Salone d’onore

Salone d’onore – Salone d’onore

 

Al piano mezzanino si apre il salone da ballo caratterizzato da una decorazione che copre interamente ogni superficie della sala, dalle pareti al soffitto. Le prime sono decorate con una partitura architettonica costituita da lesene dal fusto scanalato e capitello ionico alternate a quadrature semplici contenenti lastre di marmi policromi, in particolare verdi e rossi, e stucchi bianchi. Sui lati lunghi della sala compaiono due specchiature contenenti capricci architettonici, disposte l’una di fronte all’altra e inserite in una cornice di marmo verde arricchita da decorazioni floreali. Sui lati corti, invece, medesime cornici sono adoperate per altre specchiature contenenti candelabre monocrome, i cui trofei, concepiti con attributi legati alle arti (la musica l’architettura, la pittura, il teatro e la poesia), sono composti da vasi e ghirlande di fiori, animali di fantasia, strumenti musicali e girali d’acanto. Al centro di essi, sono riprodotte delle figurine su fondo porpora: il primo è Ercole, riconoscibile per la clava, mentre gli altri due raffigurati con le armi (quali l’elmo e la lancia, lo scudo e la corazza) potrebbero certamente essere la dea Atena e il dio Marte.

Le pareti si concludono con un cornicione in finto marmo rosso, che segue l’intero perimetro della sala, sopra cui si apre la decorazione della volta. Su un alto basamento in finto marmo monocromo s’imposta il loggiato costituito da balconi ed edicole, arricchito da vasi di fiori e ghirlande. Particolari sono i due putti dipinti sulle balaustre dei lati corti della sala: l’uno sdraiato con accanto arco, frecce, aste e una maschera, l’altro seduto accanto ad un cimiero, elmo e aste, mentre indica verso l’alto.

Il finto loggiato si apre su un cielo luminoso, attraversato dal circolo dei segni zodiacali e solcato da nubi rosate che fuoriescono con controllata pacatezza dalla cornice architettonica, in un gioco costante tra realtà e finzione. Al centro sono raffigurati Flora e Zefiro, entrambi con un fiore fra le mani, accompagnati da una coppia di putti che sorreggono un cesto di fiori, mentre altri due in lontananza, spuntano da dietro una nuvola e osservano la scena.

In assenza di materiale documentario e sulla base unicamente di confronti stilistici, potremo ipotizzare che l’affresco sia stato realizzato tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta del Settecento, ad opera di un pittore vicino alle istanze di Francesco Zugno: il disegno fine e accurato, con attenzione alla mimica dei personaggi e i colori tenui e brillanti richiamano il modo in cui il pittore ha lavorato presso il Ridotto del Teatro Grande. Per quanto concerne le quadrature, supponiamo la partecipazione di Saverio Gandini, soprattutto per i capricci architettonici delle pareti e per alcuni dettagli delle quadrature del soffitto.

Mara Miele

 
Datazione: da: 1768 a: 1770
 
Bibliografia

Mara Miele, Palazzo già Marini, in Stefania Cretella (a cura di), Miti e altre storie. La grande decorazione a Brescia. 1680-1830, Grafo, Brescia 2020, p. 193.

 
Informazioni sul palazzo
Palazzo Marini
Brescia

Elenco immagini:

Veduta generale del salone d’onore


 

Dettaglio della parete con medaglione raffigurante Atena


 

Dettaglio delle pareti con capriccio architettonico


 

Saverio Gandini (attr.), Quadrature del soffitto, 1760-1770


 

Saverio Gandini (attr.), Particolare della quadratura del soffitto, 1760-1770


 

Francesco Zugno (attr.), Flora e Zefiro, 1760-1770


 

Francesco Zugno (attr.), Flora, 1760-1770


 

Francesco Zugno (attr.), Zefiro, 1760-1770


 

Francesco Zugno (attr.), Flora e Zefiro, 1760-1770 (dettaglio)