzi nel gennaio del 1748 (Apolli 2009, pp. 84, 86)
Sala 4
In origine, la sala 4 era stata adibita a museo, ma dal marzo 1747 venne annessa all’appartamento del giardino e solo in seguito divenne una sala di lettura della biblioteca. L’uso abitativo è confermato anche dall’apparato pittorico, che interessa non solo la volta e il fregio, ma anche la parte delle pareti in seguito coperta dalle scaffalature. Nelle pareti, infatti, sono riprodotte delle finte zoccolature marmoree che riprendono le tonalità delle campiture rettangolari presenti nelle spalle delle finestre. Le parti di parete sopra le porte e le finestre sono dipinte a monocromo con timpani spezzati dalle linee rococò. Il fregio che corre nella parte superiore simula decorazioni rocaille in stucco e marmo, con lo stemma cardinalizio del committente affrescato al centro di ogni lato. Il soffitto ligneo, con travi a vista, è dipinto con una quadratura architettonica in finto stucco, con motivi a foglia d’acanto, volute, ornamenti e campiture in oro-ocra, festoni di foglie e composizioni floreali. La decorazione pittorica è stata realizzata da Antonio Tegazzi nel gennaio del 1748.
Sala 2
Il soffitto della sala attigua (sala 2) è nuovamente affrescata con una quadratura architettonica a doppio volume: la cornice esterna, riccamente decorata con stucchi (cartouche, volute, frutti) e composizioni di rose nelle nicchie angolari che fuoriescono da coppe, si apre su una cupola con quattro finestroni. I colori dominanti sono giocati sulle tonalità tenui dei rosa, dei verdi e degli azzurri.
Sala 1
La volta della prima sala (Sala 1) è decorata con una quadratura architettonica composta da un doppio cornicione con mensoloni, volute in stucco, conchiglie, decori dorati e festoni di foglie, uva e mele cotogne. Il cornicione dal perimetro mistilineo si apre su una finta cupola suddivisa in riquadri decorati alternativamente con cartouche e motivi rocaille a monocromo; l’oculo centrale inquadra due putti in volo reggenti lo stemma di Angelo Maria Querini, cappello cardinalizio e pastorale vescovile.
Atrio dello Scalone
Le pareti sono rivestite da decorazioni in stucco bianco con cartouche, mascheroni, teste, elementi vegetali, conchiglie e stemma di Querini, realizzate dalla bottega di Antonio Ferretti (Terraroli 2000, p. 64). All’interno della decorazione plastica si inseriscono venti medaglioni a monocromo (il ventunesimo è stato distrutto duranti i lavori di apertura di una porta), disposti su due registri, raffiguranti cartine geografiche ed episodi della vita di Querini (dalla parete settentrionale, procedendo in senso orario e dall’alto in basso: Angelo Maria Querini infante offerto a Venezia dalla Nobiltà assistita da Religione, Libertà e Dottrina; studio per sette anni presso il collegio bresciano di Sant’Antonio Viennese; vestizione con l’abito benedettino nel monastero fiorentino della Badia; discussione in teologia nel monastero di San Pietro a Perugia; viaggio compiuto in Olanda attraversando la Germania; viaggio in Gran Bretagna; soggiorno nei Paesi Bassi; viaggio in Belgio e Francia; Ritorno in Italia e trasferimento a Roma, dove si impegna a redigere una storia monastica d’Italia; nomina da parte di Clemente XI nella commissione per la riforma dei testi dell’officiatura greca; designazione ad arcivescovo di Corfù da parte di Innocenzo XIII; arrivo a Corfù, nomina da parte di Benedetto XIII a vescovo di Brescia; elevazione alla porpora cardinalizia; fabbriche promosse a Brescia – seminario vescovile, completamento del Duomo Nuovo, monastero delle Salesiane a Darfo e la Biblioteca – la chiesa di Sant’Edvige a Berlino e erezione del monumento funebre a Benedetto XIII, le quattro chiese romane per le quali commissionò interventi di restauro o ricostruzione – San Marco, San Gregorio al Celio, Sant’Alessio e Santa Prassede; fondazione di un seminario nell’abbazia della Vangadizza; viaggio in Svizzera, Svevia e Baviera; Donazione da parte di Benedetto XII dei propri scritti al cardinal Querini; catafalco eretto per la morte del cardinale in Duomo nuovo). Nei cartigli in stucco si trovano iscrizioni in latino che chiariscono i soggetti raffigurati nei singoli medaglioni. Tutti i medaglioni furono commissionati dai pubblici deputati della città e furono eseguiti entro il 1753, fatta eccezione per gli ultimi quattro della parete meridionale, realizzati dopo la morte del cardinale (1755) e caratterizzati da stucchi di diversa tipologia. Secondo il Carboni, le opere sono state eseguite da Bortolo Scotti, mentre per il Tassi l’autore è da identificarsi con Enrico Albrici; secondo altre interpretazioni, si potrebbe trattare di un’opera di collaborazione tra i due artisti (Baroncelli 1975, p. 198). L’angolo sinistro della parete orientale è stato affrescato da Albrici con una finta nicchia contenente una figura femminile all’antica rappresentante l’Allegoria della Sapienza del Querini (anche detta Letteratura di Querini), circondata da libri scritti dal cardinale entro il 1753. Al centro della parete settentrionale si trova invece una lapide commissionata dagli amministratori della città, sopra la quale è posto un busto del cardinale, ritenuto dalla storiografia opera di Antonio Calegari, sormontato da un cappello cardinalizio in stucco.
Il soffitto è affrescato da Tegazzi con una complessa quadratura architettonica, con cornici aggettanti, mensoloni, volute, mascheroni a monocromo e tralci di fiori. Nelle strombature angolari sono dipinte finte finestre che riprendono forma e dimensioni delle finestre reali, rivolte verso il giardino interno. La superficie posta sopra le finestre, sia finte che reali, è occupata da angeli in monocromo azzurro su un fondo dorato con rami fogliati, rose, motivi a scacchi e a grata. I quattro putti sostengono cornucopie, fronde di quercia e corone di alloro. Tra le strombature angolari, sono poste finte balconate aperte verso il cielo, caratterizzate da balaustre a pilastrino e dalla presenza di morbidi tendaggi; dalle balconate poste sui due lati maggiori si affacciato diverse figure: sul lato settentrionale una figura in armatura con lancia ed elmo, forse Minerva, sta parlando con due donne, mentre sul lato opposto si trovano una donna e un uomo con turbante e abiti orientali. I due gruppi e i putti in volo sono opera di Pietro Gatti, autore anche del medaglione centrale raffigurante l’Allegoria della Sapienza, impersonata da una figura femminile con in mano un libro aperto, seduta su una nuvola tra putti alati con libro e cartiglio. Davanti al gruppo allegorico è ritratto un sovrano con l’armatura, da alcune fonti identificato come Salomone, che si allontana dal proprio trono, circondato da armigeri, dimostrando di non essere interessato alle ricchezze che lo circondano (diversi oggetti preziosi ai piedi della scalinata, la coppa d’oro contenente gioielli tenuta in mano da una donna e la corona retta da un paggio).
Scalone
Lo scalone monumentale è caratterizzato da pareti scandite da lesene con fusto rudentato in quattro specchiature e sono sormontate da un cornicione lineare leggermente sporgente in corrispondenza dei capitelli, con stucchi angolari che presentano una decorazione a foglie d’acanto. Sulla controfacciata si trovano due grandi finestre separate da un maestoso stemma araldico sormontato dal cimiero visconteo e innalzato da due leoni rampanti che poggiano sulle mensole realizzate in corrispondenza delle aperture; il blasone tuttavia non coincide con quelli afferenti alle famiglie storicamente proprietarie del palazzo. La volta presenta un affresco incorniciato da una profilatura in stucco con dorature e decorazioni a rocaille e un grande affresco centrale attribuito a Carlo Innocenzo Carloni.
L’opera mostra un’articolata iconografia di gusto rococò che vede al centro Le Arti Liberali guidate dalla Fama verso la Magnificenza; quest’ultima, accompagnata da Atena, Giove e Mercurio, è assisa in trono e circondata dai putti che reggono un ovale recante la planimetria del palazzo. Alle due estremità dell’affresco si scorge, da una parte il gruppo con Marte disarmato da Venere e dagli amorini mentre, dall’altra, quello con la Cacciata dei Vizi, tra cui spiccano l’Invidia, che ostenta un fascio di serpenti, e un putto, visto da tergo, caratterizzato da evidenti attributi bacchici.
Giulia Adami
Salone
Il doppio scalone immette nel salone d’onore, affrescato con quadrature architettoniche di Carlo Molinari e con scene allegoriche di Carlo Innocenzo Carloni. Le pareti sono scandite da lesene con capitello composito dorato a sostegno di un architrave modanato che, agli angoli della stanza, presenta decori e cartouche dai profili dorati. La cupola a base quadrata è sostenuta da un tamburo finestrato ornato da due balconi a tromp l’oeil contrapposti; sotto le due piccole volte a crociera si muovono due donne, abbigliate con raffinati abiti settecenteschi: la prima si sporge dalla balaustra bronzea, osservando la stanza dall’alto, mentre la seconda alza gli occhi al cielo, stupita dal volo dei putti che le volteggiano sul capo.
I quattro angoli della sala sono caratterizzati da una peculiare decorazione illusionistica che prevede fittizie cupole dorate, dalla cui lanterna si intravedere uno scorcio di cielo. Al centro dei due lati della sala che ospitano le cupolette dorate sono stati inseriti i grandi medaglioni monocromi con putti, incorniciati da un cordone intrecciato e affiancati da due telamoni in terra verde su piedistalli decorati. Il grande affresco della volta è racchiuso entro una cornice mistilinea in finto stucco, sorretta da colonne e pilastri in marmo rosa e con piedistalli, capitelli e decorazioni in oro. La scena presenta l’iconografia del Merito esaltato e il Vizio punito e si articola in un cospicuo gruppo di personaggi nella parte inferiore, dove un putto incatena i vizi su una nube messa in ombra dal volo della Fama, che li sovrasta con le imponenti ali dispiegate e la tromba dalla canna sottile e allungata. Meno affollata si rivela la zona superiore in cui il Merito, un uomo barbuto coronato d’alloro, ascende al cielo in un’atmosfera illuminata da una luce bianca e irreale che offusca la vista dei personaggi disposti dinnanzi un’architettura poggiante su una candida nuvola.
Tra le figure che accompagnano il Merito nell’ascensione verso la Nobiltà si riconoscono Minerva, con lo scudo e l’elmo, la Sapienza, che ostenta una coppa ardente, e i putti che reggono i simboli della fortezza e della saggezza, la clava e lo specchio.
Giulia Adami
Sala 1 del Sapere
Da una porta dirimpetto all’entrata del salone si accede alla prima sala orientale che preserva qualche elemento della decorazione precedente alla riorganizzazione dello spazio; rimangono visibili i capitelli con volute ioniche, cartouche e piccole teste femminili che sostengono un cornicione mistilineo. Conchiglie dorate e composizioni di frutti decorano gli angoli della stanza mentre, sopra il cornicione, si scorgono panoplie d’armi, ricchi tralci vegetali decorativi e la volta arricchita da nicchie a conchiglia, volute e cortouche; sul soffitto si scorge Il trionfo del Sapere, il cui bozzetto è stato riconosciuto, in occasione di questo studio, nella piccola tela della collezione di Egidio Martini conservata presso il Museo del Settecento Veneziano a Ca’ Rezzonico (inv.160). Di tale composizione si conoscono inoltre un raffinato disegno, conservato nella collezione Barigozzi di Milano e un’ulteriore versione dipinta a olio, oggi all’Ashmolean Museum di Oxford (Pedrocco 2001, pp. 68-69, scheda 41).
Giulia Adami